Il direttore non disse altro, finché le guardie non furono uscite. Il Mago lanciò un’unica occhiata a Nils, poi aspettò rassegnato che Jase si appoggiasse allo schienale della sedia e affrontasse il problema.
— Signor Restak — disse infine Jase — vi rendete conto dell’impressione che susciterete quando sarete processato?
Il Mago sembrò sorpreso. Sul viso gli tornò un po’ di colore. — Ci ho riflettuto — disse.
— Se una volta nella vita qualcuno tira fuori sciocchezze del genere, è solo una bizzarra curiosità. Due volte in sette anni… — Scosse la testa. — Potrebbe essere imbarazzante. Potrebbe. Non lo so. — Il Mago lo osservò in silenzio, come se cercasse di udire quel che Jase non diceva.
— La visione è finita — disse infine a bassa voce. — Terra è morta, io sono tornato indietro. Non ci sono state comunicazioni fra il Pianto volante e la lancia, dopo.
— No.
— Quindi non ho idea di cosa… — Si interruppe, cercando le parole. — Di quanto abbiate capito.
Jase si chinò sulla scrivania. Con la coda dell’occhio scorse Nils ingobbirsi ancora di più sul proprio lavoro, cercando di non ascoltare, senza nessuna voglia di ascoltare. Emise un sospiro. — Signor Restak, non sono pagato per capire. Sono pagato per occuparmi di cose che succedono o che non succedono. So quel che è successo sulla lancia. Sto solo cercando di stabilire quanta importanza debba rivestire per me.
Il Mago aprì bocca per parlare, poi si bloccò. I suoi occhi erano cambiati. — Credete…
— No. Ho visto, signor Restak. — Si interruppe, ripeté piano, quasi a se stesso: — Ho visto. — Dentro di sé rivide l’immagine che Terra e il Mago gli avevano piantato nella mente, la creatura che spiegava le sue vele scintillanti sul nero mare tenebroso fra i soli. Mentre la terribile stanchezza gli svaniva dagli occhi, il Mago sembrò leggere la mente di Jase, sembrò osservare anche lui la creatura. Per un istante l’ufficio si riempì di un tranquillo silenzio infinito. — Il punto è, signor Restak — continuò Jase — che io sono seduto qui nel mio ufficio, e voi siete lì in piedi con sei guardie in attesa di scortarvi di nuovo in cella di sicurezza. Il giornale di bordo della lancia è ambiguo, e il signor Fisher dopo tutto è amico vostro, e quindi inattendibile. Il punto è, signor Restak, cosa devo fare di voi, perdio?
Il Mago cambiò leggermente posizione, come se la domanda di Jase gli avesse fatto perdere l’equilibrio. Nils ormai non faceva nemmeno più finta di ascoltare.
— Be’ — disse finalmente il Mago, con il viso impassibile che mascherava la speranza, giocando il suo ultimo jolly. — Non volevate un trasferimento?
Jase e Sidney Halleck erano seduti al bancone di mogano del Constellation Club e sorseggiavano birra. Erano le tre e un quarto del mattino. Nel club non c’era nessuno, a parte il Mago che suonava qualcosa di gentile e complicato sul palco più vicino. Era passato un anno dall’ultima volta che Jase l’aveva ascoltato suonare. Aveva creduto che l’ambiente terrestre, pieno di colore e di frastuono, avrebbe fatto sbiadire i suoi ricordi della vita trascorsa nello spazio. Ma si ritrovava sempre a bere birra a denti stretti.
— Su quel palco ho messo da poco un pianoforte nuovo — disse Sidney, covando con gli occhi il Mago e lo strumento. — Di antica fattura tedesca, molto bello. Pare che al Mago piaccia.
— È abbastanza grande — disse cortesemente Jase.
— I Nova si sono esibiti qui stasera in ricordo dei vecchi tempi. Se foste arrivato un po’ prima, avreste potuto ascoltarli. Il Mago non si è ancora accorto che lo spettacolo è finito… Partiranno domani per il Settore Arcipelago.
— Vengo proprio da lì.
— Bello, no?
Jase annuì. — Credo di essermene andato appena in tempo.
Lo sguardo di Sidney vagò dal palco al viso di Jase. — Posso dirgli di smetterla — suggerì. Jase scosse la testa, provando una sensazione di rilassamento sotto lo sguardo tranquillo di Sidney.
