Poteva sentire i guerrieri urlare: eccitati dalla vicinanza della preda, le loro grida superavano il rumore dei motori. Alzando gli occhi dalla fiamma, Axxter notò che il capo aveva alzato sulla sua testa una scimitarra lavorata e aveva il viso distorto in un ghigno maniaco. Dietro a lui, tutti gli altri avevano brandito le proprie armi.
Ancora un minuto, forse meno… fu colto dalla voglia di gettare via il saldatore, tornare alla guida della Norton e dare gas. Qualunque cosa, pur di fuggire, pur di guadagnare anche solo dieci secondi… l’inseguimento aveva eccitato i guerrieri, aveva fatto andare loro il sangue alla testa. Il mio sangue… Si morse le labbra e avvicinò il saldatore al cavo.
Improvvisamente, sotto la fiamma, il cavo parve assottigliarsi. La tensione che lo teneva attaccato al muro… capì d’aver quasi finito. Ce l’ho fatta. Il cavo si faceva sempre più sottile: la sua larghezza era più che dimezzata e il metallo e la fiamma diventavano una cosa sola…
Poi la udì, una nota acuta che proveniva dal cavo stesso. Gli risuonò nelle orecchie, fino ad arrivare al centro del suo cervello, così acuta che riusciva a fatica a tenere fermo il saldatore, premendolo contro l’acciaio che si scioglieva.
Forza, forza… bastardi! Digrignò i denti e il rumore che produsse gli rimbombò nella testa.
E poi quell’altro suono, quello dei motori rombanti e della vibrazione che provocavano sul muro. Un grido, abbastanza alto da sovrastare tutti gli altri rumori: Axxter sapeva che la scimitarra risplendeva alla luce, alta nell’aria, pronta a colpire, a pochissimi metri da lui, ma non riuscì ad alzare lo sguardo. Restò con gli occhi fissi sulla fiamma e il metallo…
Si ruppe.
In un attimo, egli vide il cavo assottigliarsi improvvisamente, fino a diventare sottile come un suo dito. Poi niente, solo il muro sottostante, illuminato dalla fiamma; la tensione aveva aiutato il cavo a rompersi.
Gli sembrò di vederla ancora, quella linea impressa davanti ai suoi occhi, ma in realtà sapeva che si era ormai staccata dal muro. Per una frazione di secondo, rifletté su quello che aveva intorno, sul vento improvviso che gli scorreva sul petto e sulle braccia, sul saldatore e la sua fiamma blu che si allontanavano in una spirale. Aveva il sangue alla testa e tutto ciò che vedeva tendeva al rosso, con strane macchie nere che si stagliavano contro il cielo che gli girava intorno.
Vide le nuvole sopra di lui che volteggiavano nell’aria, poi, sorprendentemente, le rivide sotto di lui. Due guerrieri della Folla Devastante: sembrava che stessero nuotando nel nulla, sollevati verso l’alto, mentre dalle loro bocche uscivano imprecazioni che in qualche modo egli riusciva a sentire.
Il vento lo avvolse di nuovo. Ora vedeva l’edificio, il muro che si allontanava da lui. Il cavo di transito, diviso in due, scagliava il resto dei guerrieri in aria, insieme alle loro armi e ai veicoli.
Poi comprese. In un lampo, capì esattamente cos’era successo. Guardò verso il basso e vide se stesso sospeso, non c’era niente sotto di lui, tranne il cielo. L’altro capo del cavo, quello a cui erano fissate le ruote della Norton, si dibatteva come un serpente, trascinando la moto e il sidecar in un’ampia curva ad arco.
Sarei dovuto scendere… Fu l’unico pensiero che riuscì a formulare prima di accorgersi che le corde di sicurezza della cintura si spezzassero e l’impatto gli togliesse il fiato. Sarei dovuto scendere prima di recidere il cavo… che idiota…
Il mondo aumentò la propria velocità e poi divenne di nuovo reale. Axxter si girò per guardare alle sue spalle. Un capo del cavo si stava riavvicinando al muro; la Norton vi era ancora fissata, mentre le corde che tenevano bloccate le sue ruote avevano raggiunto la massima tensione. La parte finale di quella catena era lo stesso Axxter, fissato con altre cinture al sedile della Norton.
