K.W. Jeter - L'addio orizzontale

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Nella letteratura gialla, si sa, c’è stato
di Raymond Chandier, e in fantascienza
di Leigh Brackett, che in Italia è stato tradotto, purtroppo, con un altro titolo. Sono metafore suggestive, un modo laconico per attirare la nostra attenzione su avventure disperate, forse ai confini del possibile, ma non per questo meno profondamente umane. È perciò che, giocando sulle parole, abbiamo deciso di tradurre letteralmente il titolo di questo romanzo di K.W. Jeter: una storia intensa che ci ricorda i maestri del cyberpunk e dove ogni azione, ogni personaggio sembra fare il doppio gioco, in un intrigo che si risolve solo alla fine. Jeter è più che una promessa della fantascienza, e non esitiamo a raccomandare L’addio orizzontale ai nostri lettori come una storia «diversa» , forte e insolita, ma credibile e senz’altro avvincente come un romanzo hard-boiled.

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Proprio quando fu pronto ad assumere una posizione più comoda e vicina al muro, notò due cose. Scoprì che la solita fastidiosa nausea che provava ogni volta che si muoveva perpendicolarmente al muro, era scomparsa. Quella sensazione era diminuita con il passare del tempo, ma non era mai svanita del tutto. Fino a quel momento. Dimostra quanto mi trovo lontano dal mio mondo. Quando ci si trova in queste situazioni, anche al corpo non fotte più di niente. Afferrò le corde con le mani e fece la seconda scoperta.

C’era qualcosa, una sagoma che si muoveva in lontananza.

Axxter sentì il suo stomaco vuoto contorcersi. Non aveva incontrato un segno di essere vivente da quando aveva cominciato a muoversi sul muro in cerca della presa, ma quello non significava nulla. Tutti i settori della zona conosciuta apparivano altrettanto disabitati; si poteva attraversare qualche tetro territorio e trovarsi di fronte improvvisamente a qualcosa di tremendo… si ricordava ancora con terrore l’acciaio divelto e bruciato e la comunità orizzontale che abitava al di sotto. L’odore della carne carbonizzata e quello del sudore provocato dalla propria paura lo assalì. C’era sempre qualcosa che poteva nascondersi sotto la superficie, pronta a saltar fuori e ad afferrarti , come avevano fatto quei poveri bastardi. Usciti dal buio, i Centri dei Morti. Forse non li si vedeva mai proprio perché passavano il loro tempo su quella parte del Cilindro, gironzolando e affilandosi i denti.

Si sforzò di mettere a fuoco ciò che aveva visto muoversi, ma, qualunque cosa fosse stata, era già scomparsa. Non c’era più nulla che si muovesse sulla superficie verticale. E questo non lo fece affatto sentire meglio.

Avrebbe potuto trattarsi di qualunque cosa. Si avvicinò nuovamente al muro. Oppure di niente. Forse la corda che aveva intrecciato Lahft con materiali di fortuna. … qualche pezzo di tela era stato catturato dal vento, sollevato e fatto svolazzare in giro. Ma pensò di essersi allontanato parecchio durante la ricerca della presa perché quell’ipotesi fosse reale; il luogo in cui si era svegliato doveva trovarsi dietro la curva dell’edificio. Eppure doveva per forza trattarsi di qualcosa di simile, solo degli stracci o qualche altra cianfrusaglia. Niente di cui preoccuparsi.

Davvero niente. Continuò a ripeterselo per tutto il resto del giorno, fino al tramonto — che ancora riuscì a stupirlo, anche se in misura minore — quando fu abbastanza scuro per poter dormire un po’. Il dolore sordo delle sue abrasioni l’aveva alla fine reso esausto.

Non riusciva nemmeno a chiudere gli occhi. Continuò a fissare nell’oscurità, verso quel punto distante sul muro.

La luce grigia che filtrava lo svegliò di colpo; gli faceva male la schiena e la fronte gli pulsava contro una delle corde.

Si tolse una crosta dall’angolo di un occhio. Gli ci volle un po’ per salivare e ingoiare il sapore amaro che aveva in bocca. Il sonno, per quanto breve fosse stato — non ricordava quando si fosse addormentato — non sembrava avergli giovato un granché. Anche le braccia gli dolevano, come se avesse preso a pugni il muro per tutta la notte.

Quando finalmente riuscì ad aprire bene gli occhi, un’altra sorpresa lo aspettava. Un pacchetto avvolto in una carta grigia e legato con uno spago. Qualcuno, o qualcosa, era riuscito a muoversi furtivamente sopra di lui mentre era addormentato e a lasciarlo lì, legato a una delle corde con lo stesso spago grezzo.

Si allungò e sfiorò il pacco con un dito. Non accadde nulla: il suo dito affondò in qualcosa di morbido sotto la carta.

