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Frank Herbert: Il cervello verde

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Frank Herbert Il cervello verde

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In un mondo sovrappopolato, che cercava spazio vitale nella giungla, l’Organizzazione Ecologica Internazionale sterminav sistematicamente dei voraci insetti che rendevano inospitali quelle zone. Uomini come Joha Martinho e i suoi aiutanti usavano bombole schiumogene mortali e nuove armi a vibrazione per ripulire l’inferno verde del Mato Grosso. Ma, per ragioni sconosciute, le aree già disinfestate completamente incominciarono a essere di nuovo assalite dagli insetti malgrado le impenetrabili barriere. Dalla giungla si sentirono strane storie… insetti divenuti enormi… creature dalle sembianze umane, ma i cui occhi avevano quel particolare scintillio degli insetti.

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Non ce la fa più, si disse.

Il muso della capsula si stava inabissando sem­pre più. Joao si aggrappò al cruscotto e vide la cresta verde scura di un’onda sollevare il troncone di un’ala… su… su… su.

La capsula andò a sbattere contro l’onda.

Acqua e verde oscurità si riversarono nella cabi­na, come una cascata. Giunse uno stridio di metal­lo. La coda della capsula si abbassò con violenza sull’acqua e Joao, proiettato verso l’alto, poté vedere la pallida luce del mattino. A fatica, tentò di raggiun­gere il sedile, trascinandosi dietro Rhin. Vide Chen-Lhu ancora abbracciato al sedile, e l’acqua che si ri­versava nella cabina dalla fiancata squarciata. La capsula fu sommersa da una massa di acqua tu­multuosa e la coda si schiantò contro gli scogli.

Un raggio di sole accecante!

Joao si volse, semiabbagliato da quella luce e guardò la gola del fiume attraverso lo spazio pri­ma occupato dai motori. Il rumore rombante del­l’acqua, la violenza delle onde gli fecero pensare: Come abbiamo fatto a resistere finora?

Sentì l’acqua alle caviglie, si volse di scatto aspettandosi di vedere un’altra serie di rapide; si ac­corse invece che la capsula era stata trasportata in un ampio specchio d’acqua scura che assorbiva la turbolenza della gola rivelando in superficie so­lo bollicine scintillanti e i solchi delle correnti dei ruscelli convergenti.

La capsula rollò con violenza. Joao barcollò nel­l’acqua aggrappandosi al bordo della cabina di fron­te a ciò che rimaneva dell’ala destra e che ora gal­leggiava a pelo d’acqua.

La voce stranamente pacata di Rhin ruppe il si­lenzio. «Non sarebbe meglio uscire? Stiamo affon­dando.»

Joao cercò di scuotersi di dosso la sua sensazione di distacco, abbassò lo sguardo e la vide seduta al suo posto. Udì Chen-Lhu che cercava a stento di al­zarsi tossendo; lo vide emergere dietro di lei.

Giunse un gorgoglio e un rumore metallico e l’a­la destra si inclinò sotto la superficie.

Con uno strano senso di euforia, Joao si rese con­to che tutti e tre erano ancora vivi… ma la capsula era distrutta. A quel pensiero fu nuovamente assali­to dall’angoscia.

«L’abbiamo pagata cara questa corsa», disse Chen-Lhu, «ma siamo ormai arrivati al capolinea».

«Davvero?» brontolò Joao. Si sentì ribollire dall’i­ra e toccò la tasca che conteneva il vecchio schioppo di Vierho. Quel gesto istintivo, insensato lo fece sorridere.

Come si può pensare di uccidere quelle cose con questo aggeggio? disse fra sé.

«Joao?» chiamò Rhin.

«Sì.» Le fece un cenno col capo, si volse, uscì dal­la cabina e rimase in equilibrio sul bordo della cap­sula a studiare i dintorni. Fu investito da un soffio d’aria umida proveniente dalla gola.

«Questa cosa non rimarrà a galla ancora per mol­to», osservò Chen-Lhu. Si volse per guardare il bara­tro, improvvisamente riluttante ad accettare la realtà.

«Potrei nuotare fino a quel punto laggiù», disse Rhin. «E voi due?»

Chen-Lhu si volse ancora e vide nello specchio d’acqua una striscia di terra scura che si protendeva per circa un centinaio di metri sul fiume: un fragi­le tentacolo, formato di giunchi e fango, sospeso sul­l’acqua; sullo sfondo, un’alta parete di alberi. Lunghe impronte di animali striscianti spiccavano nel fango.

Tracce di coccodrilli, pensò Chen-Lhu.

«Ho visto tracce di coccodrilli», disse Joao. «È meglio restare nella cabina finché ci è possibile.»

Rhin si sentì assalire dal terrore. «Rimarrà a gal­la ancora per molto?» bisbigliò.

