— Niente più caduta… bene. E poi? Ci siamo spostati?
— Spostati — lei annuì. — Io grande, e il vento… — e con una mano spinse l’altra, per fargli capire — spostava, spostava. Un lungo viaggio. Alla fine, qui.
Lahft non sarebbe stata di grande aiuto per stabilire la sua posizione. Lo spazio era probabilmente un concetto tanto confuso quanto lo era quello di tempo. Non faceva alcuna differenza nell’aria. Era possibile che si fossero spostati per interi settori di muro, un angelo con la membrana gonfiata al massimo e il suo carico incosciente; fino a quando qualche raffica li aveva spinti verso il muro dell’edificio, abbastanza vicino per aggrapparvisi. Le sue corde si erano agganciate, attirate dalla vicinanza dell’acciaio, e lei aveva intrecciato quella fune di fortuna usando qualunque cosa avesse trovato nelle vicinanze. Poi aveva aspettato.
Axxter guardò dalla parte opposta, spingendosi indietro contro la tensione delle corde. Un muro tetro, senza futuro fu tutto ciò che vide. Decise che doveva assolutamente trovare una presa per la comunicazione. Doveva essercene una da qualche parte. Così avrebbe potuto chiamare la sua banca… doveva farlo prima di qualunque altra cosa. Probabilmente il suo conto era stato prosciugato dalla multa per aver tagliato il cavo di transito. Forse era già in rosso in quel momento; e avrebbe dovuto lavorare ancora per anni per saldare il debito. Però, se il Dipartimento dei Lavori Pubblici gli avesse lasciato qualcosina, avrebbe potuto cominciare a cercare ciò che aveva bisogno di sapere. Per esempio dove si trovava e quanta gente lo stava cercando. La Chiedi Ricevi… avrebbe potuto chiedere una linea protetta e fare una chiamata anonima all’agenzia: quando la Folla Devastante avesse trovato le sue tracce, lui sarebbe già stato lontano. Se aveva il denaro per pagare l’informazione. Axxter si morse le labbra, lasciando che i suoi pensieri turbinassero senza freni. Devo trovare una presa per fare la chiamata; è la prima cosa…
Si fermò, qualcosa aveva di colpo interrotto i suoi pensieri. La luce intorno a lui era diventata rossa e stava avvolgendo il muro dell’edificio. Senza capirne il motivo, ne fu molto stupito. Se non per il fatto che durante il giorno, quando era rinvenuto e si era trovato lì appeso, tutto era luminoso e brillante. La luce rossa diventava sempre più scura; lo notava dal dorso delle proprie mani. Era come se il tempo avesse deciso di scorrere all’indietro; anche per lui era diventato ininfluente e arbitrario come per gli angeli. L’alba arrivava dopo la luce del giorno invece che viceversa…
Sapeva che Lahft lo stava guardando, stupita del suo smarrimento. Lo fissava, mentre lui fissava il cielo, verso le nuvole lontane. Là, dove vedeva qualcosa che non aveva mai visto.
Le nuvole erano tutte dorate e rosse e mentre lui le guardava diventavano sempre più scure, addirittura nere.
Il sole stava tramontando, scomparendo sotto la barriera di nubi.
Axxter continuò a fissare il sole, che divenne prima uno spicchio, poi un puntino rosso. Non aveva mai visto il tramonto prima. Nessuno l’aveva mai visto.
Ebbe parecchio tempo per pensarci. Tutta una lunga e fredda notte, aspettando con ansia la poca luce grigia che proveniva dalla zona del giorno del Cilindro, quella dove sorgeva il sole.
Da solo; a Lhaft doveva essere venuta fame, oppure si era solo annoiata e se n’era andata. Axxter era certo che l’avrebbe vista ancora. Nella culla verticale formata dalle corde, era molto vicino al muro; rabbrividiva al vento freddo della notte e rifletteva.
Si trovava sull’altra parte del Cilindro. La parte oscura… almeno quello era molto chiaro. Dove nessuno — nessuno di cui lui avesse mai sentito parlare — era mai stato. La sua solita fortuna… un mondo interamente nuovo si apriva davanti a lui in tutte le direzioni ed egli vi era atterrato con nient’altro se non i suoi vestiti. Tutto intero, perlomeno; questo doveva ammetterlo. Il dolore che gli procuravano i lividi era diminuito e gli sembrava che il sangue avesse ricominciato a scorrere normalmente. Gli restava solo una forte fitta al fianco, dove si era toccato con un dito, ma si era ripromesso di non farlo mai più.
