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Patricia McKillip: Voci dal nulla

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Patricia McKillip Voci dal nulla

Voci dal nulla: краткое содержание, описание и аннотация

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Rinchiusa nell’Avemo, il più impenetrabile carcere orbitale di massima sicurezza dell’intera galassia, Terra Viridian sconta la sua condanna senza poter sfuggire alla visione che le ha fatto massacrare senza motivo apparente più di millecinquecento persone. Una visione apocalittica, che lei stessa non comprende e all’esistenza della quale nessuno crede, ma la cui voce può significare un contatto totalmente nuovo per il genere umano. La scena cambia quando intorno a Terra iniziano ad agire strani personaggi: il Mago, capace di suonare Bach per ore e ore immerso in una profonda trance, Aaron, il poliziotto alla ricerca della gemella di Terra -Viridian misteriosamente scomparsa, e la Regina di Cuori, la musicista mascherata in grado di plasmare sonorità sempre nuove. Solo quando tutti questi destini si incroceranno nell’Averno, guidati da una voce a loro sconosciuta, arriverà il momento di giocare l’ultima partita.

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— No. — Aaron guardò con rabbia il pavimento, avvertendo la sorpresa del Mago. — Anch’io sono spaventato — ammise schiettamente. Le guardie rientrarono nella spaziomobile. Fecero un cenno silenzioso, perentorio. — Dove lo portate? — chiese Aaron, guardando l’amico scendere la rampa. Il Mago ammiccò un pochino, a metà strada, come se fosse uscito bruscamente alla luce.

— Sicurezza AC, livello B.

— Sono lì anche gli altri?

— Sono tornati agli alloggi per gli ospiti — disse la guardia da sopra la spalla. — Sotto sorveglianza.

Aaron si soffermò vicino al portello finché il Mago, affiancato da sei guardie, ebbe attraversato il molo e fu scomparso. Senza guardarsi indietro. Sentì un bizzarro senso di vuoto spalancarsi alle sue spalle; il Pianto volante , spogliato di ogni magia e musica, era solo un’altra vecchia spaziomobile piuttosto sciupata. Un bisogno irresistibile lo spinse a muoversi.

Quando si fermò davanti agli alloggi degli ospiti, sentì sul viso un leggero velo di sudore freddo. Le guardie, riconoscendolo dall’uniforme di settore, aprirono la serratura della porta. Quasar passeggiava avanti e indietro aspirando fumo, il Professore se ne stava accartocciato tristemente su una sedia, Nebraska traeva con le labbra un sommesso lamento malinconico da un piccolo strumento rettangolare. Michelle, raggomitolata in un angolo del divano, sollevò la testa, scostandosi i lunghi capelli dagli occhi.

Aaron sentì che tutte le parole gli svanivano dalla mente. Incontrò gli occhi di lei, incapace di reagire, di muoversi, di parlare. Non riusciva a scorgere l’espressione che lei aveva sul viso; la vista gli si era leggermente annebbiata.

— Ti ho cercata… ti ho cercata per sette anni — disse infine, con l’impressione che fosse un altro a parlare. — Non so perché sia così spaventoso superare questi ultimi due metri. C’è una cosa che devo assolutamente dire. L’ultima cosa che Terra… che Terra disse a me. — Udì debolmente la sua voce, in lontananza, una domanda. — Perdonami.

Allora riuscì a camminare alla cieca verso di lei, sperando che fosse lì a incontrarlo, dove il passato terminava e iniziava il futuro.

Jase era seduto in ufficio e guardava corrucciato le parole sullo schermo.

Complotto…

Assalto…

Distruzione…

Fallimento…

Morte…

Tutte appropriate. Tutte vere. Eppure in un certo senso tutte imprecise.

Nils lavorava in silenzio alla propria scrivania, occupandosi dei rapporti, sforzandosi di inviare le spaziomobili a disposizione dov’erano indispensabili finché perdurava il blocco dello scalo principale. Sembrava dimentico di tutto; però, quando Jase cancellò tutto ricominciando da capo per la quarta volta in un’ora, commentò: — In genere non vi ci vuole tanto tempo per fare un rapporto. Di solito li fate di getto, a voce.

— Sono stanco — disse aspro Jase. Nils sollevò la testa, mantenendo un’espressione accuratamente neutra.

— Limitatevi a riferire — suggerì. — A raccontare cos’è successo. Avete prove sufficienti a far rinchiudere il Mago per buona parte della sua vita.

— Lo so.

— È vero.

— Lo so.

— Aaron Fisher…

— Aaron — ripeté piano Jase. Nils inspirò una o due volte, per calmare la confusione o, pensò Jase, la collera provocata da un comportamento non proprio ineccepibile, che tradiva una sorprendente debolezza. “Lui sa”, pensò Jase. “Odia saperlo, ma lo sa. Che il linguaggio che mi serve per questo rapporto non compare da nessuna parte.”