— No — sospirò. — E solo che… non mi sento mai veramente tranquillo vicino al signor Restak. A vederlo lassù, sembra abbastanza inoffensivo. Ma dove c’è lui succede sempre qualcosa. Non l’ho più visto da quasi un anno. Presento le dimissioni, per un po’ giro il mondo, a un certo punto mi capita una sosta di sei ore in piena notte, e allora vengo qui a farvi una visitina. Varco la soglia e scopro che questa è l’unica serata in cui il Mago e i Nova suonano qui. Non sono paranoico, e nemmeno molto dotato d’immaginazione. Ma quell’uomo mi fa sentire a disagio.
Sidney si chinò sul bancone, prese un bicchiere pulito dalla rastrelliera e lo sistemò sotto un’antica spina da birra. Abbassò la maniglia e un rivolo di birra scura riempì lentamente il bicchiere. — Direi che è comprensibile. La sua libertà vi è costata il lavoro.
— No — disse Jase onestamente. — Non la metterei in questo modo.
— Vi siete rifiutato di presentare accuse.
— Non si è trattato di questo. La scheda del Mago era candida come la neve; c’era una multa per eccesso di velocità, forse una per divieto d’attracco. Tutto qui. I poliziotti erano furiosi con lui perché era stato abbastanza furbo da chiuderli dentro per qualche ora. Ma erano pur sempre gli stessi uomini e le stesse donne che avevano voluto assistere al suo concerto. Lui non ha fatto male a nessuno. Sono stato io a portare Terra fuori da Averno. Il Mago aveva commesso qualche infrazione, ma non era un criminale, non c’erano risentimenti profondi contro di lui. E io ho avuto l’appoggio di Aaron, quando mi sono rifiutato di presentare accuse. E avevo inoltre la mia reputazione personale. Che contava qualcosa. No. C’era un solo particolare che esigeva un prezzo. E un prezzo maledettamente caro.
— L’alieno — disse quietamente Sidney.
Jase annuì. — Nel momento in cui avanzai l’ipotesi che forse Terra Viridian non era affatto pazza, in quel momento decisero che il pazzo ero io.
— C’era davvero?
— Che cosa?
— L’alieno.
Jase puntò lo sguardo sul Mago che era ancora assorto nella sua musica. — L’ho lasciato andare, no?
Sidney mormorò qualcosa. Posò sul banco il bicchiere pieno di birra. Jase ne bevve un sorso. Gelata, color melassa, con una corona di schiuma bianca… per un attimo rese piacevole anche la musica del Mago. Jase si pulì le labbra. — È tutto quello che volevo.
— Cosa? — disse Sidney, sorridendo.
— Nove anni trascorsi come direttore di Averno, e tutto quello che volevo davvero era una birra alla spina gelata.
— Può darsi — mormorò Sidney. Il sorriso gli svanì dal viso; i suoi occhi, gravi e meditabondi, cercarono di nuovo il pianista. — Senza di voi, sarebbe ancora là. Su Averno, a dimenticare nota dopo nota tutta quella musica… Da amico, sono lieto per lui che lassù ci foste voi. Chiunque altro avrebbe…
— Ah… — lo interruppe Jase, scrollando le spalle. — Mi sentivo in trappola, su Averno. Volevo uscirne. Il mio vice era la persona adatta a cui affidare l’incarico, quindi non ho avuto rimorsi. Ho detto all’UIGLM che sarebbe stato un direttore molto in gamba, e loro hanno inghiottito amo, piombo e lenza. Nils non ama molto gli alieni, ma a parte questo è all’altezza del compito.
— Adesso cosa farete? Non vi ci vedo a fare il turista per tutta la vita.
— Quando troverò un posticino tranquillo con sole, acqua e la possibilità di pescare, aprirò un piccolo ufficio privato di investigazioni e consulenza. Mi piace lavorare a contatto con la gente… — Bevve un’altra sorsata di birra. Un brano di musica veleggiò nella sua mente, così dolce e misurato che gli sembrò di udirlo con l’orecchio del Mago. Lo riconobbe; era come una chiave che liberava i ricordi. Alzò lo sguardo, quasi aspettandosi di udire la propria voce ripetere quel brano come una parola d’ordine.
Читать дальше