Ann Maxwell - I danzatori del fuoco

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I danzatori del fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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Questo libro della Maxwell ha immediatamente riscosso un enorme successo di pubblico presso gli appassionati di fantascienza.
La giovane autrice americana ha avuto la felice ispirazione di creare due razze assai singolari le cui caratteristiche psico-fisiologiche sono quanto di più originale sia stato dato di leggere sulle pagine di un libro di fantascienza.
Infatti, i componenti la razza dei Senyasi hanno un dominio totale sugli elementi (terra, acqua, fuoco, aria) che deriva loro dalle Linee di Potenza, un intricato arabesco che costella la loro epidermide e che si illumina quando l’individuo che le possiede pone in atto i suoi poteri.
Rheba e Kirtn, i due protagonisti del Ciclo del quale I DANZATORI DEL FUOCO costituisce il primo volume, sono gli unici superstiti di uno spaventoso, rogo che ha completamente distrutto il pianeta loro sede d’origine.
Alla ricerca di altri eventuali superstiti, percorrono la galassia in lungo e in largo e, specificatamente in questo primo episodio delle loro avventure, si trovano a dover evadere dal pianeta Loo dove sono stati ridotti in schiavitù, una schiavitù dalla quale sembra impossibile fuggire…

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«Non è troppo gravoso per me scaldarti», disse la ragazza. «E non mi importa di quello che hai raccontato. Terrò accesa la sfera di energia su di te. Perciò farai meglio a smetterla di scappare qua e là, ed a venire da me».

Fssa si allontanò fino all’angolo. Per la frustrazione e lo scoramento Rheba avrebbe voluto gridare. Odiava il buio, e il debole lucore che aveva creato le dava l’impressione d’essere isolata in un mondo di tenebra.

«Mi sento sola, Fssa. Vieni fra i miei capelli e parliamo un po’. Potremmo anche cantare il duetto della canzone Bre’n. Per favore, bel serpentello … ho bisogno di te».

«Sono ancora bello?»

«Molto bello, certo».

«Questa è la quarta volta, oggi. Dovevi dirlo due volte soltanto. Ricordi?»

Rheba rise debolmente, con una guancia poggiata a terra. Il globo calorifico che sovrastava Fssa palpitò, si indebolì e si spense del tutto. Ma non importava molto ormai, perché il serpentello era scivolato nuovamente fra le sue chiome e lì si arrotolò. Lasciò, penzolare la testa sopra un orecchio della ragazza e cominciò a mormorare una canzone. Ella tentò di unire le labbra per fischiare il ritornello, ma le aveva così rigide e gelate che dovette rinunciarvi. Allora gli disse con parole confuse cosa significava per lei la sua compagnia in quella situazione. Più tardi, mentre giaceva sfinita, si accorse che Fssa aveva trovato il modo di eseguire il duetto da solo, usando due voci nello stesso tempo.

Lo rimproverò debolmente di quello spreco d’energia, ma per un poco le tornarono le forze e volle cantare con lui la stessa canzone in lingua Senyasi. Le loro voci risuonarono fra le massicce pareti della cella, e giù lungo i corridoi oscuri e silenziosi della prigione sotterranea.

Capitolo 23

NEL BUIO DI UNA CELLA

Signore Jal entrò proprio mentre Kirtn stava pensando a lui, appoggiato al muro opposto del vasto locale. Fece la sua comparsa preceduto da Dapsl, che agitava minacciosamente nell’aria una sferza neuronica. Dall’estremità dell’oggetto sprizzavano scintilloni di fiamma azzurrina lunghi un metro ogni volta che sfiorava qualcosa di solido, e lo schiavo lo fece guizzare in direzione del muscoloso Bre’n con l’intento di spaventarlo e tenerlo alla larga.

«Ve lo avevo detto, Signore: guardate il Peloso come poltrisce. Non vuole più lavorare. E quel maledetto serpente è sparito. L’Azione sarà una porcheria se non collaborano tutti. Vogliono rovinarci!»

Jal interruppe con un gesto secco il suo lamentoso berciare, e si avvicinò cautamente agli J/taals. Vestiva un abito lungo e frusciante di seta verde, eon arabeschi in oro e disegni spolverati, di brillantini. Nella stanza faceva piuttosto freddo, e quell’abbigliamento leggero rivelava che la bassa temperatura non disturbava affatto l’individuo di pelle azzurra.

«E così hai deciso di morire», contrastò esibendo indifferenza.

«Ho capito che la mia Danzatrice del Fuoco non è più viva», rispose Kirtn senza guardarlo.

«Ridicolo. Cosa te lo fa pensare?»

«Non abbiamo potuto scambiarci gli enzimi vitali».

Nello sguardo di Jal vi fu un’ombra d’incertezza. «Non sono ancora due giorni da quanto l’ho trasferita altrove. Di certo la tua sgualdrina può sopravvivere senza di te molto più a lungo».

