Jase si schiarì la gola. — E cosa avreste fatto — chiese piano, incuriosito — se aveste scoperto che la Regina di Cuori era Michelle Viridian? — Di nuovo fu costretto ad attendere, mentre Aaron contemplava le tenebre desolate davanti a sé o nei sette anni dietro di sé. La gelida, smorta maschera del suo viso sembrò sciogliersi, divenne vulnerabile al dolore, alla comprensione.
— Non avrebbe avuto importanza — mormorò. — Trovare Michelle Viridian, o non trovarla. Sarei stato costretto a continuare a cercare. Non l’ho mai capito prima… Per tutti questi anni, non ho mai cercato lei. Ho cercato mia moglie.
Il viso di Michelle era appeso come una maschera al limitare della visione del Mago. Lui lo scorse oltre i suoi sogni inestricabili di paesaggi alieni; lo scorse con la coda dell’occhio mentre guardava le stelle lontane e attendeva. Il suo silenzio lo turbava. Una donna gli sedeva a fianco, pilotando in silenzio, ma non era Michelle. Michelle Viridian era svanita, lasciando la faccia vuota di una carta da gioco a governarle la mente e le ossa e gli occhi privi d’espressione.
Il Mago intercettò le coordinate della flotta d’inseguimento quando la lancia le trasmise. Come aveva detto Aaron, la flotta si avvicinava rapidamente e non c’era nessun posto dove il Pianto volante potesse andare per eluderla. Il viso di Aaron si presentò spontaneamente alla mente del Mago, rigido e pallido, inflessibile come quello della Regina di Cuori. Sette anni, pensò il Mago, impietosito, sette anni per ciascuno dei due…
E per il sognatore sotto il sole morente.
E per Terra.
E quanti anni, si chiese riportando la mente al problema immediato, avrebbe trascorso lui su Averno, se l’alieno non fosse riuscito a trovare un equilibrio tra la sua trasformazione e la minaccia alle costole del Pianto volante ?
Vita senza musica. Di sicuro non l’avrebbero mai fatto uscire per assistere a un concerto del programma di riabilitazione… Se cioè per qualche motivo l’avessero lasciato vivere. Fu percorso da un panico cieco al pensiero della morte: la trasformazione incompleta, fallita, abortita, la morte della visione…
Doveva finire adesso, pensò. Adesso. Le probabilità erano ridicole. Si agitò inquieto e udì la voce di Sidney Halleck, lontana e aspra per i disturbi radio.
Si chinò verso l’intercom, sorpreso. Il Professore gli fu al fianco in un attimo.
— Sidney. Come hanno fatto a coinvolgerlo?
— Sst. — C’era un debole fraseggio musicale, un arpicordo tintinnante dall’oltretomba. Gli occhi del Mago si spalancarono.
— È un brano del Concerto Italiano - disse Sidney. — L’adagio. Si tratta del secondo pezzo. Il terzo non l’ho ancora identificato. Lo confronterò con la banca dati dell’università in cui insegno, se pensate che sia…
— Lo è, signor Halleck. Per favore.
— Perché non lo chiedete al Mago, signor Nilson? Su Bach ne sa quasi quanto me.
— Non ci è possibile, signore — disse Nils.
— Come mai? Dovrebbe essere ancora da voi.
— Scusatemi. A questo non posso rispondere.
— Volete solo che siano identificati i tre brani — disse Sidney, stupito ma tollerante. — Signor Nilson, vi rendete conto di quanto sia bizzarra la cosa?
— Signor Halleck — disse Nils — anche senza rivelare informazioni riservate, posso dirvi che avete scelto proprio l’aggettivo esatto. Quando avrete identificato la terza parola… il terzo brano, informateci immediatamente. Il direttore Klyos sarà in contatto con voi, per allora. Vi chiederà di venire qui.
— Su Averno? E perché mai?
— Posso dirvi solamente che abbiamo bisogno di una persona con le vostre capacità. Urgente bisogno.
— Ha qualcosa a che fare con…
— Per favore chiamateci appena identificate il terzo brano. Un elicar vi aspetterà sotto casa per condurvi allo spazioporto di settore. Chiudo.
