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Frank Herbert: Il cervello verde

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Frank Herbert Il cervello verde

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In un mondo sovrappopolato, che cercava spazio vitale nella giungla, l’Organizzazione Ecologica Internazionale sterminav sistematicamente dei voraci insetti che rendevano inospitali quelle zone. Uomini come Joha Martinho e i suoi aiutanti usavano bombole schiumogene mortali e nuove armi a vibrazione per ripulire l’inferno verde del Mato Grosso. Ma, per ragioni sconosciute, le aree già disinfestate completamente incominciarono a essere di nuovo assalite dagli insetti malgrado le impenetrabili barriere. Dalla giungla si sentirono strane storie… insetti divenuti enormi… creature dalle sembianze umane, ma i cui occhi avevano quel particolare scintillio degli insetti.

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Joao socchiuse gli occhi fantasticando sullo strano cambiamento avvenuto in Rhin. Sapeva che, proprio in virtù del loro legame del tutto casuale, avrebbe dovuto infischiarsene e al massimo buttar lì qualche commento spiritoso. Ma non si sentiva né casuale né spiritoso nei confronti di Rhin. La ragazza aveva toccato qualche corda in lui che il piacere dei sensi non aveva mai sfiorato prima.

È amore? si chiese.

Ma il loro mondo aveva rinunciato al concetto del­l’amore romantico. Esistevano solo la famiglia e l’onore per cui quelle cose erano importanti; tutto il resto comportava il concetto del fare-solo-le-cose-giuste e che di solito significava salvare ciò che era possibile di situazioni che stavano per franare.

Non riusciva ad accostarsi con chiarezza al suo pro­blema. Joao sapeva soltanto che gli era stato creato a poco a poco e che la debolezza fisica in cui si tro­vava non faceva che aumentare la confusione men­tale… inoltre, la loro situazione era senza speranza.

Sto male, pensò. Il mondo intero sta male.

È malato in tanti modi.

Un forte ronzio lo distolse dal suo torpore. Spa­lancò gli occhi e guardò verso l’alto.

«Che cosa c’è?» chiese Rhin.

Joao si portò un dito alle labbra facendole segno di tacere, quindi piegò il capo da una parte.

Chen-Lhu si avvicinò allo schienale di Joao e dis­se: «Un aerocarro».

«Mio Dio, sì!» esclamò Joao, «e vola anche basso». Guardò il cielo sopra di loro e prese a sganciare la calotta, ma venne trattenuto dalla mano di Chen-Lhu.

«Johnny, guardi là!» disse indicando a sinistra.

Joao si volse di scatto.

Dalla riva si stava avvicinando qualcosa che a pri­ma vista sembrava una strana nuvola, grande, com­patta, che si muoveva verso una ben precisa direzio­ne… Un’enorme nuvola formata da migliaia e mi­gliaia di insetti bianchi, grigi e dorati. Si librò a una cinquantina di metri sopra di loro oscurando lo spec­chio d’acqua con la sua ombra.

La nuvola abbracciò tutta la capsula seguendone l’andatura, come una barriera mobile che la nascon­deva da qualunque cosa volasse in cielo.

Non appena Joao capì il significato di quella ma­novra, si volse a fissare Chen-Lhu. Aveva i lineamen­ti alterati dallo shock.

«È una mossa… calcolata», fece Rhin.

«Com’è possibile?» chiese Chen-Lhu. «Com’è pos­sibile? Incredibile.» Nello stesso momento, egli si accorse che Joao lo stava osservando attentamente, era evidente che si rendeva conto delle sue emozio­ni. Il cinese si adirò con se stesso. Non devo mani­festare la mia paura a questi balordi! pensò. Sedette, accennò a un sorriso e scosse il capo. «Addestrare degli insetti», aggiunse, «è incredibile… ma eviden­temente qualcuno l’ha fatto. Ne vediamo i risultati.»

«Ti prego, Dio mio», mormorava Rhin. «Ti pre­go.»

«Oh, smettila con quelle lagne da femminuccia!» esclamò Chen-Lhu. Ma si rese subito conto di aver sbagliato, non era la tattica migliore da adottare con Rhin, e aggiunse: «Devi star calma, mia cara. Lasciarsi andare a isterismi non serve a niente».

Il rombo dei motori si fece più distinto.

«Siete sicuri che sia un aerocarro?» chiese Rhin. «Forse…»

«È un aerocarro bandeirante», disse Joao. «Han­no montato due motori a razzo che possono funzio­nare alternativamente per risparmiare benzina.»

