— Non ti muovere, stronzo. — La voce ringhiò nelle sue orecchie. Una voce di donna. Che aveva già sentito. Attraverso la giacca, avvertì qualcosa di appuntito contro le costole. Poi quella sensazione scomparve ed egli si vide una lucente lama di coltello vicino al viso. — Hai capito? Comportati bene.
La donna lo lasciò e Axxter girò la testa per guardarla.
Era seduta su un cavo annodato e si dondolava. Era una ragazzina, più giovane di lui, con i capelli scuri e raccolti. Lei lo guardò, partendo dagli stivali e risalendo lungo la sua figura.
— Non sei un viaggiatore di circuiti. — Usò la punta del coltello per grattarsi una guancia. — Certo. Tu dovresti stare dall’altra parte del Cilindro. Che cosa ci fai qui?
La voce che si era intromessa durante la sua visita con gli OloGiorni. Ora l’aveva di fronte in carne e ossa. — Non c’è bisogno che tu continui ad agitare quell’affare. — La lama lo infastidiva. — Se vuoi sapere qualcosa, basta chiedere.
Lei sorrise e infilò il coltello nella cintura. — Credevo che tu fossi uno degli stronzi di quella banda. È con loro che ce l’ho. — Si appoggiò al muro. — E allora, cosa succede? Stai cercando di tornare dall’altra parte? È così?
— Hai sentito parlare di me?
La donna scosse il capo. — Quello che fa la tua gente non è affar mio. Ho altre cose di cui occuparmi. Non sarei mai venuta fino a qui se tu non avessi usato una parte della mia rete di comunicazioni.
— La tua rete? — Ricordò alcune delle cose che gli aveva detto prima, quando era solo una voce. — E cos’era quell’impulso… qualcosa?
— Ah, sì: impulso Fellonia.
— Quindi tu sei, uhm, Felonius.
— Fellonia. La maggior parte delle volte, quando non sono qualcun altro.
Axxter guardò il muro, seguendo la lunghezza del cavo. Notò che spuntava da una parte sollevata della superficie del muro, abbastanza larga perché un uomo vi si potesse infilare. Bisogna che mi lavori questa qui. Valeva la pena di coltivare chiunque avesse conoscenze che potevano essergli utili.
— Sei uno dei fantasmi delle linee?
— “Fantasmi delle linee”… dammi l’opportunità di spiegarti. — Lo guardò con disgusto. — I fantasmi delle linee sono solo dei fenomeni, come la statica o qualcosa di simile. Sono solo delle eco sulle linee. Dovresti essere in grado di individuare la differenza tra un fantasma e un viaggiatore di circuiti.
— Oh! — Lui annuì. — Be’, ma cos’è un viaggiatore di circuiti?
Un sorriso di compatimento. — I viaggiatori sono persone come me, persone che possono fare delle cose. Possono fare cose con le comunicazioni, amico. Noi siamo nei sistemi. La gente come te si limita a fare chiamate che attraversano i circuiti, a lanciare segnali che si muovono. Ma voi assomigliate a topi che trovano la via perché hanno memorizzato il labirinto; tutto quello che vedete sono le pareti del dedalo, nient’altro. Il trucco sta nel portarsi sopra il labirinto, imparare a gestirlo e fare così quello che tu vuoi.
— Ho capito — Axxter non riusciva a mascherare la propria delusione. — Stai parlando di manipolazione telefonica. Intercettazioni, censure e roba simile.
— Ehi, vaffanculo, amico — Fellonia sembrava davvero offesa. — Non attribuirmi questa roba… è tutta antichità, schifezze che si facevano prima della Guerra. Quei coglioni, i guastatori e altri gruppi che lavorano sulle comunicazioni, possono sbattere via il loro tempo con quella spazzatura se vogliono; inseguendosi l’un l’altro e introducendosi nei rispettivi archivi. Io ho cose molto più importanti di cui occuparmi. Io ho un territorio.
— Cosa diavolo vuol dire? — Doveva continuare a farla parlare.
