Rhin digrignò i denti e puntò il fucile questa volta su Chen-Lhu.
«Rhin», esclamò il cinese muovendosi verso di lei.
Figlio di puttana! pensò lei e premette il grilletto.
Un potente getto di veleno mescolato al contenuto della capsula di butile, investì Chen-Lhu in pieno viso facendolo barcollare. Si dibatté nel vano tentativo di liberarsi dalla massa appiccicosa; cadde a terra rotolando e dibattendosi sempre più, man mano che il butile si condensava. Poi i suoi movimenti divennero più lenti: un sussulto, una pausa, un sussulto.
Rhin rimase in piedi col fucile puntato su Chen-Lhu finché ebbe svuotato il caricatore, poi si liberò dell’arma.
Chen-Lhu fu scosso dall’ultimo spasmodico sussulto, quindi giacque immobile. Nessun tratto del suo viso era visibile, era soltanto una massa appiccicosa grigio-nero-arancione.
Rhin si ritrovò ansimante e cercò di respirare profondamente senza riuscirvi.
Joao le si avvicinò e lei vide che aveva la pistola in mano. Il braccio sinistro gli penzolava inerte lungo il fianco.
«Il tuo braccio», disse Rhin.
«Rotto», confermò lui. «Guarda fra gli alberi.»
Si volse nella direzione indicata e vide rapidi movimenti nell’ombra. Un soffio di vento agitava le foglie e la sagoma di un indiano apparve di fronte alla giungla, come il prodotto di una stregoneria. Gli occhi color ebano luccicavano di quella luce sfaccettata, sotto una frangia tagliata dritta. Il volto era striato di rosso. Piume scarlatte di pappagallo spuntavano da un legaccio che gli stringeva il muscolo del braccio sinistro. Indossava un indumento lacero e una sacca di pelle di scimmia gli pendeva dalla vita.
Alla vista di quel simulacro, Rhin fece un balzo nel passato, ricordando la spirale di formiche alate della sua fanciullezza e la nuvola grigia e fluttuante che aveva inghiottito il campo dell’OIE. Si volse verso Joao supplicando: «Joao… Johnny, ti prego, ti prego, uccidimi. Non lasciare che mi prendano».
Joao desiderava fuggire, ma i muscoli si rifiutavavano di obbedire.
«Se mi ami», supplicava lei. «Ti prego.»
Non poté resistere al tono implorante della sua voce. Il revolver si sollevò come di sua spontanea volontà con la canna rivolta verso di lei.
«Ti amo, Joao», sussurrò Rhin e chiuse gli occhi.
Joao si ritrovò con gli occhi pieni di lacrime. Vedeva il suo volto attraverso un velo di pianto. Devo, pensò. Che Dio mi aiuti, devo farlo. In preda a una violenta agitazione, premette il grilletto.
Il colpo esplose e la pistola rinculò nelle sue mani.
Rhin balzò all’indietro come spinta da una mano gigantesca. Fece mezzo giro su se stessa e tuffò il volto nella melma.
Joao si volse di scatto incapace di guardare e fissò la pistola che aveva in mano. Alcuni movimenti fra gli alberi attirarono il suo sguardo. Si asciugò le lacrime e vide una fila di creature che si trascinavano fuori della foresta. C’erano i due indiani sertao che l’avevano rapito assieme a suo padre… altri indiani delle foreste… il simulacro di Thome, uno dei suoi uomini… un altro uomo magro e avvolto in un abito scuro, coi capelli di un bianco lucente.
Persino mio padre, pensò. Hanno simulato persino mio padre!
Sollevò la pistola e se la puntò al cuore. Non provava rabbia, soltanto un immenso dolore mentre premeva il grilletto.
L’oscurità si abbatté su di lui.
Sognò di essere trasportato, di piangere, di urlare; fu un sogno di violenti proteste, di sfide, di ripulse.
Joao fu svegliato da una luce giallo arancione, mentre una figura d’uomo, che non poteva essere suo padre, era china su di lui e gli tendeva una mano, dicendo: «Allora guarda la mia mano, se non mi credi!»
Non può essere mio padre, pensò Joao. Io sono morto… anche lui è morto. L’hanno plagiato… mimesi, nient’altro.
Joao si trovava in uno stato di shock che gli offuscava la mente.