Kirtn gli voltò le spalle ostentando d’ignorare la sua presenza, e con un moto di rabbia l’altro lo afferrò per un braccio. «Guardami in faccia quando ti parlo, schiavo!»

Kirtn notò che la mano dell’uomo era calda quanto quella di un Senyasi o di un Bre’n, eppure egli non pareva sensibile quanto loro agli effetti del freddo. Un’improvvisa riflessione lo fece fremere.

«Non l’avrai lasciata al freddo?», esclamò. «Il luogo dove l’hai rinchiusa è riscaldato o no?»

Jal si scostò, irritato. «Non sono affari tuoi, Peloso. Da quel che mi ha detto Dapsl, e da ciò che ricordo d’aver visto su Onan, so benissimo cosa succederebbe a metterla vicino a una sorgente d’energia. Dove si trova ora c’è soltanto pietra, e nulla a cui possa dar fuoco, neppure i suoi vestiti. Ma non morirà per così poco. Sono secoli che mettiamo gli schiavi in quella prigione».

«Non erano dei Senyasi!», ringhiò Kirtn.

Il Bre’n faticava a controllare il desiderio di agguantare Jal e spezzargli il collo. L’impulso di uccidere era così forte che riusciva solo a pensare al sangue, alla violenza, alla vendetta, e per un attimo seppe d’essere sulla soglia oltre la quale c’era il rez. Per calmarsi, inoltre, non era certo adatta la vista dei due orecchini che l’altro portava fin troppo in vista. Ne distolse lo sguardo.

«I Senyasi non sopportano bene il freddo», disse, con voce che solo la ferrea volontà di farsi capire tratteneva dal trasformarsi in un urlo. «Una temperatura che per voi è appena fresca, per lei può essere fatale. Mi hai sentito?»

Jal considerò con sospetto quell’affermazione. «Stai cercando di convincermi a mettere una fonte di energia nella sua cella, furbone? E poi solo gli Dei Gemelli sanno cosa saprebbe combinare quella ragazza».

Kirtn fischiò un ordine in Bre’n, e subito Lheket lasciò il fianco di Ilfn per venirgli accanto come se lo vedesse. Lui lo prese per una spalla. «Guarda il suo vestito e confrontalo col tuo».

Riluttante Signore Jal si decise a palpeggiare la stoffa con la sua mano bluastra. La smorfia seccata che esibiva s’incrinò, nel sentire che il giovinetto indossava ben tre abiti l’uno sopra l’altro. Esaminandogli una mano s’accorse che aveva la pelle d’oca per il freddo.

Resosi conto del motivo che vi era dietro il rifiuto di lavorare di Kirtn, s’accostò a Dapsl e lo rimproverò con parole che risuonarono incomprensibili quanto aspre, colpendolo ogni tanto con secchi ceffoni. La scena convinse ancor di più Kirtn che a Rheba stava accadendo il peggio. Al termine della breve strapazzata lo schiavo era ancor più purpureo in faccia e un tremito scuoteva le sue mani.

Jal gli volse le spalle. «Farò in modo che la ragazza abbia caldo quanto basta», dichiarò.

Gli occhi dorati di Kirtn lo fissarono fra ironici e sprezzanti, rivelandogli in quale conto teneva la sua promessa. «Sei così abituato a mentire, che una parola di verità ti brucerebbe la lingua».

L’individuo sibilò una bestemmia oscena, strappò la sferza neuronica a Dapsl e lasciò andare una frustata che colpì il Bre’n a un gomito. La peluria del suo braccio si rizzò, percorsa da un bagliore violetto, ma dalla bocca di lui non uscì un lamento. Imbestialito Jal lo colpì ancora due volte, è il solo risultato fu che sulla faccia di Kirtn si disegnò un sorriso duro. Il suo autocontrollo di Akhenet gli consentiva di sopportare ben altro.

Il Signore guardò la sferza come se dubitasse del suo funzionamento, poi la scaraventò fra i piedi di Dapsl maledicendo il giorno in cui aveva conosciuto le incorreggibili razze dei Bre’n e dei Senyasi.

«Devi rimetterti al lavoro. Esigo che stanotte siate tutti pronti!», urlò.

«Allora porta qui Rheba».

«Impossibile!»

Con un’alzata di spalle Kirtn tornò ad appoggiarsi al muro e incrociò le braccia. Non s’era aspettato di vederlo cedere così facilmente. Gli bastava che l’altro s’irritasse abbastanza da sbattere in cella anche lui … magari nella stessa cella di Rheba. Due corpi umani uniti insieme bruciano molta più energia che isolati, e altrettanta ne producono.

Malgrado il sorriso sempre più crudo e provocante del Bre’n, Jal restò impassibile. «Se te la lascio vedere, sei disposto a recitare a dovere questa notte davanti al Loo-chim?»

Kirtn finse di considerare poco soddisfacente quella proposta, ma aveva già preso la sua decisione. «Portami da lei», stabilì.

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