K.W. Jeter - L'addio orizzontale

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L'addio orizzontale: краткое содержание, описание и аннотация

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Nella letteratura gialla, si sa, c’è stato
di Raymond Chandier, e in fantascienza
di Leigh Brackett, che in Italia è stato tradotto, purtroppo, con un altro titolo. Sono metafore suggestive, un modo laconico per attirare la nostra attenzione su avventure disperate, forse ai confini del possibile, ma non per questo meno profondamente umane. È perciò che, giocando sulle parole, abbiamo deciso di tradurre letteralmente il titolo di questo romanzo di K.W. Jeter: una storia intensa che ci ricorda i maestri del cyberpunk e dove ogni azione, ogni personaggio sembra fare il doppio gioco, in un intrigo che si risolve solo alla fine. Jeter è più che una promessa della fantascienza, e non esitiamo a raccomandare L’addio orizzontale ai nostri lettori come una storia «diversa» , forte e insolita, ma credibile e senz’altro avvincente come un romanzo hard-boiled.

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Alzò le spalle. — Abbastanza.

— Hai sentito quello di cui stavamo parlando?

— Vuoi dire se ho sentito quello che ha detto Sai su di me? Sì, l’ho sentito. E allora? — Il suo sorriso divenne ancor più luminoso.

— Quel tipo ha ragione. No, non sono pazza, ma posso causare un sacco di guai. — Si allungò e afferrò un nuovo appiglio. — Ho degli affari di cui occuparmi. Ci vediamo!

Durante la notte, Axxter fu combattuto se chiamare o meno la Chiedi Ricevi e controllare se avessero raccolto altre informazioni utili. Alla fine decise che sarebbe stato meglio di no: ne aveva abbastanza per proseguire e poi qualunque altra notizia l’avrebbe confuso anche di più.

Appena ci fu abbastanza luce, si diresse di nuovo verso l’entrata. Durante le ore di buio in cui aveva aspettato, si era concentrato su qualsiasi rumore che provenisse da Sai o dai Centri dei Morti: una delle loro ululanti chiamate; ma non aveva sentito niente se non l’eterno silenzio dell’edificio. Ora, affacciandosi al bordo dell’ingresso, sbirciò nel buio, cercando un qualsiasi segno di movimento.

Ancora niente. Forza! Il rotondo bordo metallico si appannava col suo respiro. Forza, entra e guarda cosa trovi.

Forse Fellonia aveva ragione; forse non c’era nulla da temere dai Centri dei Morti. Sembrava sapere molte cose sulla zona della sera, molte più di quante non ne sapesse lui. I suoi affari l’avevano probabilmente condotta in ogni zona del Cilindro; in qualche modo lei era un’autorità. Sempre che non sia folle… quella era l’altra possibilità. Aveva solo la parola di Sai che non fosse pazza, che tutte le strane cose che diceva non erano frutto di una mente malata. Ma se Sai era un abitante dei Centri dei Morti, allora fino a che punto poteva fidarsi di lui ? Forse anche Sai aveva le sue misteriose ragioni per far sì che lui reputasse Fellonia davvero in grado di fare quanto gli aveva detto; qualche perfido disegno che Axxter non aveva ancora compreso. Ma se non poteva fidarsi di Sai e Fellonia — e perché mai avrebbe dovuto? — allora non poteva credere a quello che Fellonia aveva detto sui Centri dei Morti…

Continuava a ripensarci, come in un vortice, nel buio profondo simile a quello dell’entrata del tunnel. Doveva fidarsi di entrambi, Sai e Fellonia, oppure di nessuno dei due.

Era uno spreco di tempo cercare di capire, lo sapeva. Comunque fosse, era ancora su quella parte dell’edificio e tutto quello che voleva — tutta la sua vita — era sull’altra, molto, molto lontano. Preoccuparsi di chi gli stesse mentendo, come se fosse un affare di stato, era solo un modo per evitare di entrare nell’oscurità spaventosa del tunnel. Lontano dalla luce, in quella infinita notte all’interno dell’edificio. Un territorio difficile e spettrale.

Oppure, avrebbe potuto scegliere di morire di fame là fuori. Axxter respirò profondamente e scivolò nel cunicolo. Lentamente si alzò in piedi, avvertendo una solida superficie orizzontale sotto ai piedi: era da molto che non provava quella sensazione. Si liberò immediatamente della continua tensione a cui era sottoposto quando si muoveva sul mondo verticale e fu una sensazione così piacevole da allontanare anche la paura.

Con prudenza fece qualche passo avanti, spostandosi dalla luce che filtrava dall’apertura. Qualunque fosse l’intenzione di Sai e degù altri abitanti dei Centri dei Morti verso di lui, non aveva certo migliorato la situazione minacciando Sai con gli uncini da viaggio. Quell’atteggiamento avrebbe fatto imbestialire anche la persona più gentile, soprattutto quando si trattava della ricompensa per i vari favori che gli aveva reso. Doveva stare in guardia.