— Adesso ti spiego. Significa che non ho bisogno di raccogliere intorno a me un branco di metodisti, solo per guardarmi il culo mentre lavoro. Fellonia è un lupo solitario nella rete di comunicazione, amico; non c’è nessun altro oltre a me. — Un largo sorriso accompagnò il tono orgoglioso della sua voce. — Ci sono dei circuiti in cui nessuno può introdursi, se non io. Ecco perché mi sono così incazzata quando ti ho beccato su quella linea, mentre facevi la tua chiamata. Non tollero molto bene le intrusioni; mi va subito il sangue alla testa, amico. Quelle linee sono mie.
Axxter pensò che si riferisse a qualche parte della rete telefonica che correva attraverso l’edificio. li fuori, nel bel mezzo di nessun posto. — E cosa le rende tue? Il solo fatto che nessun altro le usa?
Fellonia scosse il capo, ancora sorridendo. — No, no, è più di questo; molto più di questo. Io ho incrinato l’interfaccia. Sono nata in grado di fare una cosa simile, ho solo dovuto scoprire quanto fosse grande il mio potere. E ho imparato che posso fare qualunque cosa sulle linee… voglio dire, chiunque può intromettersi nelle linee, è proprio questo che significa avere un terminale nel cervello. Il trucco sta nell’essere in grado di insinuarsi nella testa di qualcun altro. Quando sei capace di fare questo, non c’è niente che ti possa fermare.
Era davvero una bambina, pensò Axxter. Era piuttosto facile farla abboccare usando l’esca del vanto e farsi raccontare ogni cosa. Ecco quello che si diventava a passare tutta la vita sulle linee , come diceva lei, incasinando quel labirinto di circuiti elettronici. Niente altro se non giochi, una specie di esistenza cristallizzata alla Peter Pan. Tutti, sia sul verticale che sull’orizzontale, conoscevano quel piccolo mondo che esisteva dall’altra parte dei telefoni.
Ci si poteva perdere facilmente un po’ di tempo — c’era sempre un invito ad “andare e giocare”, una mentalità davvero infantile — con il conseguente rischio di rimanerci intrappolati. E spendere il resto della vita là, dove il corpo diventa inutile, e ci si ritrova a giocare sui circuiti come bambini, cercando di divertirsi con gli elettroni.
— Allora è questo il trucco? — Suonava proprio una cazzata; doveva essere matta. — Come puoi fare una cosa simile? — Doveva farle dire tutto quello che poteva… per esempio, come riuscisse a penetrare sotto la superficie dell’edificio e altre informazioni utili… e poi ripartire.
Lei sembrava compiaciuta, molto soddisfatta di sé. — Lo faccio e basta. Il trucco è far sì che qualcuno si avvicini abbastanza a una presa di cui ho il controllo esclusivo, così lo posso catturare. Come questo corpo — E si premette il dito contro il petto. — Questo non è mio. Be’, adesso lo è, ma non è quello con cui ho cominciato. Ne ho avuti molti, circa una dozzina, tutti presi in varie parti dell’edificio. Mi tengono molto occupata, perché devo continuare a muovermi per prendermi cura di loro; devono essere nutriti e roba simile. Questo è l’unico che ho preso sulla zona sconosciuta. Mi ci è voluto parecchio tempo per acciuffarlo; ho utilizzato della vecchia musica pre-bellica che ho trovato in un archivio. L’ho suonata attraverso una presa che ho trovato qui intorno e che aveva un’uscita audio; doveva aver fatto parte di un sistema che serviva a comunicare con le masse. Sono rimasta lì per giorni, in agguato sulla linea, aspettando che passasse qualcuno, sentisse la musica e si avvicinasse a sufficienza alla presa. Stavo quasi per arrendermi quando è arrivata questa. Appena si è avvicinata l’ho agguantata ed è stata mia.
Era un bello schifo, sia che quella storia fosse vera o meno. Trasformarsi da un freddo segnale su una linea telefonica a un corpo caldo e vivo. Se davvero poteva farlo… Sarebbe stato molto meglio che fosse impossibile. Ma non voleva farle capire cosa pensava davvero. — E cos’è successo alla donna? A quella che abitava il corpo in precedenza?
Fellonia fece spallucce. — È morta, credo. Se ti impossessi del corpo di qualcun altro, non impieghi molto tempo a liberarti di lui e a possederlo del tutto. A un certo punto non c’è più e basta.
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