K.W. Jeter - L'addio orizzontale

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L'addio orizzontale: краткое содержание, описание и аннотация

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Nella letteratura gialla, si sa, c’è stato
di Raymond Chandier, e in fantascienza
di Leigh Brackett, che in Italia è stato tradotto, purtroppo, con un altro titolo. Sono metafore suggestive, un modo laconico per attirare la nostra attenzione su avventure disperate, forse ai confini del possibile, ma non per questo meno profondamente umane. È perciò che, giocando sulle parole, abbiamo deciso di tradurre letteralmente il titolo di questo romanzo di K.W. Jeter: una storia intensa che ci ricorda i maestri del cyberpunk e dove ogni azione, ogni personaggio sembra fare il doppio gioco, in un intrigo che si risolve solo alla fine. Jeter è più che una promessa della fantascienza, e non esitiamo a raccomandare L’addio orizzontale ai nostri lettori come una storia «diversa» , forte e insolita, ma credibile e senz’altro avvincente come un romanzo hard-boiled.

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— Cosa? — La voce della donna era triste e allegra contemporaneamente. Aveva già sentito quella frase, da tutti loro. — Spero sinceramente che sia vero. Saresti in grado di farne buon uso.

Ci vollero un paio di minuti per caricare il codice d’animazione. — Accidenti — disse la ragazza quand’ebbe finito — questo è qualcosa di grosso.

Lui non poté trattenersi dal ridere: la donna conosceva tutte le vecchie linee. — Tutti i miei lavori sono grandi, dolcezza. Rispecchiano la mia personalità.

Rise anche lei. — Sii serio, hai davvero un grosso lavoro per le mani?

— Te l’ho detto. — Nelle ultime ventiquattr’ore era rimasto sveglio solo per mettere a punto il codice. E avrebbe potuto dormire solo quattro ore prima di dover incidere gli schemi sull’armatura del vecchio guerriero e sul biofoglio. Tutto questo, dopo ore e ore in cui aveva ascoltato storie di guerra per creare i progetti finali per quel vecchio “pezzo” di storia. Aveva gli occhi pieni di sabbia e ai margini, appena visibili, vedeva danzare strane e confuse figure. L’ultima volta che gli era successo, aveva imparato che, sfregandosi gli occhi, li avrebbe fatti sanguinare. — Questa è una vera svolta per me.

— Mhmm… ci credo. — Il tono della voce della donna si abbassò di un’ottava. — Per chi stai lavorando?

Axxter, malgrado la stanchezza, sentì un campanello d’allarme. — Oh… una nuova tribù emergente. Hanno avuto forti finanziamenti. Capitali dalle alte sfere. — Era meglio essere molto prudenti. Non pensava che lei l’avrebbe fregato — gli avrebbe spezzato il cuore — eppure… Le cose facevano in frettissima a complicarsi se non si stava sempre all’erta.

L’anticipo del Generale Cripplemaker aveva aumentato il suo conto corrente al massimo livello che avesse mai toccato nel corso della sua storia. Guardava i numeri che scorrevano all’indietro ai margini del suo schermo mentre ne trasferiva una cospicua quota al Consorzio. Sufficiente per i costi organizzativi del codice e per la sua trasmissione protetta per il successivo periodo di sei mesi.

— Vuoi che cominci immediatamente?

Axxter scosse il capo. — No, c’è un momento preciso in cui dovrà partire — Cripplemaker aveva già discusso con lui i dettagli del banchetto, fino alla cerimonia di presentazione in cui avrebbero mostrato il vecchio guerriero. La scusa era quella di assegnare al veterano qualche altra medaglia — per l’ottima condotta, per lo scarso assenteismo e per qualcos’altro ancora — ma in realtà volevano rivelare il suo nuovo ruolo. Il megassassino sarebbe stato colpito da un fascio di luce poco prima che l’animazione prendesse vita: un coro di stupite esclamazioni si sarebbe alzato da ogni tavolo. Sapeva bene che con le tribù militari una perfetta messa in scena era fondamentale. Axxter estrasse un pezzo di carta dalla tasca della giacca e glielo lesse. — Proprio in questo preciso istante.

— Sarai servito — La voce della donna si abbassò, divenne un sussurro, quasi un bacio. — Ehi… buona fortuna.

— Già, grazie. — Lei era già sparita, sostituita dal costo della chiamata. Una parte da pagare al Sindacato delle Comunicazioni che aveva allacciato il collegamento all’inizio, il resto al Consorzio che era subentrato una volta che aveva superato l’edificio e aveva raggiunto l’angolazione adatta per poter trasmettere.