Come mi trovo qui? Si domandava. Scavò nei ricordi e vide se stesso uccidere Rhin col revolver di Vierho, quindi puntare l’arma su di sé.
Qualcosa si muoveva alle spalle della figura che non poteva essere suo padre. Joao spostò lo sguardo in quella direzione e vide un volto gigantesco largo quasi due metri. In quella insolita luce, il volto appariva triste, occhi brillanti, abbaglianti… enormi occhi con le pupille dentro le pupille. Il volto si girò e Joao notò che aveva uno spessore di non più di due centimetri. Di nuovo la maschera si volse. Gli strani occhi si concentrarono sui piedi di Joao.
Joao si sforzò di guardare in basso, quindi sollevò il capo di scatto e si lasciò cadere all’indietro in preda a un violento tremore. Al posto dei piedi aveva un bozzolo verde bavoso. Sollevò il braccio sinistro, ricordandosi che era rotto; ora lo articolava senza provare dolore e vide che la sua pelle aveva le stesse tonalità di verde di quel bozzolo repellente.
«Osserva la mia mano!» esclamò il vecchio accanto a lui. «Te lo ordino!»
«Non è ancora completamente sveglio.»
Era una voce tonante, risonante, che scuoteva l’aria attorno a loro e Joao ebbe l’impressione che giungesse da sotto il volto gigantesco.
Che strano incubo è questo? si chiese Joao. Sono all’inferno?
Con una brusca mossa allungò il braccio per afferrare la mano protesa.
Era calda… umana.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Scosse il capo per scacciarlo e ricordò… di avere fatto la stessa cosa un’altra volta… in qualche posto. Ma la sua mente si rifiutava di ricordare, c’erano problemi più incalzanti. Quella mano era vera… le sue lacrime erano vere.
«Com’è possibile?» sussurrò.
«Joao, figlio mio», disse la voce di suo padre.
Joao scrutò il volto paterno. Era lui, non v’era alcun dubbio, nei minimi particolari. «Ma… il tuo cuore», fece Joao.
«La mia pompa», fece il vecchio. «Guarda.» Ritrasse la mano per indicare la schiena. L’abito era stato tagliato e i bordi sembravano trattenuti da una sostanza gommosa. Al centro, uno strato giallognolo e oleoso pulsava ritmicamente.
Joao vide le linee delle squame, sottili come capelli, e inorridì.
Così è una copia, un altro dei loro artifici.
Il vecchio gli fu nuovamente di fronte e Joao non poté evitare lo sguardo limpido dei suoi occhi. Quegli occhi non erano sfaccettati.
«La vecchia pompa non funzionava più e me ne hanno data una nuova», spiegò suo padre. «Serve per pompare il sangue nelle vene. Mi darà la possibilità di vivere più a lungo. Che cosa credi che diranno i nostri luminari della scienza medica?»
«Sei proprio tu», disse Joao con voce roca.
«In carne e ossa, a eccezione della pompa», rispose il vecchio. «Ma tu, che pazzo sei stato! Come ti è saltato in mente di sparare a quella povera donna e a te stesso!»
«Rhin», mormorò Joao.
«Farvi saltare il cuore e parte dei polmoni, e per di più cadere proprio in mezzo a quel veleno corrosivo spruzzato tutt’intorno. Non solo vi hanno dovuto procurare due cuori nuovi, ma anche un intero apparato circolatorio!»
Joao sollevò le mani e rimase a fissare la pelle color verde. Si sentiva stordito; gli sembrava di vivere un sogno dal quale era incapace di svegliarsi.
«Sono a conoscenza di tecniche scientifiche che nemmeno immaginiamo», disse suo padre. «Non mi sono mai sentito così eccitato da quando ero bambino. Non vedo l’ora di tornare indietro e… Joao! Che cosa c’è?»
Joao si alzò di scatto e fissò il vecchio. «Non siamo più esseri umani, padre! Non siamo umani se… Non siamo umani!»
«Oh, calmati!» gli ordinò suo padre.
«Se è così… siamo nelle loro mani!» protestò Joao, spostando lo sguardo sul volto gigantesco. «Ci terranno in loro potere!» Si lasciò cadere all’indietro ansimando. «Saremo i loro schiavi», mormorò.
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