Doveva essersi spostato là fuori per… per quanto? Un giorno, forse due? Quanto ci aveva impiegato a raggiungere un posto simile? Axxter scrutò nell’oscurità, pensando. A meno che spostarsi non fosse l’espressione esatta: forse Lahft, con lui tra le braccia e la sua membrana dilatata al massimo, era stata afferrata da una corrente vicino al margine dell’atmosfera. Una corrente che li aveva trasportati a gran velocità su tutti i settori della zona conosciuta, proprio sopra le Fiere Equatoriali, quella di Sinistra o di Destra. E poi… spang… li aveva lasciati cadere su un territorio sconosciuto.
Un nuovo pensiero gli attraversò la mente. Forse lei l’aveva fatto apposta. Fluttuare là in giro come aveva fatto; non era tanto stupida da non sapere che si trovava nei guai. Era tempo di muoversi, prima che altri guerrieri della Folla comparissero sulla scena. E più lontano fosse riuscita a portarlo, meglio sarebbe stato. E non c’era posto più lontano di quello.
— Cristo onnipotente! — Gli era venuto un crampo alla gamba. Merda! — Si massaggiò la coscia. Senza la sua fascia da bivacco — che era sparita tra le nuvole con tutta l’altra roba che si trovava nel sidecar — per la prima volta nella sua carriera verticale, capì esattamente cosa fosse il freddo della notte. Si poteva morire congelati… lasciò che gli passasse il crampo e si abbracciò, unendo il più possibile i lembi della sua giacca lacera. Sarebbe stato felice di vedere la prima luce grigia filtrare lungo il muro: avrebbe significato che il sole era sorto sopra la barriera di nuvole sull’altra parte del Cilindro — e allora avrebbe potuto essere in grado di muoversi, sapendo dove andare, e sentendo scorrere di nuovo il sangue nelle vene. Inoltre avrebbe potuto cercare una presa per chiamare la Chiedi Ricevi. E rovistare negli archivi, tentando di scovare qualunque notizia ci fosse sulla zona della notte. Qualsiasi brandello d’informazione avrebbe potuto essere utile. E del cibo… come diavolo avrebbe fatto per il cibo? Il suo cervello era inarrestabile: le preoccupazioni si susseguivano una dopo l’altra al tempo del brontolio dello stomaco. Non appena il dolore delle contusioni era diminuito, si era reso conto di quel nuovo male, che diventava sempre più profondo.
Era impossibile dormire: era sempre stato piuttosto difficile, anche con la tenda di bivacco che lo avvolgeva, una specie di piccolo utero in cui rifugiarsi. La prima volta che era arrivato sul muro, gli ci era voluta un’intera settimana di esaurimento e occhi rossi prima di abituarsi a dormire in quel modo. Ora, attaccato al metallo solo grazie alle corde degli stivali e della cintura… solo il cielo sapeva quanto fosse lontano dal suo mondo, e il suo culo stava gelando… Abbassò il più possibile la testa. Probabilmente aveva dormito più che a sufficienza mentre veniva trasportato dalle correnti tra le braccia dell’angelo.
Ancora una fitta allo stomaco. Avrebbe dovuto mangiare al banchetto di Cripplemaker; ma allora non sapeva che sarebbe stata la sua ultima possibilità di cibarsi per un lungo periodo. Chiuse gli occhi e attese la luce.
La individuò, una piccola increspatura sulla superficie dell’edificio; un’ondata di gioia lo sopraffece, tanto da fargli venire le lacrime agli occhi. La linea diritta che divideva il Cilindro dal cielo vacillò per un momento.
Ansimando dei ringraziamenti, Axxter si sollevò verso la presa. I muscoli delle gambe e delle braccia gli tremavano a causa delle ore passate a muoversi come un ragno sulla superficie dell’edificio. Era già mezzogiorno, il mezzogiorno del Cilindro; non appena il sole raggiunse quella posizione, la semioscurità grigiastra di quel luogo si trasformò in una luce brillante. Non aveva mai visto niente di simile, ma era troppo stanco per girarsi e godersi quella strana alba. Si muoveva lentamente, attanagliato dai morsi della fame e del panico che lo esaurivano. Già a bordo della sua moto e del sidecar, il Cilindro gli era parso enorme. Ora doveva affrontarne tutta l’immensità a mani nude.
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