K.W. Jeter - L'addio orizzontale

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Nella letteratura gialla, si sa, c’è stato
di Raymond Chandier, e in fantascienza
di Leigh Brackett, che in Italia è stato tradotto, purtroppo, con un altro titolo. Sono metafore suggestive, un modo laconico per attirare la nostra attenzione su avventure disperate, forse ai confini del possibile, ma non per questo meno profondamente umane. È perciò che, giocando sulle parole, abbiamo deciso di tradurre letteralmente il titolo di questo romanzo di K.W. Jeter: una storia intensa che ci ricorda i maestri del cyberpunk e dove ogni azione, ogni personaggio sembra fare il doppio gioco, in un intrigo che si risolve solo alla fine. Jeter è più che una promessa della fantascienza, e non esitiamo a raccomandare L’addio orizzontale ai nostri lettori come una storia «diversa» , forte e insolita, ma credibile e senz’altro avvincente come un romanzo hard-boiled.

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K.W. Jeter

L’addio orizzontale

1

Quando si svegliò, davanti a sé vide due angeli che facevano l’amore.

Per qualche secondo, Axxter li guardò, frammenti di un sogno. Il sole fece capolino dalla distante barriera di nuvole sotto di lui, colorando di rosso il muro di metallo contro cui era appoggiato. Per tutta la notte vi era stato raggomitolato, come se la sua spina acrofobica avesse cercato di ritrovare in quella costruzione la sicurezza offerta dai pavimenti e dai soffitti. Nei suoi sogni era caduto, aveva orbitato lontano dalla grande curva ed era precipitato su nuvole abitate da piccoli volti sarcastici; poi, più piacevolmente, aveva sognato di addormentarsi, cullato dalla gravità e da quel solido metallo. Ma non aveva affatto sognato di fluttuare o di essere trasportato in un caldo abbraccio, trasformatosi poi in una danza di venti. Così, per un attimo, pensò che gli angeli fossero veri.

— Merda! — E girandosi nella sua cintura di sicurezza si morse le labbra per evitare altre manifestazioni di rabbia. Gli angeli di gas erano famosi per essere incostanti; potevano lasciarsi e dividersi, volare come sottili membrane e tuffarsi verso il basso e lungo la curva, prima che egli potesse prendere la sua telecamera. Ma lui aveva bisogno di soldi, e quello era davvero reale. Le piccole facce sarcastiche che avevano popolato i suoi sogni erano gli zeri del suo conto in banca.

Prese la telecamera che aveva nella borsa degli attrezzi, attaccata al cavo sotto la cintura di sicurezza — per un confuso istante si trovò appeso lontano dall’ondeggiante costruzione, a testa in giù verso le nuvole, come un funambolo appeso al filo. Lo spirito mercenario ebbe la meglio sulla solita nausea. Ondeggiò sulla schiena: le sicure della cintura si risistemarono dopo lo spostamento di peso e le loro testine triangolari si mossero, stringendo la cintura che non doveva più proteggere una persona addormentata.

Diede un’occhiata in giro, dal muro del Cilindro al cielo aperto. Ecco dov’erano, inquadrati nel mezzo del mirino della telecamera. Axxter sospirò, scrollando le spalle. Non mi hanno sentito. Evidentemente l’oblio del coito è uguale in tutte le specie. Mise a fuoco, schiacciò il tasto di REGISTRAZIONE e fece una zumata su quegli amanti in volo. Bene così, bellezze.

Il sole era ormai abbastanza alto da colorare tutto d’oro. Le membrane sferiche che si trovavano sotto le spalle degli angeli risplendevano di una luce radiante, come se i gas emodializzati che li tenevano in orbita avessero preso fuoco in seguito alla frizione dei due corpi. Axxter si avvicinò con mani tremanti, finché nella telecamera non comparvero intricati ricami rossi, le vene degli angeli che gonfiavano e irrigidivano la loro pelle sottile come carta.

Come se partecipasse al loro piacere, un’altra vena pompò più velocemente sotto una carne molto più solida e legata al peso della gravità. Axxter la ignorò; sapeva bene per quanto tempo era rimasto là fuori in posizione verticale, occupandosi d’affari. Piantala; non ricordarmi niente. Continuò a filmare e a scivolare sulle spalle per seguire gli angeli. Quella massa color rosa e oro si girò e i loro fianchi gli sembrarono l’equatore di un pianeta biforcuto. Al margine più scuro dell’inquadratura scorrevano dei dati trasmessi dal suo nervo ottico ed elaborati dal contatto metallico delle sue dita con lo schermo della telecamera: la distanza dal soggetto oscillava tra i cento e i centoventicinque metri. Le cifre rosse evidenziavano chiaramente le correnti parassite ai margini dell’atmosfera dell’edificio. Axxter, socchiudendo gli occhi per vedere meglio, si chiese se agli angeli piacesse quell’effetto. Forse intensificava il piacere, come se fossero stuzzicati da dita invisibili. Chi poteva saperlo? I documenti della Chiedi Ricevi che contenevano informazioni sugli angeli erano piuttosto poveri. Comunque, poteva essere qualcosa su cui riflettere. Cristo, non adesso! Implorò, cercando di recuperare la concentrazione.

