Fritz Leiber - Scacco al tempo

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Scacco al tempo: краткое содержание, описание и аннотация

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Carr Mackay ha un lavoro tranquillo, una fidanzata che lo spinge a far carriera e una vita tutto sommato ben pianificata. Ma ecco che un giorno conosce una strana ragazza, bella e alquanto terrorizzata, e da quel momento la sua vita scivola lungo binari diversi. Scopre di possedere un oscuro potere che il mondo attorno a lui sembra aver perduto, e soprattutto si rende conto che il tempo non è uguale per tutti. O meglio, che non tutti sono obbligati a rispettare la sceneggiatura cosmica imposta silenziosamente al genere umano dall’ordine delle cose. Da quel giorno la vita cambia per Carr Mackay, in modo radicale e spaventoso, poiché fra i pupazzi che tutt’intorno continuano la loro recita si nascondono altri ribelli niente affatto amichevoli…

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— Ancora di più: perché mai la gente non faceva veramente parte del mondo? — continuò l’altro, trangugiando un sorso di whisky dal suo bicchiere. — Perché non mostrano una reazione più genuina? Sì, ecco cos’era: la reazione. Per esempio, quando dormivate con una donna, perché era qualcosa che voi avevate e lei no? Perché quando andavate a un incontro di pugilato, i pugili erano soltanto una massa di carne e basta, e la folla un branco di fantocci urlanti? Perché mai una guerra non era nient’altro se non marce, azioni insensate e guai? Perché tutti dovevano passare la vita così, morti, facendo tutto in maniera così metodica e compassata come se fosse il pic nic scolastico della domenica o una parata di orfani a un funerale?

Si grattò la testa e tirò la sedia un po’ più vicina.

— E poi, tutt’a un tratto, mentre stavo leggendo alcuni libri scientifici, la risposta mi balenò nella mente. Era là, stampata in chiaro perché tutti potessero vederla… soltanto che nessuno poteva farlo. Era soltanto questo: Nessuno era veramente vivo. Dietro alla fronte degli altri non c’era nessun vero pensiero… soltanto nervi… soltanto rotelline. Non c’era bisogno dei pensieri, o delle menti, o dell’amore, o della paura per spiegare le cose. Tutto l’universo e gli uomini e la terra e i vermi e gli atomi, tutto lo spettacolo di tiro a segno… era soltanto una grande macchina.

Terminò il suo whisky. Carr girò un po’ la testa così da poter vedere con maggior chiarezza il battelliere. Gli stava facendo un effetto quasi calmante sentirlo parlare in maniera così calma degli orrori degli ultimi due giorni.

— Così era là tutto bello e predisposto per me — continuò il battelliere. — Era per questo che la gente non aveva mai una reazione schietta. Erano soltanto macchine. I pugili erano soltanto macchine fatte per combattere. La gente che li guardava erano soltanto macchine per pestare i piedi, urlare e imprecare. Una donna era soltanto una macchina per fare all’amore con tutto ben regolato per farvi passare un momento piacevole… ma la stella più lontana era più vicina a voi della bocca che baciavate.

“Capite quello che voglio dire? La gente… soltanto macchine, predisposte per fare un certo lavoro e poi morire. Se continuavate a essere la macchina che avreste dovuto essere, allora tutto bene. Allora le vostre azioni concordavano con quelle degli altri. Ma se non lo facevate, se cominciavate a fare qualcos’altro, gli altri non reagivano. Continuavano a fare quello che era stato stabilito per loro. Non aveva importanza quello che voi facevate, loro continuavano a fare i movimenti che erano stati progettati per loro. Potevano essere stati regolati per fare all’amore, e voi invece potevate decidere di combattere. Allora, loro avrebbero continuato a fare all’amore mentre voi combattevate. Oppure poteva succedere l’opposto. Qualcuno poteva parlare di Edison mentre voi volevate discutere di Ingersoll. Ma lui avrebbe continuato a parlare di Edison e voi vi sareste trovato tutto solo!”

Si girò sulla sedia e si versò un altro whisky.

