Harry Harrison - Largo! Largo!

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1999: automazione, società del benessere totale, gite sulla Luna per i “weekend”… o un mondo sovraffollato che, all’alba del nuovo millennio, è sull’orlo della catastrofe? Un mondo in cui miliardi di esseri umani sono ogni giorno di fronte al problema di estinguere la propria sete e di saziare la propria fame, vivendo di lenticchie, di farina di soja e (se hanno un colpo di fortuna, ogni tanto) di un topo morto. In una città con 35 milioni di abitanti, Andy Rush è impegnato nella caccia, solitaria e quasi impossibile, a un assassino di cui non importa niente a nessuno, nel mezzo del caotico travaglio quotidiano per la sopravvivenza. E quando infine nasce l’anno 2000, che suono ha l’augurio: “Buon secolo nuovo?”

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«Hai fatto solo questo? Passato la notte?»

«Andy, sei stanco. Perché non vai a dormire? Ne riparleremo in un altro momento.»

«Voglio parlarne adesso.»

«Ti prego, non c'è altro da dire.»

«Sì, c'è dell'altro. Di chi era l'appartamento?»

«Di una persona che non conosci. Non è un ex-amico di Mike, solo uno che incontravo nelle feste.»

«Uno…» Il silenzio si fece lungo, lungo, finché la domanda di Andy lo infranse. «Hai passato la notte con lui?»

«Lo vuoi proprio sapere?»

«Certo che lo voglio sapere. Perché te lo chiederei, allora? Hai dormito con lui, vero?»

«Sì.»

La calma della sua voce, la rapidità della risposta lo sconcertarono. Era come se avesse fatto la domanda con la speranza di sentire una risposta diversa. Cercò le parole giuste per esprimere ciò che provava e riuscì solo a dire: «Perché?»

«Perché?» Quella parola diede la stura a tutta la sua rabbia fredda. «Perché? E che altra scelta avevo? Avevo cenato con lui, bevuto con lui, dovevo pur pagare la mia parte. E con che cosa posso pagare se non…»

«Basta, Shirl, tu sei…»

«Sincera, ecco che cosa sono. E tu mi lasceresti abitare qui con te se non venissi a letto con te?»

«Ma questo è diverso.»

«Davvero?» Cominciò a tremare. «Andy, io spero che lo sia, lo spero proprio, ma non capisco più nulla. Io vorrei tanto che noi due fossimo felici. Non so perché litighiamo, non è questo che voglio. Ma le cose vanno sempre tutte storte. Se tu fossi qui qualche volta, se fossimo più spesso insieme…»

«Ne abbiamo parlato l'altra sera. Io ho il mio lavoro, che cosa posso fare?»

«Niente purtroppo, niente…» Intrecciò le dita per fermare il tremito delle mani. «Va' a letto, ora, hai bisogno di sonno.»

Shirl andò nell'altra stanza e lui non si mosse finché non udì lo scatto della porta che si chiudeva. Stava per seguirla, poi si fermò e sedette sull'orlo del letto. Che cosa le poteva dire? Lentamente si tolse le scarpe e si sdraiò tutto vestito sul letto, tirandosi addosso la coperta.

Nonostante la sua immensa stanchezza gli ci volle un bel po' di tempo prima di prender sonno.

CAPITOLO QUARTO

Poiché molti non amano alzarsi quando ancora fa buio, la fila del mattino per la razione d'acqua era sempre la meno lunga del giorno. Eppure vi era un certo numero di persone, quando Shirl prese il suo posto nella fila, arrivando di corsa affinché nessuno la molestasse. Quando il suo turno fosse arrivato, il sole più alto avrebbe reso le strade più sicure. Inoltre, lei e la signora Miles avevano preso l'abitudine di ritrovarsi ogni giorno alla fontana. Chi arrivava per prima, teneva il posto all'altra, poi tornavano insieme a casa. La signora Miles aveva sempre con sé il ragazzino che pareva tuttora malato di kwash. Probabilmente il marito aveva più bisogno del bambino della dieta proteinica. La razione d'acqua era stata aumentata. Era una notizia tanto gradita che Shirl cercava di dimenticare il peso dei bidoni e la schiena che le doleva nel salir le scale. Ci si poteva persino lavare. La riapertura dei serbatoi era prevista per metà novembre e questa data non era lontana. Oggi, come la maggior parte degli altri giorni, Shirl tornò a casa prima delle otto, e quando arrivò nell'appartamento, vide che Andy era già vestito e pronto per uscire.

«Parlagli tu, Shirl,» disse Andy. «Diglielo che si comporta da testone. Dev'essere la vecchiaia.» La baciò prima di uscire.

Erano trascorse tre settimane da quando avevano litigato e a prima vista tutto sembrava essere tornato come prima; ma, sotto, qualcosa era cambiato, quel senso di sicurezza, o forse di affetto, era in parte scomparso. Non ne parlavano mai.

«Che cosa c'è?» chiese, togliendosi i primi strati degli indumenti con i quali si era infagottata. Andy si fermò nel vano della porta.

