— Voglio dire… io e te… noi non…
Gli occhi della donna, già piccoli, diventarono due fessure tra le sue rughe. — Non dopo l’ultima cazzata. Non sei responsabile, ti accontenti di vivacchiare là fuori sul muro e lavorare come… come uno stupido incisore di tatuaggi — bene. Sei tu a dover scegliere. Ma non hai alcun diritto di mettermi in imbarazzo con questa storia.
— È proprio di questo che volevo parlarti. Quello che sono venuto a dirti è… che ho intenzione di smetterla. — La sua immagine aveva fatto un passo indietro, allontanandosi dalle parole raggelanti della donna; le avvertiva anche senza alcuno stimolo sensoriale. — Davvero. Non ti sto prendendo in giro. Ci ho pensato a lungo. E ho preso la mia decisione. Appena tornerò indietro, voglio dire nel mio corpo reale, ho intenzione di tornare all’orizzontale. Di smettere di girovagare sul verticale. Avrò un sacco di soldi e potrò comprarmi qualche commissione, qualche piacevole lavoro esecutivo. E poi… io e te… sai, potremmo parlarne.
Lei scosse il capo. — Ny, non ti credo. Hai sempre raccontato un sacco di balle.
Axxter stava per dire qualcosa, fare qualche promessa, quando un’altra voce lanciò un urlo tanto acuto da far vibrare le reazioni ottiche della sua immagine: gli sembrò che il corridoio e la porta aperta si muovessero.
— Ehi! Chi cazzo sei! — Era una voce femminile, ma non era quella di Ree, che aveva la bocca chiusa.
— Vattene da qui, altrimenti ti colpirò così forte da non farti nemmeno capire cosa stia succedendo!
Ora vide la donna che lo stava fissando con gli occhi spalancati e un’espressione di disgusto sulle labbra.
— Mi hai sentito? — La voce divenne ancora più forte. — Tu, piccola merda! Aspetta ancora un po’.
Poi, di colpo, non si trovò più davanti all’appartamento della sua fidanzata, sul livello orizzontale. D’improvviso, il collegamento con gli OloGiorni era svanito. Axxter si trovava ancora appeso nella notte, nella zona sconosciuta.
— Ti prenderò a calci nel culo così forte che…
Tolse il dito dalla presa e quella voce scomparve. Lasciando solo il silenzio.
Che diavolo era? Qualche interferenza sulla linea. Aveva già incontrato fantasmi sulla linea — erano il rischio maggiore nell’essere troppo tirchi e non scegliere comunicazioni protette — ma mai nessuno aveva mostrato quella minacciosa ostilità. Di solito si limitavano a dare fastidio con il loro costante desiderio di giocare e coinvolgere gli altri nei loro giochi di fantasmi.
Rinfilò il dito nella presa; un esperimento. Con risultati immediati.
— Eccoti qui, testa di cazzo. Non avevo ancora finito con te. — La voce era più bassa. — Sei in grossi guai con me, adesso.
— Ehi, aspetta un attimo. — Quell’attacco stava diventando fastidioso. — Chi diavolo sei? Qual è il problema?
— Scoprirai ben presto qual è il problema, amico. E sai benissimo chi sono. E sai anche che questa linea fa parte della mia rete di comunicazioni. Tu sei uno di quei guastatori, non è vero? Potrei scommetterci.
— Chi? Di cosa stai parlando?
La parola GUASTATORI si compose davanti ai suoi occhi, una lettera rossa dietro l’altra, poi scomparve.
— Ne ho avuto abbastanza della vostra merda, coglioni. Questa è la mia rete e tu e i tuoi degni compari non potete servirvene. E adesso che hai usato la linea abbastanza a lungo per permettermi di intercettare il luogo in cui ti trovi, ho intenzione di venire a prenderti a calci nel culo personalmente. Ci vediamo più tardi, stronzo.
Ancora silenzio, poi altre parole rosse. IMPULSO DI FELLONIA. E ci misero molto più tempo a scomparire.
Gesù Cristo. Il tono basso e freddo della donna l’aveva innervosito molto più di quello rabbioso che aveva usato all’inizio. Non aveva capito nemmeno la metà di quello che gli aveva detto.