— Aaron Fisher è stato al vostro fianco per tutto il tempo. Farà il suo rapporto; confermerà il vostro. È tutto chiaro, dall’inizio alla fine.

Jase si appoggiò allo schienale, accorgendosi che cominciava ad andare in bestia. — Maledizione, Nils, l’unica cosa chiara in questa faccenda è che se dico la verità perdo il posto.

Nils lo fissò. Diventò tutto rosso. — No — disse. — Non potete dirmi questo. Non potete nemmeno insinuarlo. Che questa… faccenda della visione… che Terra era… non era…

— Io potrei anche non dire niente — disse Jase, fissandolo negli occhi. — Ma ho idea che Aaron dirà tutto.

Nils si alzò a mezzo, si lasciò ricadere sulla sedia. Jase guardò la furia del suo vice calmarsi lentamente. Alzò le mani sulla tastiera, sfiorò i tasti, poi le lasciò ricadere. Si chinò in avanti, prendendosi il viso fra le mani. Quando Jase riuscì a guardarlo di nuovo in viso, sembrava intontito.

— Merda.

— Proprio così — concordò Jase.

— Non ne voglio sapere niente.

— Me l’hai detto tu di limitarmi a raccontare cos’è successo.

— Non può essere vero.

— D’accordo. — Si strinse nelle spalle. — Metterò il Mago nell’Anello Chiaro, e la faccenda sarà chiusa. Oppure dirò quel che è accaduto realmente, e tu avrai il mio…

— Se lo fate — lo avvisò Nils — vi faccio saltare i denti. — Poi emise un sospiro, e il suo viso segnato mostrò tutta la tensione delle ultime ore. Diede un’occhiata allo schermo, batté due o tre ordini. Lasciò ricadere le spalle, fissò Jase.

— Ci sono cinque cadaveri all’obitorio. È stata Terra, prima di andarsene.

— Lo so — disse Jase.

— Ha distrutto le roboguardie. Per non parlare di qualche decina di monitor e di quest’ufficio.

— Lo so.

— Il Mago ha effettivamente bloccato due terzi delle spaziomobili operative della Stazione Comando di questa zona. Poteva essere una catastrofe.

— Sì.

— Voi e il signor Fisher l’avete inseguito da soli, e disarmati. L’avete riportato indietro.

— Sì — disse pazientemente Jase.

— Be’ — disse Nils, alzando di nuovo la voce — non vi daranno certo una medaglia, se vi metterete a parlare di visioni! Attenetevi ai fatti! Non avete da fare altro. Nessuno vuole altro, da voi.

Jase rimase silenzioso, fissando il suo riflesso scuro sullo schermo vuoto. C’è il giornale di bordo della lancia, pensò; e ricordi delle ricche, vivide immagini aliene gli passarono per la mente. Fuoco e acqua… il gigantesco sole rosso splendente attraverso il vapore sopra un mare tormentato… l’enorme nave vivente che sollevava lentamente le ali… Chissà se in un prossimo futuro un poliziotto in normale servizio di pattuglia su una spaziomobile attorno allo straordinario pianeta da cui era partito avrebbe intercettato quella creatura e avrebbe perso la voce per il terrore e la meraviglia. “Siamo nati circondati da misteri”, pensò. “Facciamo i nostri compromessi con il terrore, con il meraviglioso, in modo da poter continuare il nostro semplice compito di restare in vita giorno dopo giorno… Raggiungiamo un equilibrio sul cavo più alto, avanziamo lentamente passo dopo passo, mentre il cavo vibra e il vento soffia, e nessuno vuole che l’ignoto, l’inaspettato, munito di ali come un insetto alieno uscito da una variopinta e gigantesca giungla ci passi vicino e ci faccia perdere l’equilibrio…”

— Jase — disse Nils, e lui ammiccò, stupito. — Sullo schermo c’è un messaggio dell’UIGLM. Vogliono parlare con voi.

— Prendi tempo.

— Quanto? — chiese Nils con asprezza. — Quanto tempo?

— Quanto basta — disse Jase, prendendo infine una decisione — perché possa parlare con il signor Restak. Vallo a prendere, per favore. E…

— Non ho nessuna intenzione di lasciarvi qui dentro da solo con lui. Ho appena terminato di cancellare le tracce della sua ultima visita.

— Voglio che tu sia presente — disse piano Jase. — Sto solo cercando di seguire i tuoi suggerimenti. Sto cercando di svolgere il mio lavoro…

Il prigioniero giunse scortato da sei guardie. Aveva i polsi legati. Era pallido, con la barba lunga, completamente esausto. Ascoltò in silenzio, senza espressione, mentre Jase diceva alle guardie: — Slegatelo. E aspettate fuori.

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