Patricia McKillip - Voci dal nulla

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Rinchiusa nell’Avemo, il più impenetrabile carcere orbitale di massima sicurezza dell’intera galassia, Terra Viridian sconta la sua condanna senza poter sfuggire alla visione che le ha fatto massacrare senza motivo apparente più di millecinquecento persone. Una visione apocalittica, che lei stessa non comprende e all’esistenza della quale nessuno crede, ma la cui voce può significare un contatto totalmente nuovo per il genere umano. La scena cambia quando intorno a Terra iniziano ad agire strani personaggi: il Mago, capace di suonare Bach per ore e ore immerso in una profonda trance, Aaron, il poliziotto alla ricerca della gemella di Terra -Viridian misteriosamente scomparsa, e la Regina di Cuori, la musicista mascherata in grado di plasmare sonorità sempre nuove. Solo quando tutti questi destini si incroceranno nell’Averno, guidati da una voce a loro sconosciuta, arriverà il momento di giocare l’ultima partita.

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Jase si strofinò gli occhi. — Sembra facile, no?

— Tutto chiaro. — Si interruppe, guardando Jase. — Quindi, dov’è il problema?

Jase lasciò ricadere la mano. Sulla soglia c’era il dottor Fiori. — Direttore Klyos?

— Avanti. — Si raddrizzò.

— Direttore Klyos, mi dispiace d’avervi assalito con una domanda così poco felice, ma volevo solo…

— Non pensateci più. Dottor Fiori, vorrei esaminare i nastri della Macchina dei Sogni riguardanti la visione di Terra.

Il dottore emise un suono soffocato e amaro. — Li ha distrutti.

— Chi? Terra?

— Sparando per aprirsi la strada. Non c’è più niente di recuperabile, nei nastri o nel computer.

Jase brontolò qualcosa.

— Prego?

— Ho detto che quadra.

Il dottor Fiori si avvicinò di un passo, guardandolo attentamente. — Perché? Ha fatto… Ha detto qualcosa, o ha fatto qualcosa mentre era con voi, che ritenete significativo? Importante?

— In un certo senso. — Si appoggiò di nuovo allo schienale, con aria stanca. — Penso che… sia rinsavita, proprio prima di morire. È arrivata alla fine della visione, ed è tornata… normale. — Rivolgendosi a Nils, che sembrava vagamente a disagio per quel discorso nebuloso, aggiunse: — È tutto registrato sui nastri della lancia.

— Cos’ha fatto? — mormorò il dottor Fiori.

— Ha dato il fucile al signor Fisher e gli ha chiesto di perdonarla. Gli aveva ucciso la moglie nel Settore Deserto, sette anni fa. È stata l’ultima cosa che ha detto. Ha semplicemente smesso di vivere.

Nils emise un fischio. — Abbiamo fatto venire Fisher quassù per fargli passare un’esperienza del genere?

— Nils, sono cose che è meglio dimenticare.

— Ma perché? — chiese il dottor Fiori. — Perché l’ha fatto? Ha ammesso il suo crimine, ha accettato la colpa, la responsabilità del dolore di un’altra persona… la donna che ho esaminato qui non ne sarebbe mai stata capace. Perché è cambiata? Direttore Klyos, cos’è accaduto nello spazio? Qualcosa dev’essere successo.

Jase lo guardò. — Secondo voi cosa può averla spinta a comportarsi così?

— Si è resa conto che sua sorella Michelle era in pericolo a causa dell’evasione, ha capito la propria colpa, ha accettato la responsabilità delle proprie azioni. Ha smesso di fuggire, si è girata ad affrontare quello che aveva fatto e… non so… avrà deciso che non voleva vivere con la sua colpa.

Jase brontolò: — Sembra plausibile.

— È questo che è successo?

— Più o meno. — Nils gli lanciò un’occhiata penetrante, poi si alzò e si accostò alla propria scrivania, volgendo le spalle a Jase. Il dottor Fiori fissò Jase, mordicchiandosi il labbro inferiore, perplesso.

— È arrivata alla fine della visione — ripeté. — Avete detto così, direttore Klyos. Avete usato il suo linguaggio.

— Già — disse Jase, sorpreso.

— Cos’è successo?

— Dottor Fiori, quando lo scoprirò ve lo farò sapere. Ve lo prometto. Ora, se volete scusarmi, dovrei prendere alcune decisioni.

Il dottor Fiori si girò per uscire. Si fermò alla porta. — Direttore Klyos, se era tutto… se era tutto così semplice… allora quale demone si è impadronito del musicista?

— Ottima domanda — disse Jase, e non rispose. Quando il dottor Fiori fu uscito, si rivolse alla schiena di Nils. — Sidney Halleck è ancora in viaggio?