Gli aveva promesso qualche azione violenta, anche se non sapeva di che tipo… Vaffanculo. A quel punto, di cosa doveva preoccuparsi? Il suo stato d’uomo morto lo isolava da tutto.
Aveva ancora il dito nella presa e ricevette una chiamata regolare.
— Ny… dove diavolo sei stato? — La voce di Brevis era eccitata, ma non nel modo che significava soldi. Piuttosto, panico. — Sono ore che cerco di beccarti!
— Qual è il problema?
— Devi muoverti, Ny; voglio dire immediatamente. Non hai tempo di studiare le rotte e il materiale necessario. Devi abbandonare subito quel posto, amico.
— Aspetta. Forza, calmati. — Le parole del suo agente si erano riversate su di lui troppo velocemente perché le capisse a fondo. — Cosa stai cercando di dirmi?
Gli arrivò il suono di un profondo respiro. — Azioni pesanti, Ny. Non avevo previsto una cosa simile. La Folla Devastante… hanno mandato gente a cercarti. Un megassassino è stato individuato alla Fiera Equatoriale dell’Est; sembra che stia venendo dritto verso di te. Non riesco a credere a quanto sia incazzata con te questa gente; è la prima volta in assoluto che personale di una tribù militare oltrepassa il confine della zona conosciuta. Non si è mai sentito niente di simile. Ny, si dice… che non abbiano intenzione di fermarsi fino a quando non ti avranno schiacciato come un verme.
Si sentì stordito. Come se non fosse già abbastanza nella merda. Ma quei tipi non si arrendono mai? Si erano già vendicati di lui. Era ora che si occupassero del resto del mondo.
— Da quanto? Quanto tempo fa ha oltrepassato il confine della Fiera?
— Non lo so di preciso… può essere stato quattro, cinque, anche sei ore fa. E secondo tutti i rapporti è piuttosto veloce. Quei megassassini possono davvero muoversi bene.
Axxter si chiese se fosse quello su cui aveva fatto le sue incisioni: il lavoro commissionato da Cripplemaker. Sarebbe stato in sintonia con il senso dell’umorismo dei guerrieri: farlo uccidere dal megassassino su cui aveva inciso le sue creazioni. L’ultima cosa che avrebbe visto, sarebbe stato l’emblema che lui stesso aveva disegnato. Sarebbe stato come essere uccisi dalla propria firma.
Ancora la voce bassa di Brevis. — Ny… devi muoverti in fretta. Ti hanno individuato grazie alla presa che hai usato per chiamare. Più tempo passerai lì intorno e più velocemente ti sarà addosso.
— Cristo…
— Ascolta, vattene. Qualsiasi direzione andrà bene; ma vattene. Farò tutto quello che posso — forse riuscirò a sapere da quale direzione ha intenzione di piombarti addosso — ma per il resto… devi essere tu a cavartela. D’accordo? E chiamami appena trovi un posto abbastanza lontano da cui riesci a comunicare.
Quando intorno a lui cominciò a vedersi la prima luce grigiastra, la presa circondata da anelli gialli era già lontana alle sue spalle, nascosta dalla curva dell’edificio. Nel buio, la sua scalata con il petto aderente al muro era stata lenta, mentre le corde si spostavano per assicurargli nuovi appigli.
Si fermò per riprendere fiato; il cuore aveva continuato a battergli in gola per tutto il tempo. Il panico di Brevis lo aveva contagiato, insinuandosi nella sua spina dorsale. Stai calmo… avrebbe potuto farcela se avesse mantenuto un passo costante e avesse continuato ad avanzare. Forse ce l’avrebbe fatta. Se fosse riuscito a raggiungere l’entrata del cunicolo che l’avrebbe condotto all’interno… l’apertura del tunnel che aveva calcolato… e forse, allora, avrebbe avuto una possibilità.
Il battito cardiaco era rallentato con la luce; muoversi nel buio l’aveva spaventato. Era come correre attraverso incubi in cui era tutto immobile. Respirò profondamente dalle narici l’aria fredda e proseguì il suo cammino.
Prima che questo lo colpisse, udì il sibilo di un cavo. Gli arrivò sulle scapole, immobilizzandolo al muro… poi un braccio intorno alla sua gola lo tirò indietro.
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