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Fritz Leiber: Scacco al tempo

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Fritz Leiber Scacco al tempo

Scacco al tempo: краткое содержание, описание и аннотация

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Carr Mackay ha un lavoro tranquillo, una fidanzata che lo spinge a far carriera e una vita tutto sommato ben pianificata. Ma ecco che un giorno conosce una strana ragazza, bella e alquanto terrorizzata, e da quel momento la sua vita scivola lungo binari diversi. Scopre di possedere un oscuro potere che il mondo attorno a lui sembra aver perduto, e soprattutto si rende conto che il tempo non è uguale per tutti. O meglio, che non tutti sono obbligati a rispettare la sceneggiatura cosmica imposta silenziosamente al genere umano dall’ordine delle cose. Da quel giorno la vita cambia per Carr Mackay, in modo radicale e spaventoso, poiché fra i pupazzi che tutt’intorno continuano la loro recita si nascondono altri ribelli niente affatto amichevoli…

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— D’accordo. Giù Daisy. — La voce della signorina Hackman era amabilissima.

— Sst! Vi sentiranno. — Questa era la voce di Dris.

La signorina Hackman si attardò amorevolmente sulla sua risposta, profondendovi ogni possibile ipocrisia. — Lo so che ci sentiranno.

Carr studiò il disegno della carta da parati. Gli parve di poter distinguere il graduale intensificarsi della luce, come il movimento della lancetta dei minuti d’un orologio. Notò un ispessirsi dell’odore di muschio, come se fosse causato dalla polvere sollevata da tanti passi.

Dal pianerottolo sottostante giunse lo sbuffare del signor Wilson e un rapido rumore di zampe felpate in movimento in uno spazio molto breve. Carr riuscì a immaginarseli con molta chiarezza anche se la sua mente paralizzata si ostinava perversamente a dare molta più importanza alla figura con l’impermeabile scuro… Il signor Wilson era seduto sul gradino più alto, il petto che gli si alzava e si abbassava vistosamente per l’affanno, le ginocchia sollevate, facendo magari attenzione a tenere il bordo del suo cappotto lontano dalla polvere. Dris con la schiena appoggiata alla parete, un’ombra sottile, una mano e un uncino sui fianchi. La signorina Hackman con un piede sul gradino più alto, uno sul penultimo, protesa in avanti, con addosso qualche smagliante vestito, un gomito sul ginocchio, i capelli biondi che le ricadevano a cascata intorno al viso.

Nell’altra mano stringeva un corto guinzaglio, all’altra estremità del quale andava avanti e indietro quell’oscurità più luminosa e lustra. Mentre parlavano, Carr poteva immaginare vividamente le loro espressioni, malgrado l’altro problema insistesse a sembrargli molto più importante.

— Su, avanti — li sollecitò Dris brusco.

— Non c’è proprio nessuna fretta — gli garantì la signorina Hackman. — Buona Daisy!

— Comunque, sarebbe stato più semplice farli fuori dov’eravamo prima — continuò Dris.

— Per poi dover passare ore e ore a ripulire il pasticcio? — La risposta della signorina Hackman fu pronta e sprezzante. — Vi siete dimenticato quale problema abbiamo avuto a causa dell’ometto con gli occhiali? Mezz’ora in ginocchio a ripulire per terra.

— Non eravate molto entusiasta neppure voi — ribatté lui.

— Quello non m’interessava. Questo sì. Qui non dobbiamo fare le cose in fretta e preoccuparci di dover pulire a cose fatte. — Fece una pausa di riflessione. — Ah, quanto sono stati stupidi a farsi attirare qui da quei biglietti! — esclamò poi con voce allegra. — Come è stata stupida la ragazza a credere che non sapessimo che aveva l’abitudine di venire qui. Com’è stato stupido da parte di tutt’e due comportarsi in maniera così totalmente ingenua! E com’è stato stupido lui a non rendersi conto che potevamo procurarci il suo indirizzo di casa presso l’ufficio in cui lavora. Quasi troppo facile. Comunque — proseguì soprappensiero — sono vivi, e sono soltanto i vivi che divertono sul serio.

— Andiamo avanti — insisté Dris.

— No. Avete un appuntamento con la vostra ragazza.

— Non siate ridicola. No, ho la sensazione che ci stiano sorvegliando.

— Sciocco ragazzo. — La voce della signorina Hackman risuonò completamente felice. — Certo che ci sorvegliano… e ci ascoltano, per giunta.

— Non intendo parlare di loro — ribatté Dris.