— Che mi venga un colpo. — Adesso era abbastanza sveglio per avvertire il profumo, un aroma che gli fece capovolgere lo stomaco. Liberò il pacchetto dalla corda, sciolse lo spago e se lo strinse al petto mentre toglieva la carta.

Una specie di pane, due pezzi piatti e rotondi; si muovevano tra le sue mani. C’era anche una borraccia di plastica con dell’acqua, o qualcosa di altrettanto trasparente. Axxter osservò ogni cosa prudentemente. Lahft non avrebbe potuto portargli niente di simile — chi aveva mai visto gli angeli avere quella roba? Che altri amici poteva avere su quella parte del Cilindro?

— Be’, merda… — Staccò un pezzo di quel pane elastico e se lo ficcò in bocca. Sarebbe morto se non l’avesse mangiato. Lo masticò e lo ingoiò, poi bevve dalla borraccia, gettando la testa all’indietro.

Lasciò metà dell’acqua, richiudendo la borraccia perché non perdesse e si infilò il resto del pane nella camicia. Sarebbe potuto passare molto tempo prima che ricevesse altri regali. Pensò che il fatto fosse in qualche modo collegato a quello che aveva visto muoversi in lontananza la sera prima. Avrà deciso di farmi ingrassare, probabilmente. Lo stomaco pieno diminuì le sue preoccupazioni.

Quando Brevis chiamò, lo svegliò di soprassalto; la piacevole fatica compiuta dal suo stomaco gli aveva fatto venire sonno. Il movimento brusco rischiò di fargli togliere il dito dalla presa interrompendo la comunicazione.

— Ny… ciao ragazzo, come te la passi? — La voce di Brevis rimbombò nelle sue orecchie. — Come sono le cose là fuori?

Il cuore di Axxter sprofondò. Conosceva bene i toni di voce del suo agente. L’eccitazione esagerata significava che qualcosa bolliva in pentola; quel cordiale saluto significava merda.

— Sto bene. Non potrei stare meglio — Axxter socchiuse gli occhi. Il sole era appena spuntato dalla cima dell’edificio. — Allora? Cosa succede?

Il tono di Brevis divenne basso e pieno di scuse. — Be’, non sembra che le cose si stiano mettendo troppo bene per il momento, Ny. Non sono riuscito a vendere i diritti di questa avventura.

— Perché no? — Spinse più a fondo il dito nella presa. — Che cazzo vuoi?

— Ehi, non saltarmi alla gola, ragazzo! Sono stato ore al telefono a parlare coi compratori della Chiedi Ricevi. Nessuna delle loro divisioni era interessata all’affare.

Non poteva crederci. — Ma perché, per Dio? È un’idea grandiosa — quando mai avrebbero un’altra opportunità per roba come questa?

— Ny… il fatto è che loro non pensano che tu possa farcela. Se ci fosse la certezza che tu riesca a raggiungere almeno i confini della zona conosciuta, avrei potuto presentare la tragica odissea in modo diverso e lanciare qualche lacrimevole appello. Ma nessuno di loro crede che tu possa arrivare lontano; almeno non tanto lontano da avere il tempo di creare un buon pubblico. Credono che il tuo culo non si muoverà dal luogo in cui si trova ora.

Axxter sentì un sudore freddo colargli lungo le scapole, mentre il muro deserto era attraversato da un vento gelido. — D’accordo. — Con calma, prudenza. — Perché? Cosa fa credere loro che io non possa farcela?

Brevis restò un attimo in silenzio. — Non c’è alcuna possibilità, Ny. Tu sei nel bel mezzo di nulla; sei lontanissimo da qualunque Fiera Equatoriale.

— Così mi aspetta un lungo viaggio. Bell’affare. No, voglio sapere cos’altro c’è. Forza, sputa.

— Non volevo essere troppo duro con te, Ny, ma se davvero lo vuoi sapere… sei ancora in grossi guai con la Folla Devastante. In qualche modo sono venuti a sapere che sei ancora vivo. Probabilmente, quando ho iniziato a negoziare con la Chiedi Ricevi, questa ha contattato la Folla per capire cosa avessero da dire sull’intera faccenda. E non hanno detto niente di buono. La Folla è ancora furiosa con te. Hanno già inviato delle squadre punitive verso le Fiere Equatoriali e messo una taglia sulla tua testa. Se tu riuscissi ad arrivare fino a una delle Fiere, cercando di attraversarla per entrare nella zona del giorno, qualunque criminale cercherà di farti fuori e beccarsi la sua dose di fortuna. La Chiedi Ricevi non crede che sia molto divertente vedere un pazzo che va a cacciarsi in un mattatoio, certo di essere ammazzato. Voglio dire, non c’è affatto suspense. Diciamocelo, Ny, tu sei un uomo morto.

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