— No. Quando avete detto che il Mago tornava indietro, ho rimandato la spaziomobile sulla Terra. Non mi è sembrato necessario far venire qui anche lui. — Si girò finalmente a guardare Jase, e chiese incuriosito: — Cos’è successo a Terra? Cos’è successo a voi?

Il Mago, sotto buona scorta, era occupato a registrare per Scalo Uno tre brani di Bach sulla tastiera del Pianto volante , quando Aaron salì a bordo. Alcune guardie sostavano all’esterno del portello aperto; seguirono con lo sguardo Aaron che percorreva la rampa, ma non lo fermarono. Altre due guardie, armate di fucile, si trovavano all’interno.

— Lo sorveglio io — disse Aaron. Le guardie si scambiarono un’occhiata. Lui aggiunse: — L’ho riportato indietro, no? Tutto intero, in modo che possiate far uscire ancora le spaziomobili. Datemi dieci minuti.

— Cinque minuti, signor Fisher — disse infine uno dei due. — Ma prima lasciategli terminare il nastro.

Aaron si appoggiò alla paratìa, perché non se la sentiva di sedersi. Chiuse gli occhi; per un momento riordinò passato e futuro. Era di nuovo allo scalo del Settore Costadoro; il Mago, con la schiena rivolta alla luce del mattino, suonava musica; per un istante ci fu ancora un futuro. Aprì gli occhi, udendo l’intercom gracchiare.

— Dovremmo esserci. Restate lì finché non ne siamo sicuri. Lo facciamo girare di nuovo.

Il Mago restò immobile, in ascolto. Il nastro di Scalo Uno ripeté le parole d’ordine, identiche fino all’ultima nota.

— Perfetto — disse.

— Grazie, signor Restak. Ci auguriamo che gradirete la lunga permanenza che vi aspetta in questo luogo pieno di aria riciclata, luce artificiale e alloggiamenti grandi come bare. Dite addio alla tastiera.

Il Mago abbassò lo sguardo sui tasti. Le sue spalle sobbalzarono leggermente come sotto un tocco gelido. Aaron capì all’improvviso che il Mago non l’aveva nemmeno sentito entrare.

Si sentì la gola chiusa, dolorante, ma si sforzò di parlare. — Magico Capo.

Il Mago si alzò. Tenne la mano sospesa sulla tastiera, la sfiorò appena, senza trarne alcun suono. Poi la ricoprì con cura, lanciò un’occhiata circolare alla spaziomobile, e infine guardò Aaron.

— Riportamelo tu a casa, ti spiace?

Aaron, abbandonato contro la paratia, rimase di nuovo in silenzio. — Mi spiace — mormorò. — Mi spiace.

Il Mago esaminò l’amico, o la situazione, spassionatamente. — Non venderlo, per il momento. — Teneva gli occhi sbarrati, come se avesse ancora visioni; il viso era pallidissimo.

— Non c’è nessuna possibilità che Klyos ti lasci andare. Ci sono io come testimone. C’è il giornale di bordo della lancia… anche la flotta d’inseguimento era in contatto, alla fine… — Il Mago scosse leggermente la testa e Aaron si interruppe.

— Ancora non posso pensarci — disse in tono lamentoso. — Quando lei… quando Terra è morta…

— Hai condiviso le sue sensazioni? — mormorò Aaron.

— Non ero mai morto prima.

— La maggior parte della gente non sa cosa vuol dire… Muore prima di… — Ci rinunciò con un gesto di stizza. — Klyos…

— Non potrebbe mai presentarsi in tribunale a parlare di un alieno su un altro pianeta, e continuare a essere direttore di Averno.

— Io lo costringerò. Lo assillerò. Stiamo parlando di verità, di giustizia, di legalità…

— Stiamo parlando di un alieno — disse pazientemente il Mago — e in qualsiasi modo ne parliamo sembrerà sempre che ci comportiamo esattamente come Terra: questo era nella visione; questo nella visione non c’era; la visione è finita.

— Lo sospetti soltanto? — chiese Aaron avventatamente. — O hai già visto che accadrà?

Il Mago lo guardò in silenzio. — Sto facendo un’ipotesi fondata — disse stancamente. — Sono troppo sfinito per avere ancora visioni. Gli altri quattro probabilmente non hanno nulla da temere. M’importa solo questo, per il momento. È me che vogliono. — Lanciò un’occhiata al portello, sentendo un rumore di passi. Aaron non si mosse, rifiutandosi ancora per un istante di concedere ad Averno tutto il passato del Mago.

— No.

Un guizzo attraversò l’insolita tenebra che velava gli occhi del Mago. Il musicista toccò leggermente Aaron. Sembrò di nuovo quasi umano. — Hai parlato con Michelle?

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