— Cos’altro dovrei avere in mente? — disse in tono mite Gaspard, stringendosi mentalmente la mano per congratularsi con se stesso.
Proprio in quel momento l’uovo interruppe una argomentazione che Flaxman stava sviluppando a proposito del debito che le teste d’uovo avevano nei confronti dell’umanità, con un “Ora, ora, ora, ora, ora state a sentire”.
Flaxman tacque.
— Voglio dire qualcosa, non interrompetemi — fece la voce metallica uscendo dall’altoparlante. — Io vi ho ascoltato a lungo. Sono stato molto paziente, ma è necessario dire la verità. Apparteniamo a mondi diversi voi incarnati e io: anzi, è qualcosa di più di due mondi diversi, perché dove io sono non esiste un mondo… né materia, né argilla, né carne. Io esisto in una oscurità a paragone della quale lo spazio intergalattico è irradiato di luce.
“Voi mi trattate come un bambino prodigio, ma io non sono un bambino. Sono un vecchio sull’orlo della morte, e sono un bimbo nel grembo materno… e sono più o meno di una cosa e dell’altra. Noi disincarnati non siamo geni, non siamo pazzi e non siamo dèi. Giochiamo con le follie come voi giocate con i vostri balocchi e, più tardi, con i vostri strumenti. Noi creiamo mondi e li distruggiamo in ognuna delle vostre ore. Il vostro mondo non è nulla per noi… solo un triste schema in più fra milioni di altri. Nel nostro modo intuitivo e non scientifico noi sappiamo tutto ciò che vi è accaduto molto meglio di quanto lo sappiate voi stessi, e a noi non interessa minimamente.
“Una volta un russo scrisse un racconto su di un uomo che per scommessa si era fatto chiudere, solo, per cinque anni, in una comoda stanza. Nei primi tre anni chiese molti libri, il quarto anno chiese i Vangeli, il quinto anno non chiese più nulla. La nostra situazione è la sua, intensificata mille volte. Come potete pensare che ci abbasseremmo a scrivere libri per voi, a escogitare combinazioni e variazioni dei vostri pruriti e dei vostri odi?
“La nostra solitudine è al di fuori della portata della vostra comprensione. Striscia, e rabbrividisce, e soffre eternamente. Trascende la vostra solitudine come la lenta morte per tortura trascende il caldo, roseo spegnersi per avvelenamento da barbiturici. Noi soffriamo questa solitudine e di tanto in tanto ricordiamo, senza affetto, lasciatemelo dire, l’uomo che ci ha messi in questa condizione, quell’inventore-chirurgo odiosamente geniale ed egomaniaco che voleva una biblioteca privata di trenta menti prigioniere con cui filosofeggiare, e il mondo che ci consegnò alla notte eterna e che poi continuò barcollando, dondolando, aggrappandosi lungo la sua vecchia strada.
“Un tempo, quando avevo ancora un corpo, lessi un racconto di orrore soprannaturale scritto da Howard Philips Lovercraft, uno scrittore che morì purtroppo troppo presto per avere la possibilità di subire l’operazione di Divorzio Psico-Somatico, ma che può darsi abbia ispirato a Daniel Zukertort tale invenzione. Questo racconto, Colui che sussurrava nel buio , era una fantasia su certi rosei mostri alati venuti da Plutone che mettevano i cervelli degli uomini in cilindri metallici, simili alle nostre uova di metallo. Voi siete quei mostri, voi, voi, voi. Ricordo come finiva quel racconto: si svolgeva una scena eccitante, ma soltanto alla fine di essa, il narratore si accorgeva che il suo amico più caro l’aveva ascoltata, impotente, da una di quelle capsule di metallo. Poi ripensava al destino del suo amico che, ricordatelo, è anche il mio!… e tutto quello che riusciva a pensare era, cito testualmente: ‘…e per tutto questo tempo è stato in quel fresco cilindro lucente sullo scaffale… povero diavolo…’.
“La risposta è ancora No. Ora staccatemi, signorina Bishop, e riportatemi a casa”.
Anche nelle più piccole cose, la vita ci culla soltanto per azzannarci poi con denti di tigre… o per percuoterci con una verga.
