Comunque, ammettendo l’esistenza dei cunicoli, questi mettevano in comunicazione la zona della sera con quella del giorno … Dovevano essere freddi; partivano da dove il sole tramontava per arrivare a dove sorgeva. A casa, di nuovo nella zona conosciuta. Una breve e piacevole passeggiata, decisamente più facile che arrampicarsi lungo la parete dell’edifico senza nemmeno avere la Norton.
Axxter trovò altre croste nella tasca della giacca, le prese tra l’indice e se le infilò in bocca. Forse il suo fantomatico benefattore avrebbe legato altri pacchetti alle corde mentre lui dormiva… avrebbe potuto usare quelle provviste quando si fosse mosso in cerca di una via d’accesso per penetrare al di sotto della superficie dell’edificio.
Almeno sapeva dove si trovava. Non l’aveva saputo dalla Chiedi Ricevi, ma dal Sindacato delle Comunicazioni; erano stati in grado di dargli l’esatta posizione della presa che stava usando per le sue chiamate.
Quindi doveva trovare un’entrata da quella parte…
Axxter cominciò a mangiarsi un’unghia: non aveva altro da sgranocchiare. Passo dopo passo; aveva già valutato i parametri entro cui doveva lavorare. Aveva dato per scontata l’esistenza dei cunicoli attraverso l’edificio. Non solo; credeva anche che le entrate dei settori orizzontali nella parte conosciuta fossero le bocche di questi tunnel prima che venissero barricati: tutto ciò che doveva fare era trovarli e attraversarli. Prese una mappa su grande scala della zona del giorno, dov’erano indicate con un cerchio rosso le entrate. La sua odissea tra le braccia dell’angelo l’aveva allontanato in modo equidistante dalle Fiere Equatoriali. E si trovava a due terzi della distanza che c’era tra la sommità del Cilindro e la barriera delle nuvole. Così, tracciò una riga sulla mappa, che partiva dalla cima del Cilindro, lo attraversava nel mezzo fino ad arrivare al fondo. Poi ne disegnò un’altra che l’intersecava e individuò l’entrata più vicina al punto d’incrocio delle sue due rette…
Idiota! Si sfregò gli occhi: doveva essersi stancato troppo. Quella fu la sua unica spiegazione. Le entrate della zona nota si trovavano dove un tempo i cunicoli si aprivano sulla superficie del Cilindro; ora erano stati sigillati dall’interno. Cosa diavolo pensava di fare, attraversare tutto l’edificio e poi bussare alla porta, cercando di convincere quelli che vivevano sul settore orizzontale dall’altra parte che non era un rappresentante dei Centri dei Morti venuto a far visita? Sempre ammesso che dall’altra parte ci fosse qualcuno a sentirlo, visto che all’interno del Cilindro i settori orizzontali disabitati erano molti e che non tutti quelli abitati si trovavano vicino al muro interno che isolava lo spettrale cuore dell’edificio. E anche se avesse fatto sapere in anticipo alla Chiedi Ricevi il punto in cui sarebbe emerso, a loro non sarebbe convenuto far incazzare una tribù potente come la Folla Devastante solo per aiutare lui: la Chiedi Ricevi aveva una rigida politica di non intervento sulle questioni fisiche, si limitava a registrare gli eventi, non a crearli, proprio per evitare conflitti d’interesse.
Andiamo bene, caro ragazzo. Cominciò a riflettere per trovare un soluzione, ma lo sforzo gli confondeva le idee.
Quello di cui aveva bisogno era un posto in cui il sigillo fosse già stato rotto, un’entrata per la zona conosciuta in cui il cunicolo — sempre ammettendo che esistesse — terminasse all’aria aperta.
Dove il sigillo fosse già stato rotto… Un pessimo ricordo, un ricordo di cose orribili si fece largo nella sua mente e si insinuò in quel suo pensiero analitico.
Il settore bruciato.
La sua piccola scoperta gli tornava in mente. Un luogo dove aveva giurato di non tornare mai più; vederlo una sola volta era già più che sufficiente per il resto della vita: avrebbe voluto dimenticare per sempre ogni pulsione sensoriale provata, ogni scricchiolio di ossa sotto i piedi, ogni profumo di carne bruciata.