«Sì, se non facciamo alcun movimento», rispo­se Joao. «Probabilmente è rimasta dell’aria sotto di noi, forse dentro l’ala e il galleggiante di sinistra.»

«Nessuna traccia di… ‘loro’, qui», disse Rhin.

«Arriveranno fra poco», dichiarò Chen-Lhu, sor­preso dal tono di noncuranza della sua stessa voce.

Joao scrutò la piccola penisola.

La capsula prima fu portata al largo dalla corren­te, poi risospinta da un vortice verso riva finché solo pochi metri separarono la punta dell’ala, par­zialmente sommersa, dalla spiaggia melmosa.

Dove sono quei dannati coccodrilli? si domandò Joao.

«Non è possibile avvicinarsi di più», fece notare Chen-Lhu.

Joao annuì e disse: «Tu va’ avanti, Rhin. Rimani sull’ala finché puoi, ti seguiamo immediatamente». Mise una mano sulla pistola che aveva in tasca e l’aiutò con l’altra mano.

Rhin scivolò sull’ala che si inclinò ancora più giù finché toccò il fondo melmoso.

Chen-Lhu la seguì dicendo: «Andiamo!»

A guado attraversarono il breve tratto di fiume che li separava dalla spiaggia, affondando i piedi nella melma. Joao sentì odore di carburante e vide macchie d’olio che si disegnavano a spirale sull’ac­qua. Raggiunse l’argine di giunchi e fango e si se­dette accanto a Rhin e Chen-Lhu. Fissò lo sguardo sulla giungla.

«Sarebbe possibile ragionare con loro?» chiese Chen-Lhu.

Joao sollevò il fucile a gas e disse: «Questo è l’uni­co argomento che abbiamo». Si assicurò che il ca­ricatore fosse pieno e si volse a guardare ciò che ri­maneva della capsula. Giaceva parzialmente som­mersa con l’ala ancorata nella melma e lambita dal­la corrente che sciabordava attraverso i fori della cabina.

«Pensa che dovremmo tentare di recuperare le armi dalla capsula?» chiese Chen-Lhu. «A che sco­po? Tanto non ci muoveremo da qui.»

Ha ragione, pensò Joao. Si accorse che Rhin, al­le parole di Chen-Lhu, era stata colta da un fremito incontrollabile e le cinse le spalle con un braccio fin­ché il fremito cessò.

«Che simpatica scena domestica», esclamò Chen-Lhu guardandoli, e pensò: Sono l’unica moneta che posseggo, forse i nostri amici saranno disposti a trattare… loro due in cambio della mia salvezza.

Rhin si sentì di nuovo calma. Il braccio di Joao che la cingeva, il suo silenzio le avevano dato sicu­rezza.

È come un abbraccio paterno, pensò.

Chen-Lhu tossì, Rhin lo guardò.

«Johnny», disse Chen-Lhu. «Mi dia il fucile, mi serve per coprirla mentre va a recuperare altre armi dalla cabina.»

«L’ha detto lei stesso», obiettò Joao. «A che sco­po?»

Rhin si liberò dalle braccia di Joao, improvvisa­mente terrorizzata dallo sguardo di Chen-Lhu.

«Mi dia il fucile», ripeté Chen-Lhu con voce piatta.

Che differenza fa? si domandò Joao. Guardò Chen-Lhu dritto negli occhi e vi colse un lampo di ferocia. Buon Dio! Che cosa gli ha preso? Rimase sconvolto dall’influsso malefico del suo sguardo, reso più tor­vo dal taglio allungato degli occhi.

Chen-Lhu sferrò un calcio nel braccio sinistro di Joao e il fucile fu scagliato per aria.

Joao sentì il braccio semiparalizzato e istintiva­mente arretrò nella posizione di difesa dello judo brasiliano. Quasi accecato dal dolore, fece un balzo da un lato per schivare un altro calcio.

«Rhin, il fucile», urlò Chen-Lhu.

La mente di Rhin si rifiutò per un momento di funzionare. Scosse il capo, guardò il punto in cui era caduto il fucile. Era là, con la canna rivolta ver­so il cielo e il calcio conficcato nel suolo fangoso. Il fucile? si chiese. Ebbene sì, a questo punto me ne servirò per fermare un uomo. Afferrò il fucile, lo sollevò ancora col fango attaccato al calcio e lo pun­tò sui due uomini, saltellando di qua e di là come in una danza magica.

Chen-Lhu balzò all’indietro e si chinò.

Joao si drizzò stringendosi il braccio dolorante.

«D’accordo, Rhin», fece Chen-Lhu. «Fallo fuori.»

Provando orrore di se stessa, Rhin vide la canna del fucile spostarsi bruscamente su Joao.

Quest’ultimo fece per sfilare la pistola di tasca, ma si fermò. Dentro di sé non sentiva altro che vuo­to e disperazione. Se vuole uccidermi, che faccia pure, pensò.

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