La piccola anticamera della Saggezza delle Età era sembrato il posto più polverosamente tranquillo del mondo, una stanza dimenticata dal tempo, ma quando quella sera Gaspard vi ritornò per la seconda volta per prelevare la signorina Bishop, una folle, vecchia figura uscì da una porta, brandendo in direzione di Gaspard un lungo bastone d’ebano su cui erano intrecciati strettamente due serpenti straordinariamente realistici e urlando: — Avanti, cane d’un giornalista! Per Hathor, per Seth e per Bast dagli artigli neri, vattene!
L’essere era l’immagine sputata di Joe la Guardia, persino nei ciuffetti di peli arricciati al margine delle orecchie, salvo che stava eretto invece che curvo, aveva una barba bianca a punta che gli scendeva fino all’inguine e gli occhi così spalancati che la sclerotica venata di rosso era perfettamente visibile attorno alle iridi.
Inoltre, le sue urla ansimanti profumavano l’aria tutto intorno del fetore cadaverico di alcol che fosse stato filtrato attraverso l’obitorio del corpo umano.
La somiglianza facciale con Joe la Guardia era così grande che Gaspard, tenendo d’occhio l’ondeggiante caduceo, si preparò ad afferrare e a strappare la barba bianca per provarne la genuinità.
Ma proprio in quel momento la signorina Bishop arrivò, e spinse da parte il vecchio.
— Basta, Zangwell! — ordinò in fretta, con le narici frementi. — Il signor Noot non è un cronista, Babbino; al giorno d’oggi tutto il lavoro giornalistico è svolto dai robot. Dovete stare in guardia contro di loro. E non rompete quel caduceo… mi avete sempre detto che è un pezzo da museo. Inoltre , andateci piano con il nettare… ricordatevi quanto volte vi ho trovato che tenevate a bada gli elefanti rosa e cacciavate i faraoni rosa fuori dalla Nursery. Avanti, signor Knut, andiamo. Questa sera ne ho fin qui della Saggezza. — E con il dorso della mano si toccò il mento minuto.
Gaspard la seguì, obbediente, chiedendosi quanto dovesse essere delizioso avere una ragazza, specialmente una così delicatamente morbida, con il corpo pieno di saggezza ma con la testa assolutamente vuota.
— Non credo che Zangwell dovrà mai scacciare veramente qualche cronista — disse la ragazza con un rapido sorriso ironico. — Ma si ricorda che suo nonno lo faceva. Joe la Guardia? Oh, lui e Babbino sono gemelli. Gli Zangwell sono i soldati privati della famiglia Flaxman da intere generazioni. Non lo sapevate?
— Non sapevo neppure il cognome di Joe — disse Gaspard. — In quanto a questo, non sapevo neppure che esistessero più dei soldati privati, al mondo. Come è possibile, poi, che intere generazioni restino al servizio di qualcuno?
La ragazza lo guardò con freddezza.
— È possibile, quando vi sono molto danaro e uno scopo, come il Trust dei Cervelli, che sopravvive a una generazione. Uno scopo al quale ci si può dedicare interamente.
— E voi provenite da una famiglia che si è dedicata a questo scopo? — s’informò Gaspard. Ma la ragazza rispose:
— Non parliamo di me. Ne ho abbastanza anche di me stessa.
— L’ho chiesto soltanto perché siete straordinariamente carina per essere una bambinaia.
— Quale sarà il secondo approccio? — chiese di rimando la ragazza. — Mi direte che devo mettere a profitto il mio viso e la mia figura diventando una scrittrice?
— No — disse giudiziosamente Gaspard. — Forse una stellina dello stereo, mai una scrittrice. Per quel mestiere, anche la ragazza più dolce deve aver l’aria di portare biancheria sudicia.
La notte, fuori, era buia, se si eccettuava il bagliore roseo nel cielo che si levava dal resto di New Angeles da pochi edifici, come la Saggezza delle Età, che avevano una conduttura elettrica ausiliaria. Forse il governo pensava che, se non vi fosse stata luce sul Viale del Lettorato, il pubblico avrebbe dimenticato la distruzione dei mulini-a-parole e l’attribuzione delle responsabilità per quell’avvenimento.
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