Ma Carr non stava prestando nessuna attenzione a ciò che dicevano, poiché aveva appena ricatturato un ricordo che perversamente gli dava una grande soddisfazione: l’identità della figura in impermeabile scuro.

Sì… era uno degli uomini che si erano trovati sul marciapiede della South State Street quando lui e Jane erano scappati.

— Hai una sensazione Dris? — Il signor Wilson era finalmente riuscito a recuperare il fiato e a parlare, ma non manifestava il minimo, squillante entusiasmo. Anzi, era quasi apprensivo.

— Sì.

— Allora finiamola in fretta. — I gradini scricchiolarono quando sollevò il suo corpo grasso, il rumore dei passi ricominciò, e vi fu un fremente cambiamento nel ritmico rumore felpato. Poi: — Cos’è stato? — Il signor Wilson aveva quasi urlato.

— Stanno cercando di scappare giù per la scala sul retro! — strillò la signorina Hackman. — Daisy!

— No, non è vero! Siete un’idiota! — tuonò il signor Wilson. — Io credo…

— Vi avevo avvertito… — cominciò a dire Dris.

— Mio Dio, sono… — cominciò il signor Wilson.

Ma Carr era così immerso nel ricordo che aveva ricatturato, che a tutta prima la cosa non gli parve importante… forse era qualcosa che la sua mente malata immaginava, ma all’improvviso udì un rumore di passi in corsa sul pavimento al piano di sotto, più passi di quanti avrebbero potuto produrne quei tre, e per di più arrivavano dal retro della casa e salivano con fracasso le scale dal pianterreno.

Perfino con Jane sussultante fra le braccia quando, con sconvolgente fragore moltiplicato da echi nella tromba delle scale, giunse fino a loro lo schianto d’una mezza dozzina di fucilate, Carr non riuscì a rendersi completamente conto di quanto stava accadendo, o meglio, si rese conto adesso che quanto stava accadendo quadrava con quel ricordo da lui catturato, e come questo conducesse dalla South State Street attraverso il bagliore rosso di un razzo da segnalazione delle ferrovie fino alla chiatta del vecchio Jules, all’uomo in impermeabile scuro accanto ai binari del tram, e infine lì.

Con Jane scossa da un violento tremito fra le sue braccia sentì, mentre l’eco delle fucilate si spegneva, un grido acuto che terminò con un gemito gorgogliante, il tonfo di un corpo, l’urlo lacerante di un animale, un trapestio di zampe in corsa, un’altra assordante raffica di fucilate, il tonfo di un altro corpo, un ultimo sparo, e poi i tonfi ritmici sempre più fievoli di un corpo che ruzzolava giù per le scale gradino dopo gradino.

Poi il silenzio, il più completo silenzio, più sconvolgente del rumore.

Una nube di fumo acre saliva come un fungo dalla tromba delle scale.

Poi dal silenzio sottostante una voce sconosciuta, recisa, crudele: — Bene, e con questo li abbiamo liquidati e in un buon posto. Brutta ferita, George?

Un’altra voce sconosciuta: — Soltanto un graffio.

Una terza voce: — Dobbiamo perquisire il resto della casa?

La prima voce, dopo quella che a Carr parve un’eternità: — No, c’erano soltanto quei tre e il gatto quando li abbiamo seguiti fin qua dentro. Inoltre erano soltanto tre in questa banda. L’ha detto il vecchio Jules.

Un rumore di passi che scendevano le scale.

La porta esterna del sottoportico che si chiudeva.

Carr sentì che Jane, contorcendosi, si liberava dal suo abbraccio e correva nella stanza alle loro spalle. La trovò che sbirciava da sopra il davanzale della finestra mezzo fracassata. Inginocchiandosi con cautela accanto a lei alzò in tempo gli occhi per vedere, mentre percorrevano il vialetto coperto di erbacce nella gelida luce del mattino, una mezza dozzina di uomini dall’impermeabile scuro.

Rimasero rannicchiati accanto alla finestra. Il vialetto si vuotò. Adesso la luce era più intensa, sufficiente a rivelare la debole sfumatura verde delle erbacce.

Carr guardò Jane proprio mentre la ragazza si voltava verso di lui.

Detestava l’idea di dover scendere, di doverla guidare in mezzo a quello che avrebbero trovato.

Lo faceva fremere la constatazione che dovevano la vita a creature micidiali, non meno orribili di quelle che erano state appena distrutte, che la sua salvezza e quella di Jane stavano soltanto nel fatto che quelle creature micidiali non erano state informate della loro presenza.

Tuttavia sapeva che la strada per poter tornare alla loro vita era finalmente sgombra.

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