Il Mago rimase in ascolto ma non udì niente dalla lancia. Si raddrizzò, si asciugò il sudore dagli occhi, stupito. — Qual è quell’antiquata espressione per…
— Touché - precisò il Professore.
— Chi gli ha suggerito Sidney? — Si rispose da solo: — Aaron.
— Cosa ci fa Aaron quassù, a ogni modo? L’hanno convocato apposta per darci la caccia?
Il Mago scosse la testa in silenzio. — Lo sa il cielo. Ma cosa potrebbe fare Sidney? Portarsi dietro una tastiera, collegarla a qualche spaziomobile, direttamente ai computer di bordo. Lui saprebbe come programmare musica. E come suonarla…
— Be’ — disse bruscamente il Professore — andrà a finire così. — Il Mago avvertì la paura nella sua voce, sentì tutt’attorno la tensione come un cieco animale da guardia eccitato dalla propria insicurezza. — Lui scoprirà le nostre parole d’ordine, Magico Capo. Lo porteranno su; gli spiegheranno che il complesso inviato in tournée dietro sua raccomandazione ha provocato un’evasione, ha paralizzato Averno, e adesso è inseguito per tutto il cosmo dal direttore del satellite. Parlerai anche a lui degli alieni?
Il Mago lo fissò senza vederlo, mentre il terrore e il mistero si equilibravano nella sua mente. L’attimo di panico scivolò via, lasciandolo con un’espressione assente, perplessa. Si girò verso lo schermo esterno e la tensione, non più alimentata, si dissolse.
— Andrà tutto bene — disse, e ne era convinto: il filo diretto che portava dal caos al loro futuro.
— Magnifico, Magico Capo — esplose il Professore. — Mi piacerebbe sapere cosa vedi. Noi tutti possiamo accampare la scusa dell’ignoranza. Stavamo solo caricando il Pianto volante quando ci hai rapiti, e non c’è prova di delitto, sul Pianto volante , nemmeno un’arma, figuriamoci una detenuta. Tranne te. Averno ti ingoierà tutt’intero, senza neanche prendersi il disturbo di sputar fuori le ossa. Tu lo sai. Ma non scappi abbastanza in fretta, e non sei nemmeno spaventato. Stai per calare l’asso che hai nella manica, il trucco finale della tua provvista di trucchi magici. Almeno mi auguro che sia così, perché una cosa è sicura: non abbiamo jolly di riserva.
— È il bisogno — disse il Mago. Lo sentì di nuovo, mentre si sforzava di spiegare. — Come la sete. Come il respiro. L’inestinguibile imperativo del cambiamento. L’Anello Scuro è insignificante, un granello di sabbia fluttuante nell’ombra di un’eclisse. Nient’altro. L’Anello Scuro non è nella visione.
Accanto a lui il viso immobile fisso sull’analizzatore si girò allora, quasi mostrando emozione. — Terra l’ha ripetuto — mormorò Michelle — tante di quelle volte. Tu sai cosa significa.
— Lo so.
— Cosa significa? — chiese improvvisamente Quasar, come se una visione che non comprendeva l’ombra di Averno avesse finalmente catturato la sua attenzione. Alzò lo sguardo dal vasetto di polvere luminosa che si stava applicando alle palpebre. — Cosa vedi? Tu sogni a occhi aperti. Puoi farci vedere? Mostraci un alieno, Magico Capo.
— Ho bisogno di un goccio — disse debolmente Nebraska. — Sto cominciando a crederci.
— Voglio vedere l’alieno — si impuntò Quasar. — Portaci lì, Magico Capo.
— Non so “lì” dove sia — disse il Mago. — Conosco solo uno stato della mente.
— E allora portaci anche noi — disse Quasar.
— Non è…
— Tu ci sei andato. In questo luogo.
— Sì, ma…
— Sì ma non è una risposta — disse lei con calma. — Stiamo volando verso il nulla. Sono già stata su questa strada per il nulla. O Aaron ci cattura o gli altri ci polverizzano. Anche l’oblio è senza dubbio uno stato della mente. Oppure, forse, solo forse, c’è qualcosa che tu vedi e nessun altro può vedere. Mostralo anche a noi, Magico Capo.
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