K.W. Jeter - L'addio orizzontale

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L'addio orizzontale: краткое содержание, описание и аннотация

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Nella letteratura gialla, si sa, c’è stato
di Raymond Chandier, e in fantascienza
di Leigh Brackett, che in Italia è stato tradotto, purtroppo, con un altro titolo. Sono metafore suggestive, un modo laconico per attirare la nostra attenzione su avventure disperate, forse ai confini del possibile, ma non per questo meno profondamente umane. È perciò che, giocando sulle parole, abbiamo deciso di tradurre letteralmente il titolo di questo romanzo di K.W. Jeter: una storia intensa che ci ricorda i maestri del cyberpunk e dove ogni azione, ogni personaggio sembra fare il doppio gioco, in un intrigo che si risolve solo alla fine. Jeter è più che una promessa della fantascienza, e non esitiamo a raccomandare L’addio orizzontale ai nostri lettori come una storia «diversa» , forte e insolita, ma credibile e senz’altro avvincente come un romanzo hard-boiled.

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— Cavolo, ma una dozzina!? Perché ne hai avuto bisogno così tanti?

— Te l’ho detto… sono un lupo solitario. Non ho bisogno di altri viaggiatori su circuiti che proteggano le mie azioni. In questo modo, io ho il controllo fisico delle prese che uso, e inoltre posseggo anche ampie sezioni delle linee, intere reti minori. Posso tagliarle quando voglio, in modo che quei piccoli stupidi non vi penetrino mentre non le sto controllando. Se provassi a fare tutto questo con un unico corpo, dovrei spostare il mio culo in continuazione intorno a questo dannato edificio. Dodici corpi in dodici posti diversi mi permettono di spostarmi dall’uno all’altro a seconda delle necessità, starci fino a quando ne ho bisogno e poi passare in un altro. Il tempo di viaggio è ridotto al minimo in questo modo, così ho più tempo per fare quello che voglio.

Il suo sorriso si fece perfido.

— Ci scommetto! — Di colpo si rese conto di quanto fosse surreale quella situazione. Appeso al muro a milioni di miglia da casa, con tutte le pessime notizie che aveva avuto, stava chiacchierando con una pazza convinta di potersi insinuare in qualsiasi corpo, con la stessa facilità con cui ci si cambia d’abito. Il mondo era diventato surreale da quando era precipitato attraverso le nuvole. Forse non mi sono mai svegliato. Era la stessa idea consolatrice che lo afferrava tutte le volte che le cose diventavano troppo strane: Forse sto ancora cadendo e sognando in un letto di aria. Riaprì gli occhi e la donna era ancora lì.

— Suppongo… che tu abbia intenzione di prendere anche me adesso. Aggiungendo un altro corpo alla tua collezione. Esatto?

Lei lo guardò con disprezzo. — Perché mai dovrei volere proprio te? Non darti troppe arie. Ho già avuto il mio corpo, quello in cui mi trovo adesso, proprio qui, in questo posto. Un altro sarebbe solo un fastidio di cui dovrei occuparmi. Inoltre, ho i miei livelli standard. Se non sono giovani e di bell’aspetto — decisamente meglio del tuo — e donne, non sono molto interessata. Perché dovrei tornare ad avere qualche orribile corpo maschile? Ne avevo uno all’inizio e sono stata molto felice quando sono riuscita a liberarmene.

Altre cazzate. L’aveva sopportata abbastanza; era giunto il momento di chiederle informazioni pratiche.

— Senti, visto che sei qui da molto, non potresti dirmi…

Lei stava già arrampicandosi lungo la fune, con incredibile agilità. Guardò verso il basso. — Mi dispiace, amico, ma come ti ho detto sono una persona molto occupata. Forse tornerò ancora a trovarti per vedere come te la passi.

In pochi istanti si trovava già vicino alla piccola apertura nel muro e scomparve al suo interno. Axxter la fissò per qualche secondo, poi scosse il capo e riprese il suo lento cammino.

12

Lo vide arrivare. Anche nel buio della notte poteva scorgere in lontananza la figura che si stava muovendo verso di lui.

Quando si era fatto troppo buio per continuare a viaggiare e ormai i muscoli delle braccia e delle gambe gli dolevano, Axxter aveva fissato saldamente le corde, sistemandosi il più possibile vicino al muro. Per dormire; o, almeno, per sembrare addormentato.