A parte quella preoccupazione, non era poi così male trovarsi dentro l’edificio. C’era perfino un’illuminazione: file parallele di una debole luce bluastra sul soffitto; non le aveva viste dall’esterno. Forse ce la farò. Ci rifletté mentre camminava. Forse doveva solo continuare a mettere un piede dopo l’altro, continuare a camminare, senza smettere; forse avrebbe trovato del cibo dei Centri dei Morti, una grande pila di quelle pagnotte rotonde, forse Sai o qualcun altro avrebbe riallacciato i rapporti con lui, lasciandogli qualche piccolo dono mentre lui dormiva… Il pensiero continuava a frullargli in testa, mentre l’apertura del tunnel si faceva sempre più piccola alle sue spalle.

Avvertì uno strano odore provenire da un cunicolo secondario. Assomigliava a quello della benzina, era acre, pungente. Aveva invaso l’aria con un’ondata di calore. Poteva venire da una specie di macchina. Ebbe solo un attimo per fare ipotesi sull’origine di quell’odore, quando qualcosa uscì improvvisamente dal buio e lo colpì violentemente al petto. Axxter cadde all’indietro, volando per un breve tratto, per poi cadere battendo la testa e le spalle contro il pavimento. Stordito, scrollò il capo, cercando di rimettere a fuoco ciò che aveva davanti a sé. Il megassassino.

Non sapeva che potesse sorridere.

Era tutto nero, oscurità nell’oscurità, una grande macchina puzzolente d’olio e metallo surriscaldato e allo stesso tempo di odori umani, quali merda e sudore. Ad Axxter, che si trovava ancora a terra, quella massa impediva di vedere qualsiasi altra cosa, come se le sue enormi spalle arrivassero al soffitto del cunicolo.

L’essere lo guardò con i piccoli punti rossi che aveva al posto degli occhi e sorrise quando il suo petto si aprì mostrandogli immagini che stavano per prendere vita. Al centro, si trovava l’icona di morte.

Almeno non è la mia. È il lavoro di qualcun altro, un caos di vermi neri con i teschi che digrignavano i denti affilati, mentre si contorcevano intorno a un cuore pieno di spine. Sarebbe stato troppo essere uccisi da qualcosa che portava la sua stessa firma.

Eppure — il cervello di Axxter fu invaso da una strana lucidità, calma e serena — avrebbe potuto essere piacevole. Avere il suo lavoro inciso sull’ultima cosa che avrebbe visto in vita sua.

Guardò verso l’alto, il ghigno del megassassino. Gli aggeggi orbitanti che aveva all’estremità delle braccia si stavano dirigendo verso di lui.

Poi ci fu l’esplosione e tutto ciò che Axxter vide furono il fumo e le fiamme.

— Che cazzo… — Il pavimento del cunicolo era stato attraversato da una scossa tanto forte da far cadere il megassassino. Axxter venne scagliato contro il muro in cui si era aperta una profonda crepa.

Una mano emerse dal fumo e lo afferrò per un braccio. — Forza… — Una voce che aveva già sentito. — Da questa parte…

Si lasciò trascinare attraverso quell’apertura nel muro. La forte presa di Fellonia lo costringeva a correre. Dietro a sé, udì l’urlo terribile del megassassino riecheggiare per tutto l’edificio.

13

— Credo che saremo al sicuro qui. Per un po’.

Fellonia l’aveva condotto per tunnel sempre più stretti che partivano dal cunicolo principale. C’era un mondo dietro a quelle pareti levigate; alla fine si trovarono in uno spazio cubico delineato da tubi e un labirinto di cavi. Entrambi dovettero piegarsi sotto il basso soffitto.

Quella fuga a quattro zampe lasciò Axxter senza fiato. Chinò il capo e notò che le sue mani erano coperte d’olio e cenere. La sua giacca puzzava di bruciato. — Che… che cos’è stato? Quell’esplosione? — Forse ogni cosa intorno a lui avrebbe potuto prendere fuoco e andare in cenere allo stesso modo.

Fellonia si sedette con la schiena appoggiata al muro e si abbracciò le ginocchia. Fece spallucce. — Niente di eccezionale. Ci sono dei cavi ad alta tensione che attraversano questo posto e l’isolamento li ha resi vecchi e poco sicuri. Tutto quello che si deve fare è collegarli tra loro e in questo modo si ottiene un bel casino… un mare di fumo e altra roba. L’ho fatto appunto per far saltare in aria quell’enorme massa e creare un buco abbastanza grande per trascinarti via.

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