Patricia McKillip - Voci dal nulla

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Rinchiusa nell’Avemo, il più impenetrabile carcere orbitale di massima sicurezza dell’intera galassia, Terra Viridian sconta la sua condanna senza poter sfuggire alla visione che le ha fatto massacrare senza motivo apparente più di millecinquecento persone. Una visione apocalittica, che lei stessa non comprende e all’esistenza della quale nessuno crede, ma la cui voce può significare un contatto totalmente nuovo per il genere umano. La scena cambia quando intorno a Terra iniziano ad agire strani personaggi: il Mago, capace di suonare Bach per ore e ore immerso in una profonda trance, Aaron, il poliziotto alla ricerca della gemella di Terra -Viridian misteriosamente scomparsa, e la Regina di Cuori, la musicista mascherata in grado di plasmare sonorità sempre nuove. Solo quando tutti questi destini si incroceranno nell’Averno, guidati da una voce a loro sconosciuta, arriverà il momento di giocare l’ultima partita.

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— Quasar, non posso. Mi spiace.

Lei gli lanciò un’occhiata torva; le sue labbra assunsero una piega sarcastica ma non amara. — Forse ci farai morire tutti, Magico Capo. Eppure non puoi darci quest’unica piccola cosa.

— Vorrei — disse lui disperatamente, intensamente. — Per te, vorrei farlo. Ma… — Si interruppe, fissandola dalla parte opposta della cabina, come se fosse un’equazione matematica di dubbia costruzione. — Aspetta… — mormorò. — Aspetta…

Lei lo fissò, sorpresa, lasciandosi dietro una scia di polvere luminosa. Il Mago si girò di nuovo verso l’intercom. Ma prima che potesse dire una sola parola sulla FA giunse la voce di Sidney Halleck.

— …l’ho rintracciato io stesso. Un rigo della Quinta suite inglese : il preludio. Adesso potete spiegarmi…

— Dio sia lodato — disse Nilson. — Grazie, signor Halleck. Avvertirò il Settore Costadoro. Qualcuno verrà a prendervi immediatamente.

— I Nova sono nei guai? — chiese Sidney, preoccupato. — Signor Nilson, è così?

— Non posso parlare di quest’argomento. Mi spiace davvero, signor Halleck.

— Signor Halleck — intervenne Jase. — Parla Jase Klyos.

— Direttore, cosa…

— Sono spiacente di infastidirvi. Il signor Nilson esegue i miei ordini. A causa di circostanze imprevedibili, fra la stazione e la Terra manteniamo un assoluto riserbo su informazioni riservate.

— Bach — precisò Sidney stupito — è di dominio pubblico.

— Sfortunatamente lo è anche l’ignoranza. Ecco tutto quello che posso dirvi: mi serve il vostro aiuto. A proposito di una poesiola infantile.

— Dio santo!

— Quella cui accennammo la prima volta che ci siamo parlati. Forse non ve ne ricordate; è successo settimane fa, ma credo…

— La Regina di Cuori. — La sua voce era cambiata.

— Sì. E sareste così gentile da portare con voi uno strumento con cui suonare quei brani?

Ci fu una pausa. — Direttore Klyos — disse Sidney in tono cupo. — Sto aspettando quell’elicar.

Il Mago si sedette lentamente, dimenticandosi che voleva parlare con Jase. Fissò la Regina di Cuori con intenso stupore, vide la maschera d’oro, udì la filastrocca, cercò di collegare le due cose in modo da ottenere una ragione plausibile che spiegasse quella discussione fra Sidney Halleck e il direttore di Averno, finché sotto i suoi occhi il viso di Michelle cominciò a ondeggiare e lei esclamò: — Magico Capo!

— Scusami. — La toccò con le dita gelide. — Stavo solo cercando di… Sidney sapeva… sapeva chi eri? Chi sei?

— Non l’ho mai detto a nessuno.

— È strano… Quello di cui parlavano era una filastrocca? O eri tu?

— Non lo so, non lo so! — Lui la tenne per le spalle, ma sapeva che lei non lo vedeva, che guardava di nuovo indietro, pericolosamente lontano, all’incubo confuso al quale pensava di essere sfuggita. — Hanno ragione, però — disse Michelle. — È stata colpa mia. Ecco da dove è cominciato tutto: dalla notte in cui mi dipinsi il viso e suonai con te. Avrei dovuto… avrei dovuto sapere che non si possono nascondere le cose. Pensavo di essere al sicuro. Lo facevo solo per questo. Per trovare sicurezza. Per sottrarmi alle ferite. Sembra una cosa talmente semplice, talmente umana. Che non può danneggiare nessun altro. Invece, guardaci! Siamo tutti qui, in mezzo al nulla, tu intrappolato in una visione, mia sorella alle nostre spalle con un fucile laser, spaziomobili sul punto di farci saltare in aria, Sidney a mezza strada verso Averno per suonare Bach, e Aaron… — Si interruppe. L’angoscia le sbocciò nuovamente negli occhi. — Aaron — mormorò. E poi il Mago la sentì scivolare via, ritirarsi dentro di sé così profondamente che stavolta non era rimasta nemmeno la Regina di Cuori.