Colpì il muro con la spalla e il dolore gli annebbiò la vista. Sentì che le sue mani, malgrado il dolore, stavano graffiando la superficie metallica, in cerca di un appiglio. Poi il muro si allontanò di nuovo da lui, mentre il cavo reciso si allungava nel vuoto.
Riuscì ad aprire gli occhi e vide la Norton staccarsi dal cavo con tutte le corde svolazzanti. Anche il sidecar, dopo aver colpito il muro, andò in tanti pezzi, come una costellazione che si muoveva nel cielo.
Le corde non avevano resistito: le sentì schioccare come colpi di pistola distanti. Ogni cosa era svanita, perfino l’edificio stesso. E Axxter, sospinto dal vento, sembrava una X svolazzante e inarcata contro il nulla. Vide le nuvole sotto di sé, immobili per un attimo e poi, improvvisamente, muoversi velocemente verso di lui.
Le colpì e si sentì accecato: si trovava in un mondo bianco, senza connotazioni. Gli sembrava ancora di cadere, mentre quella nebbia pesante gli copriva il viso.
Improvvisamente riuscì a vedere di nuovo, in un crepuscolo grigio e soffice. Girò la testa e vide la parte scura delle nubi, che ora si trovavano sopra di lui.
Poi udì un canto.
E li vide, in cerchio intorno a sé. I loro visi sorridevano, stupiti al suo passaggio in mezzo a loro.
Vide le schiere di angeli cantare nella luce soffusa: il cielo ne era pieno. I suoi pensieri erano confusi, la sua testa piena di nulla e la caduta gli stava prosciugando le ultime energie. Eppure continuava a sentirli cantare.
Cercò di svegliarsi, poi si concentrò ancora più profondamente per non farlo, per tornare in quel buio fitto e confuso. Ma era troppo tardi: aveva già avvertito il dolore, le ammaccature che sembravano lame di rasoio contro la sua spina dorsale.
— Gesù… Cristo… — Sentì il suono delle proprie parole, un sussurro distante, al di là del rombo che aveva nelle orecchie. Qualcosa dentro di lui, che era stata parte di lui, ma che in quel momento lui non riconosceva, voleva vomitare; sentiva la nausea salirgli dalla radice della lingua. E avrebbe vomitato volentieri se solo avesse saputo in che posizione si trovava. Se fosse stato capovolto, probabilmente non sarebbe stata una buona idea; ricordava alcuni avvertimenti che gli avevano dato molto tempo prima su tremende lavande gastriche… si poteva morire in quel modo.
Aveva già capito di essere ancora vivo. La sincronia dei suoi dolori con il pulsare del sangue e i sussulti all’interno della sua testa… ecco cosa glielo aveva fatto capire: se fosse stato morto non si sarebbe sentito così male.
Aprì gli occhi. La palpebra destra non si sollevò subito, ma, infine, si aprì come una lampo difettosa. Il cielo era rosa intorno ai bordi delle nuvole lontane. Viste attraverso il groviglio dei suoi capelli, avevano macchie nere, di sudore o sangue. Scosse la testa, cauto: sentiva delle punte di spillo alla base della nuca. Le linee scure fluttuavano sullo sfondo delle nubi. Sono rivolto verso l’alto. Quello era riuscito a capirlo.
La sua giacca e la sua camicia erano strappate; guardandosi con il mento appoggiato al petto, notò dei lividi, le costole segnate di blu e un’abrasione rossa su un fianco. Vedeva il proprio petto sollevarsi a ogni respiro che corrispondeva a una ritmica staffilata al cuore. Sì, era decisamente vivo; quella conferma quasi gli dispiacque. I sussulti gli correvano lungo la schiena. Era davvero stupito, in mezzo a quella nebbia protettrice.
Ricordava di aver colpito il muro mentre si trovava alla fine del cavo. Poi era caduto, il grande passo. Altrimenti quei folli avrebbero portato a termine il loro lavoro. Sollevò un braccio dal gomito scricchiolante e si passò una mano sulla faccia, scostandosi i capelli rossi dal viso per vedere più luce. Anche il palmo della mano era rosso, rosso con strisce nere di grasso e sporco. Il sudore appiccicoso gli unse il viso.
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