In lontananza, il maschio si girò lentamente verso il basso facendo in modo che il viso della donna fosse ben inquadrato dal mirino. Axxter zumò di nuovo. Assomigliavano proprio ad angeli, a quello che gli angeli dovrebbero essere, al di là del fatto che fluttuassero nell’aria. Dove non esisteva alcuna dimensione verticale o orizzontale. I fragili corpi erano visibili solo sullo sfondo delle membrane traslucide che si gonfiavano dalla nuca alle natiche; la luce dorata sembrava filtrare attraverso il piccolo e delicato seno della femmina, mentre questa s’inarcava all’indietro, allontanandosi dal petto del suo compagno; aveva gli occhi chiusi e, senza emettere alcun suono, teneva la bocca aperta, mentre le sue piccole mani erano aggrappate ai fianchi del maschio, avvicinandolo a sé. Sui loro visi e sul collo i baci e il sudore avevano creato una spirale lucida e umida, l’unica risposta visibile alla forza di gravità incontrata mentre si erano mossi.

Piacevole; Axxter, saldamente fissato dalla cintura di sicurezza al muro di metallo, guardava e registrava. Le sottili ossa della clavicola del maschio erano appoggiate sul seno luminoso; sembrava proprio che non avessero affatto carne, solo la fragile pelle senza peso, che copriva le vene simili a ricami e che era uguale a quella delle due sfere che che li tenevano in aria. Nel mirino un rossore più accentuato colorò il viso di lei, che sbatté le ciglia. Istintivamente, Axxter allontanò la zumata fino a quando non vide cielo aperto circondare la coppia. Sul nastro colse il brivido che attraversò i loro corpi, un’eco luminosa delle membrane gonfie dietro a loro, un evento sismico in quel mondo permeato di luce.

Si divisero, spostandosi lungo correnti d’aria diverse. Il maschio, ben visibile al centro della telecamera, si spostò lungo una diagonale del muro, ma Axxter continuò a seguire la femmina. Un vento forte la sollevò più in alto; stava stiracchiando le sue braccia sottili, sorridendo con gli occhi ancora chiusi. Una donna semiaddormentata stagliata contro il cielo. I suoi capelli neri erano tutti arruffati. Quando diventò un minuscolo puntolino, ormai invisibile, Axxter abbassò la telecamera. Aveva le mani sudate e si accorse — gli ci volle un attimo per rendersene conto — che aveva trascurato altre urgenze. Come se il suo corpo non fosse più esistito di fronte alla bellezza degli angeli. — Sai com’è… — Disse ad alta voce, stringendo al petto la telecamera e sentendosi di buon umore grazie a quell’auspicio favorevole di primo mattino. — Forse, solo forse, non sei del tutto abbandonato, dopo tutto — Si disse, mentre una fila di elettroni freddi trasferivano le immagini nei suoi archivi interni; rimise la telecamera nella custodia che aveva al suo fianco e guardò oltre la barriera di nuvole, verso il sole nascente. La sensazione di disponibilità verso il mondo intero svanì non appena si ricordò della sua situazione finanziaria. Gli angeli erano scomparsi, evaporati nell’atmosfera che circondava il Cilindro. Ma li aveva registrati su cassetta, si ricordò Axxter. E di quello era molto soddisfatto. Non sarebbe stato sufficiente a salvarlo dalla bancarotta, ma l’avrebbe almeno posticipata e in quel lasso di tempo sarebbero potute succedere molte cose. Nel suo cuore albergava una piccola gemma di speranza, come se una goccia del sudore degli angeli vi fosse caduta e cristallizzata. Le corde di sicurezza ruotarono a fatica mentre lui si muoveva sulle ginocchia. Aveva lasciato il piccolo schermo che gli serviva per comunicare attaccato al muro metallico dell’edificio, in modo che fosse la prima cosa che avrebbe visto il mattino seguente. Durante quasi tutta quella escursione aveva viaggiato distante dalle solite linee di comunicazione, visto che la Piccola Luna si trovava in posizione tale per cui tutti i segnali provenienti e indirizzati a lei venivano bloccati dall’edificio stesso. E in quel territorio dissestato, soffocato dalla desolazione e dall’abbandono, la Chiedi Ricevi non era stata nemmeno in grado di inviargli una mappa delle prese disponibili. Così, rintracciare quella era stato un buon colpo. Forse da lì è cominciata la mia fortuna. Axxter sfiorò con le dita la presa di corrente coperta da macchie di ruggine; una scintilla partì dal minuscolo pezzo di metallo e corse lungo il vecchio filo d’acciaio che attraversava l’interno dell’edificio. La notte scorsa, quando ho trovato questo; forse andrà tutto meglio da questo momento. Finalmente.

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