Il Mago sentì un groppo alla gola. Deglutì, mormorò: — Signora dei Cuori. — Le toccò i capelli, le guance bagnate. — Michelle. — Nessuna delle due rispose. Il Mago si alzò, incontrò gli occhi scuri e sconvolti del Professore, scorse il momento di esitazione che ebbe Nebraska prima di balzare in piedi e azionare il distributore d’acqua. Non ne uscì niente. Nebraska sparì nella cucina, imprecando.

— Michelle. — Il Mago le sorresse le mani gelide, la scosse lievemente. — Ti prego. — Non la trovava più da nessuna parte; non sapeva dove andare per riportarla indietro. Poi Quasar si alzò, e il suo viso si era trasformato, mostrava una gentilezza insolita.

— Signora dei Cuori — disse, circondandole con le braccia le spalle. — Non angosciarti. Sono cose che accadono ogni momento. Il mondo ne è pieno. Ma continua a girare, quella vecchia palla di terra, ricca e povera, che un giorno ti sorride e il giorno dopo ti prende a calci. Perché questo è il suo segreto: continua a farti andare avanti, perché non sai mai, nemmeno tu adesso, se ti darà cocci di vetro oppure oro.

Il silenzio turbinò così intensamente che il Mago credette che si sarebbe spezzato e ritorto incessantemente fino alla fine del tempo. Poi Michelle piangeva sulla spalla di Quasar, e quest’ultima le mormorava parole incomprensibili fra i capelli.

— Non è colpa tua — disse, chiaramente adesso. — Hai fatto bene. So cosa vuol dire nascondersi. Vieni via da tutte quelle luci. Il Mago naviga nei suoi sogni. Forse trascinerà anche quello stupido poliziotto nei suoi sogni, forse no. A me non importa: io voglio vedere il suo alieno, e preferisco saltare in aria che venir rapata a zero.

Il Pianto volante parlò.

Il Mago e il Professore sobbalzarono. Nebraska, di ritorno con una tazza di caffè, si versò un po’ di liquido sulla mano. Il Mago, con lo sguardo fisso su Michelle e la mente vuota, lottò per un istante con quel brano musicale, poi vi rinunciò e controllò i comandi.

— Che cos’è? — chiese teso il Professore. — Altra compagnia?

Il Mago scosse la testa. La luce gialla che si era accesa trattenne ancora per un attimo la sua attenzione, come se il messaggio che trasmetteva fosse più critico, più disastroso della normale segnalazione di mancanza di carburante.

— Abbiamo consumato più di metà carburante. L’inseguimento ci è costato parecchio. — Con uno sforzo distolse lo sguardo dalla spia luminosa. La luce gli scivolò davanti alla visione: lui ammiccò per scacciarla, vide Michelle che sorseggiava il caffè. Le mani le tremavano intensamente, ma adesso vedeva di nuovo. Incrociò il suo sguardo, le rivolse una muta domanda, incalzante, ne ottenne la risposta prima ancora che lei aprisse bocca.

— No — mormorò Michelle. — Non tornare indietro. Ti prego. Magico Capo, ti prego. Hai detto che stava per finire. Lasciala finire.

6

— Aaron? — chiamò il Mago. — Direttore Klyos? Siete ancora vivi?

— Signor Restak — rispose stancamente Jase — vi rendete conto della rotta che state seguendo? Non avete di sicuro il carburante necessario per raggiungere Andromeda.

— Voglio la voce di Terra — disse l’intercom. — Terra?

— Sono qui — rispose la donna, dal pavimento.

— Terra. Mi stai ascoltando?

— Sì. — Il tono era distaccato.

— Terra, ascoltami. La prossima volta che hai una visione, voglio che tu parli. Voglio udire la tua voce. L’hai già fatto al processo e con il dottor Fiori. Voglio che tu mi dica come procedi nella visione. Descrivi esattamente ciò che vedi. Io farò la stessa cosa. Forse in questo modo cominceranno a capire che quello che diciamo esiste al di fuori delle nostre due menti. Ti ricorderai…

— Magico Capo — lo interruppe Aaron. Aveva la voce tesa, pericolosamente controllata; i suoi occhi riflettevano il nero dello spazio profondo. — Non costringermi ad ascoltare. Non farlo.

Ci fu un momento di silenzio. — Aaron. — Al suo stesso orecchio la voce suonò poco familiare, carica di sfumature ricche di inattese emozioni. — Tu sopporti tutto il peso della giustizia. Quando questa storia sarà finita, potrai allontanartene come vorrai. Sto cercando di mostrarti qualcosa. Sto rischiando la vita per mostrartelo. Così, se faranno saltare in aria il Pianto volante e di me resterà solo un’eco di luce che si muove verso la fine dell’universo, forse non ne sarai completamente sconcertato. O completamente amareggiato.

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