— Tutto solo. Salvo per pochi altri, non più di uno su centomila credo, che si svegliano e capiscono le cose. Ma impazziscono e finiscono per ammazzarsi, o altrimenti diventano individui spregevoli. Sì, per la maggior parte diventano spregevoli. Ottengono i loro meschini piaceri facendo i prepotenti con le creature intorno a loro che non possono reagire. Li troverete dappertutto nel mondo: piccole bande di tre o quattro, o una mezza dozzina, che si sono svegliati soltanto per avere i loro meschini piaceri. Forse si tratta d’un paio di poliziotti a San Francisco, di un insegnante a Kansas City, di alcuni impresari di pompe funebri a Londra, i quali hanno scoperto che tutta la gente che se ne va in giro è bell’e morta e non c’è bisogno di trattarla più decentemente di così. Forse si tratta d’un paio di guardie di quei campi di concentramento che avevano in Europa, che vedono come sono brutte le cose e si danno da fare per peggiorarle ancora un po’. Soltanto di un po’. Non spregevole poco. Non osano distruggere veramente le cose alla grande poiché sanno che la macchina li accudisce e li nutre, e hanno sempre paura di farsi notare da altre bande come la loro e di venir spazzati via. È la paura che li spinge, sempre la paura. Non hanno il fegato di sfasciare sul serio tutta la baracca, ma traggono un intenso piacere a scribacchiarci sopra le loro sporche faccende, immischiandosi e pasticciando. Ho visto alcuni dei loro divertimenti, come loro li chiamano, talvolta di nascosto, talvolta all’aperto, per la strada. Tutto marcio e schifoso.

“Avete mai visto un commesso che veste un manichino in una vetrina, che ci armeggia intorno? Ebbene, supponete che lo schiaffeggi. Supponete che un ragazzino pianti un po’ di spilli in un gatto di pezza o butti una manciata di pepe negli occhi di una bambola. Proprio così, marcio e schifoso. Nessun decente uomo vivo vorrebbe aver a che fare con cose del genere. O tornerebbe al suo posto nella macchina recitando fino in fondo la parte assegnatagli, oppure si nasconderebbe come ho fatto io, vivendo quanto più tranquillamente possibile, senza smuovere le acque.”

Fissò Carr da sotto le sopracciglia ispide. — Cosa avete intenzione di fare? Siete giovane. Perché non tornate al vostro posto nella macchina e non ve la sudate fino in fondo a quel modo?

Carr tentò di sollevarsi un po’ a sedere. La cabina parve oscillare e si offuscò. — Non posso — si sentì bisbigliare — perché quelli che m’inseguono conoscono il posto in cui vivo e dove lavoro. È c’è una ragazza. Conoscono anche il suo rifugio… se non l’hanno già trovata.

Il battelliere si sporse in avanti, con i gomiti sulle ginocchia. — Chi sono? — domandò. — Quale banda? Che aspetto hanno?

Carr si mise a descrivere la signorina Hackman, il signor Wilson, e Driscoll Aimes. Aveva quasi finito di descriverli quando battelliere l’interruppe: — Li conosco. Gente spregevole. Ho visto quel loro perfido gatto nero.

Scolò quanto rimaneva del whisky poi restò lì seduto a giocherellare con quelle mani dalle grosse nocche. Finalmente si alzò in piedi. Il bicchiere rotolò attraverso il pavimento. Il battelliere raggiunse barcollando la porta, la socchiuse, poi la spalancò del tutto. Il buio e i rumori della città fluirono dentro. Si guardò intorno.

— Voi tornàtevene a casa — bofonchiò rivolto a Carr. — Voi e la vostra ragazza. Non preoccupatevi di niente, lasciate fare al vecchio Jules. Ho parecchie conoscenze. — Sventolò la grossa mano verso Carr. — Tornàtevene a casa. — Poi varcò incespicando la porta e se la chiuse alle spalle.

Carr si rizzò a sedere mordendosi le labbra per vincere l’improvviso attacco di vertigini. Protese le gambe oltre l’orlo della cuccetta e rimase seduto, immobile, con l’aria fresca che gli correva lungo la pelle, le pareti della cabina che ondeggiavano avanti e indietro, lentamente, per erompere, di tanto in tanto, in una cascata di fugaci scintille.

Dopo un po’ si rizzò in piedi, sempre tenendosi aggrappato all’orlo della cuccetta. Non appena la sua vista divenne chiara e ferma attraversò la cabina, ricordandosi di chinarsi fino a quando le sue dita non raggiunsero gli indumenti là dov’erano appesi, resi rigidi dall’acqua sudicia. Si rivestì con impacciata lentezza, come un bambino. I calzoni erano incollati insieme, e dovette passare le mani sopra le gambe per scollarli e poterli infilare.

Sentì in lontananza la sirena di una nave sul lago. Terminò di vestirsi e se ne stette lì a lisciarsi l’abito. Poi si diresse verso la porta, riuscì ad aprirla con difficoltà e uscì sullo stretto ponte.

I rumori della notte ormai avanzata di Chicago lo avvolsero: il solitario ronzio del traffico, un lontano scampanio stonato, lo sferragliare di un treno sulla sopraelevata attraverso il ponte della Wells Street, il rombo di macchinari inidentificabili. Carr vide sul lato opposto del fiume tre o quattro file di fari che si facevano strada lungo i due livelli della Wacker Drive, una luce rossa di avvertimento sulla riva, qua e là qualche chiazza illuminata tra le finestre dei torreggianti edifici, e i loro riflessi ondeggianti sull’acqua nera mobile come mercurio.

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