Dovresti dormire un po’. Lo sapeva; mancavano più o meno sei ore al banchetto. Stavano già preparando le tende da cerimonia, quando Axxter scivolò fuori dall’accampamento e si allontanò a bordo della sua Norton per poter stare un po’ da solo. Cripplemaker voleva che lui fosse là come ospite d’onore. Ovviamente, con qualche limite: senza uccidere qualcuno non si poteva mai avanzare molto agli occhi delle tribù. Le alte sfere, comunque, avevano un certo rispetto per gli artigiani.

Distrattamente, si sfregò gli occhi, ma vide con sollievo che le sue dita non erano macchiate di sangue. Desiderò non aver fatto un lavoro di precisione così accurato, terminando il codice e trasmettendolo. Aveva dedicato gran parte delle ultime ore a rifinire e perfezionare della dannata merda che non si sarebbe potuta vedere senza un sofisticato microscopio. Ben distante dal livello di percezione di un pubblico grezzo come quello. Lascia perdere, e vedi di non farteli scappare. Il grande colpo, la svolta.

Dormire. Non gli restava che accovacciarsi nel suo sidecar e programmare il suo nervo ottico perché lo svegliasse dopo circa cinque ore. Aveva un sacco di tempo.

Ma sapeva che non sarebbe mai riuscito ad addormentarsi. Era troppo agitato. E l’eccitazione era più forte della stanchezza.

Avrebbe potuto uscire dal proprio corpo… aveva il denaro necessario. Valutò l’idea di fare una breve visita alla sua fidanzata, ma decise che non era il caso. Non voleva che il suo umore venisse minato dalle sue solite menate.

Oppure avrebbe potuto rivolgersi a Guyer, dovunque fosse sul muro. Sarebbe stato carino. Si paga, ma si ha qualcosa di… davvero piacevole.

Stava riflettendo, combattuto su quello che avrebbe dovuto fare, quando gli si illuminò una lampadina.

Chi sogna il nulla resta sempre spaventato…

Uno di quei maledetti consigli che erano stati programmati dal proprietario precedente.

…come chi denuncia colpe private, ma non si aspetta alcun riconoscimento per i suoi meriti.

Cristo, che cazzo voleva dire? Lasciò che quel discorso proseguisse.

Simili persone sono meravigliosamente superstiziose quando osservano ogni minimo fatto che accade loro; e la loro superstizione li tormenta con la forza di mille furie. Mai in questo mondo potranno godere di un giorno felice finché ne saranno schiavi. Le orecchie di questi individui non potranno mai udire davvero, o il loro naso prudere e gli occhi brillare: il loro destino è nelle mani della superstizione e fino a quando non saranno capaci di liberarsene saranno degli infelici e dei miserabili.

Le parole scivolarono via, nel silenzio. Bene, vaffanculo… lo avevano lasciato stordito.

Accucciato vicino alla sua moto e agganciato a uno dei cavi di transito, lasciò vagare lo sguardo attraverso il cielo scuro. Lei era là, l’angelo; poteva vederla in lontananza. Gli ultimi raggi del sole che si dirigeva verso l’altra parte del mondo la illuminavano ancora: come una piccolissima luna di cui ricordava ancora il viso.

8

Il Generale lo agguantò mentre si stava facendo largo tra la folla per entrare nella tenda da cerimonia. Cripplemaker gli urlò nelle orecchie, superando il rumore delle fanfare e dei tamburi. — Dove diavolo sei stato? — Axxter sentì uno sputo colpirgli il lobo. — Hai solo dieci minuti! Prima che entri!

— Sono dovuto uscire…

— Cosa? — Il viso del Generale era rosso, segnato da piccoli capillari che sporgevano. — Parla più forte!

Una fila di guerrieri che ballava il conga lo spinse quasi via e dovette togliersi un braccio peloso dalla vita per liberarsi. La fila batteva i piedi e si dimenava tra la folla, fingendo di prendere a pugni facce sorridenti.

Axxter si avvicinò al Generale. — Sono dovuto uscire per andare a prendere la mia attrezzatura. — Il Generale annuì; una parte del palco dell’orchestra era crollato, facendo cadere i suonatori di corno tra la folla, creando il caos anche all’interno della tenda. Axxter sventolò il pezzo di cartoncino quadrato che aveva in mano. — Dovevo prendere il mio invito. Il servizio di sicurezza, uff!, non mi avrebbe mai fatto entrare senza. — Si grattò la schiena dove qualcosa di duro e tondo, forse la testa di un uomo, gli aveva dato fastidio. Era scoppiata una lite furiosa e nelle mani di qualcuno si vedevano risplendere delle lame; si allontanò per evitare quell’onda d’urto che si allargava a macchia d’olio.

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