«Chiedilo a Sol, sono sicuro che sarà felice di raccontarti tutto nei minimi particolari. Ma quando avrà finito di parlare, ricordati di una cosa sola: che sbaglia.»

«Ogni uomo ha la sua opinione» disse Sol placidamente, strofinando il contenuto di una vecchia scatola di grasso su un paio di stivaletti militari ancora più vecchio.

«Opinione un corno,» disse Andy. «Tu vai soltanto in cerca di guai. Ci vediamo questa sera, Shirl. Se c'è in giro la stessa calma di ieri non verrò a casa tardi.» Chiuse la porta e lei fece girare la chiave.

«Ma di che cosa stavate parlando?» chiese Shirl, scaldandosi le mani sulla mattonella di carbone di mare che si scioglieva sulla stufa. Fuori faceva umido e freddo, e il vento scuoteva la finestra nel suo riquadro.

«Andy parla delle proteste,» disse Sol, ammirando la punta nera e lucida della sua scarpa. «O meglio, parla contro le proteste. Hai sentito della Legge di Emergenza? L'hanno strillata in TV tutta la settimana scorsa.»

«È quella che chiamano la legge uccidi-bambini?»

«Che cosa?» gridò Sol spazzolando rabbiosamente la scarpa. «Chi la chiama così? Un branco di cretini, ecco che cosa sono. Gente con la testa ancora nel medioevo, e i piedi fossilizzati. In altre parole, i fessi.»

«Ma Sol, non potete obbligare la gente a praticare una cosa nella quale non crede. Molti sono ancora persuasi che questa legge abbia ancora a che fare con l'uccisione di bambini.»

«E si sbagliano. È colpa mia se il mondo è pieno di tonti? Sai benissimo che il controllo delle nascite non ha niente in comune con l'uccisione di neonati. Li salva, invece. Qual è secondo te il maggiore dei due delitti, far morire i bambini di fame e di malattia, o fare in modo che, prima di tutto, i bambini non desiderati non vengano al mondo?»

«È un ragionamento troppo semplice, Sol. Le cose non sono mai così chiare come il bianco sul nero.»

«E sì che lo sono. Nessuno vuole ammetterlo, è tutto qui. Senti, noi viviamo oggi in un mondo lurido, e i nostri guai hanno una sola origine: troppa benedetta gente al mondo. Dimmi perché durante il novantanove per cento del tempo già trascorso dalla vita umana su questa terra, non vi è mai stato un problema di sovrappopolazione?»

«Non lo so, non ci ho mai pensato. Che cos'è cambiato?»

«Te lo dico io che cos'è cambiato.» Scosse la scarpa sotto il suo naso. «È arrivata la medicina moderna. Ogni malattia ha trovato la sua cura. La malaria è stata spazzata via, così come altre epidemie che decimavano la gente in giovane età e mantenevano basso il livello della popolazione. È arrivato il controllo della morte. I vecchi hanno vissuto più a lungo. Un maggior numero di bambini sono sopravvissuti anziché morire, e ora diventano dei vecchi che vivono più a lungo ancora. La gente viene al mondo con lo stesso ritmo di prima, solo che non muore più con lo stesso ritmo. Nascono tre persone per ogni due che muoiono. E la popolazione raddoppia, e raddoppia ancora, e continua a raddoppiare. Sempre più velocemente. La gente è un'epidemia, un flagello che infesta il mondo. Abbiamo più gente che vive più a lungo. Dovremo farne nascere meno, questa è la risposta al problema. Abbiamo conquistato il controllo della morte, ora dobbiamo farlo collimare con il controllo della vita, delle nascite.»

«Se la mettete così, naturalmente, capisco. Ma, visto che la cosa è tanto semplice, perché non si è fatto nulla prima d'oggi?»

Sol emise un lungo e tremulo sospiro, e tristemente riprese la scarpa per finire di lucidarla.

«È che non si dicono agli uomini le cose come sono. Nascono come bestie, e muoiono come bestie. Sempre in troppi. Io do la colpa a quei porcaccioni di uomini politici e ai cosiddetti leaders dei popoli, che hanno sempre evitato l'argomento, l'hanno sempre taciuto perché era troppo scottante. E così, porca miseria, passeranno degli anni prima di venire al dunque, e io invece, i miei anni me li voglio godere ora. L'umanità si è pappata in un secolo tutte le risorse della terra, risorse che avevano richiesto millenni di lavoro per arrivare al punto in cui erano arrivate. E nessuno di quelli che comandano vi ha pensato neppure un attimo, o ha dato retta alle voci di coloro che tentavano di avvisarli. Ci hanno tranquillamente lasciato superprodurre e superconsumare, fino a che il petrolio è sparito, il suolo si è impoverito o è scomparso, gli alberi sono stati tagliati, gli animali si sono estinti, la terra avvelenata, e in cambio, a giustificazione di questo saccheggio, abbiamo unicamente sette miliardi di persone che si contendono degli avanzi di cibo, che vivono un'esistenza precaria e miserabile, che continuano a riprodursi senza controllo. E sai che cosa ti dico? “È venuto il momento di alzarci in piedi e contarci… ” come dice la Bibbia.»

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