Si aspettava che il misterioso benefattore, la persona che gli aveva lasciato il pane, si sarebbe fatta viva quando ormai il sole fosse calato dietro alla barriera delle nuvole. Durante tutto il viaggio aveva avuto l’impressione che qualcuno lo stesse seguendo. Non si trattava di quella folle ragazza — immaginò che, pazza o meno che fosse, avesse davvero parecchie cose da fare. Nemmeno del megassassino; se fosse stato abbastanza vicino da individuarlo, avrebbe già messo a fuoco e fiamme la distanza che li separava, piombando su di lui e riducendolo a carne trita. A meno che non ci fosse qualcun altro su quel settore, doveva trattarsi di chi gli aveva procurato il cibo. Sperò che fosse così: un intero giorno di cammino l’aveva stremato e gli sembrava di morire di fame.

Eccolo di nuovo. La fame e il mistero in cui era avvolto avevano affinato i suoi sensi. Poteva sentirlo, qualcosa che si avvicinava, un rumore di metallo contro il metallo che strisciava lungo il muro. Chiuse gli occhi e attese.

Il suo respiro era tranquillo e regolare. Axxter avvertì una certa eccitazione nell’aria. Fino a quando non gli fu vicino…

Si girò e lo afferrò. Per un attimo il suo braccio strinse la vita di quell’essere, attirandolo a sé. Questi emise un forte grugnito, in parte per la sorpresa, in parte per il dolore, perché, afferrandolo, Axxter l’aveva colpito allo stomaco con la testa.

— Figlio di puttana… — Un pugno colpì Axxter alla testa e lo stordì. Questi abbandonò la presa e fu spinto indietro, verso le corde.

Si accese una torcia e Axxter se la trovò puntata in faccia. Si coprì gli occhi; abbassando un poco la mano, vide davanti a sé un uomo scarsamente illuminato dal fascio di luce che si rifletteva sul muro.

L’uomo si raddrizzò e respirò profondamente. — Cristo… — un altro respiro. — Fai un favore a qualcuno ed ecco cosa ci guadagni.

Axxter vide un viso lungo, stretto, un po’ spigoloso e delle mani simili a ragni che tenevano la torcia come fosse una clava, pronta a scattare in caso succedesse qualcos’altro.

— Bel modo di comportarsi. — L’uomo si toccò la cassa toracica. — Avresti potuto uccidermi.

Non erano proprio le sue mani, notò Axxter. Alle estremità delle dita indossava delle specie di uncini a ventaglio, legati agli avambracci. Non erano fatti di metallo, ma di un materiale nero che si piegò come fosse gomma quando l’uomo li appoggiò alla giacca.

— Mi dispiace — Axxter scosse il capo, cercando di liberarsi di un ronzio che aveva nelle orecchie. — Ma tu eri qui intorno in agguato.

— Naturalmente. Mi aspettavo una reazione simile. Voi abitanti della zona del giorno siete tutti uguali… siete sempre pronti a combattere in ogni momento.

Voi abitanti della zona del giorno… era facile capire cosa significava. — Tu appartieni alla zona della sera?

— Ci sono nato e cresciuto. Il mio nome è Sai. Tieni, pensavo che potesse servirti. — Infilò una mano nello zaino che aveva sulle spalle e prese qualcosa.

Altro pane piatto. Axxter lo prese e ne staccò un pezzo, ma prima di metterselo in bocca, chiese: — Perché?

— Perché cosa? Il cibo? Sapevo che ne avevi bisogno, bloccato qui in questo modo. Non volevo vederti morire di fame, senza che tu avessi una possibilità di tornare a casa. — Prese dallo zaino una borraccia d’acqua e ne bevve una sorsata prima di porgergliela. — Mi sembrava molto crudele. Essere conciati in questo modo. Voglio dire, se davvero vuoi attraversare l’edificio per tornare a casa, mi sembra giusto che tu abbia una reale possibilità di farcela.

Axxter masticò e ingoiò. — Cosa sai di questa storia?

Una scrollata di spalle. — So molte cose. Conosco molte più cose su di te, di quanto tu non ne conosca di me e di come funzioni la vita quaggiù. Ma vedi, questo è da far risalire alla profonda divisione psichica che hai in testa; e l’edificio può essere visto come una rappresentazione esteriore, un’enorme immagine riflessa di questa scissione. La zona del giorno è tutta luce, superficie e azione; mentre da queste parti la vita si svolge al di là delle apparenze, nel pensiero e nella conoscenza. Molto filosofico.

Un altro pazzo. Questo tempo sembra pullulare di folli. Il pane era buono, però.

— Ehi, non guardarmi in quel modo. — Sai gli aveva letto nel pensiero. — Il fatto che tu non capisca quello che dico è un’ulteriore dimostrazione della tua radicata appartenenza alla zòna del giorno.

— Forse è così — Axxter aveva già finito una delle due pagnotte piatte. — Non ho molto tempo per discutere. Ho un sacco di problemi in questo momento.

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