Eppure lì non avrebbe avuto il problema di rompere il sigillo tra il mondo orizzontale illuminato e quello oscuro che esisteva nel cuore del Cilindro. Doveva provare. Rintracciò le coordinate del settore bruciato nel suo archivio, poi le confrontò con la mappa che aveva davanti agli occhi. Combaciavano: un piccolo cerchio rosso segnava un’entrata in quel punto.
— Eccoci qua… — Annuì, ma non era convinto che quella scoperta dovesse farlo molto felice. Se era vero che dei cunicoli correvano attraverso l’edificio, allora l’estremità di quello che gli interessava era inevitabilmente aperta. Sarebbe stato più comodo se quell’uscita si fosse trovata più vicina all’incrocio delle due linee che aveva tracciato sulla mappa. Avrebbe impiegato giorni ad arrivare all’entrata del tunnel che si trovava nella zona della sera.
Supponendo, ovviamente, che il tunnel fosse aperto anche in quella zona. Supponendo, inoltre, che davvero il cunicolo passasse per il centro dell’edificio senza strane deviazioni. E supponendo qualche altro milione di particolari.
Aveva il vantaggio di dover comunque affrontare quell’avventura, visto che non aveva altra scelta. Non aveva il problema di prendere la decisione sbagliata. In qualche modo, pensò Axxter, gli uomini morti hanno la vita più facile.
In mattinata — mattinata dall’altra parte, perché dove si trovava lui la luce era ancora piuttosto fioca — sarebbe partito verso il luogo in cui, secondo i suoi calcoli, avrebbe dovuto aprirsi il tunnel. Nel frattempo doveva passare la notte.
Sei un pazzo. Sapendo già quello che avrebbe fatto. Con dei soldi sul suo conto e una linea telefonica a disposizione, sapeva sempre quello che avrebbe fatto. Si sporse per infilare il dito nella presa, innestò il contatto e chiamò gli OloGiorni.
Non pensava che lei lo stesse aspettando. Non lo faceva mai.
Allungò un dito dell’immagine in cui stava camminando; il sensore al lato della porta avvertì la presenza di calore e fece suonare il campanello all’interno dell’appartamento. Il sensore, almeno quello, lo viveva come un essere umano.
Forse lei non era in casa… ogni volta che si avvicinava alla donna sperava la stessa cosa. Anche se non riusciva a immaginare dove altro potesse essere. Dopo il lavoro, si rifugiava sempre nella sua piccola casa spettrale. Esattamente come tutti quelli che vivevano nei livelli orizzontali.
La porta si aprì. Axxter sollevò la mano della propria immagine. — Ciao. Ho pensato di fare un giro. E passare a salutarti.
Ree lo fissò. C’era un disturbo sulla linea: l’immagine di lui che la donna percepiva non combaciava con la percezione sensoriale di sé che Axxter aveva. Di conseguenza a lui sembrò che lo sguardo di Ree fosse puntato sul retro del suo cranio.
— Che diavolo vuoi?
L’uomo fece far spallucce alla propria immagine. — Ehi, solo per quello che ti ho detto. Volevo vederti. Ecco tutto. Voglio dire, non ho nemmeno sensazioni tattili! — Diede un colpo allo stipite della porta, mentre l’immagine delle sue dita scompariva dietro al pannello. — Non può essere che io sia qui solo per… per gironzolare o qualcos’altro?
Lei sospirò debolmente. — Credimi; non otterresti niente comunque. — Si appoggiò al muro con le braccia incrociate. — Allora, adesso sei qui e mi hai visto… tutto qui? Sei soddisfatto?
— Be’, c’è qualcosa che volevo dirti…
— Dire a me ? Sarò io a dirti un paio di cose. Non amo affatto che un idiota, che tutti conoscono bene per un idiota, venga a bussare alla mia porta. Non ho bisogno che i vicini pensino che il più cretino di tutti, sia fuori che dentro l’edificio, abbia qualcosa a che fare con me…
— Io non…? — Axxter chinò la testa dell’immagine, stupito.
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