«Credi che stiano sorvolando la zona alla nostra ricerca?»

«Chissà. Comunque, sono al di là delle nuvole.»

«E anche sopra i nostri amici», precisò Chen-Lhu.

La vibrazione sonica dei motori a razzo riecheggiò per le colline. Joao volse il capo per seguire la di­rezione del suono. Giungeva ora, appena percettibi­le, dal corso superiore del fiume e si fondeva col gorgoglio delle acque.

«Chissà se scenderanno a cercarci», fece Rhin.

«Non stanno cercando nessuno», spiegò Joao. «Sono semplicemente passati di qua per caso.»

Rhin sollevò lo sguardo sulla nuvola di insetti. Dal­la sua angolazione e distanza, ogni singolo insetto sembrava fondersi in un altro fino a formare un meccanismo omogeneo.

«Potremmo usare i fucili!» così dicendo Rhin prese un fucile a gas, ma Joao le afferrò un braccio e la fermò.

«Non servirebbe a niente. Il cielo è ancora tutto coperto di nuvole.»

«Senza contare i rinforzi che hanno i nostri cari insetti, certamente superiori alle nostre forze», os­servò Chen-Lhu. «Ci potrei scommettere.»

«Se almeno non ci fossero le nuvole!» esclamò Rhin disperata. «Quando si aprirà… il cielo?»

«Forse nel pomeriggio», disse Joao cercando di usare un tono convincente. «In questo periodo del­l’anno succede sempre così.»

«Se ne stanno andando!» esclamò Rhin puntando l’indice verso gli insetti. «Guardate! Se ne stanno andando.»

Joao seguì con lo sguardo la massa svolazzante che si lanciava verso la sponda di sinistra. La sua ombra l’accompagnò finché, superato il verde degli alberi, si dileguò nella giungla.

«Se ne sono andati, finalmente», disse Rhin.

«Ciò significa che anche l’aerocarro se n’è anda­to», concluse Joao.

Rhin nascose il viso fra le mani, soffocando a fa­tica le lacrime.

Joao le si avvicinò e cominciò ad accarezzarle il collo per confortarla, ma Rhin gli allontanò la mano.

Devi avvicinarlo a te, Rhin, pensò Chen-Lhu, non respingerlo. «Dobbiamo ricordare il motivo per cui ci troviamo qui», disse poi a voce alta. «E anche ciò che dobbiamo fare.»

Rhin si agitò nel sedile, allungò le braccia e trasse un sospiro talmente profondo che i muscoli del petto le si contrassero dal dolore.

«Dobbiamo tenerci occupati», riprese il cinese. «Anche facendo qualcosa di banale, se necessario. È l’unico sistema per evitare… paura, noia, rabbia. Da’ retta a me… ti descriverò un’orgia alla quale ho assistito tempo fa in Cambogia. Eravamo in otto, senza contare le signore: un principe esautorato, un rappresentante ministeriale…»

«Oh, risparmiaci, non ci interessa affatto la tua maledetta orgia!» lo interruppe Rhin.

La carne, pensò Chen-Lhu. Rifugge da qualunque cosa che possa ricordare la sua stessa carne. È cer­tamente questa la sua debolezza. Mi fa piacere con­statarlo.

«Ah sì? Benissimo. Allora raccontaci della dolce vita di Dublino, mia cara Rhin. Adoro le storie di mariti che barattano le mogli, che passano il loro tempo andando a cavallo, incuranti del passato, del presente e del futuro.»

«Sei un uomo veramente spietato!» esclamò Rhin.

«Magnifico! Forse mi odi, Rhin e te lo concedo. In fondo anche l’odio tiene occupati. Ci si può lasciare trasportare da un sentimento come l’odio e pensare a cose più vantaggiose quali la ricchezza e il piacere. Ci sono circostanze invece in cui l’odio può avere la supremazia sul piacere carnale.»

Nell’udire quelle parole, Joao si volse e notò sul viso del cinese un’espressione dura ma controllata. Usa le parole come arma, pensò. La dialettica è una spada che sfodera per attaccare e difendersi, per manovrare la gente a suo piacere. Non lo capisce Rhin? Ma certo, non può capirlo… perché è in suo potere. Chen-Lhu si sta servendo di lei per qualcosa. Per un attimo, Joao rimase stordito dei suoi stessi pensieri.

«Mi sta osservando, Johnny», disse Chen-Lhu. «Che cosa crede di scoprire in me?»

È una partita a due, pensò Joao, e rispose: «Osservo un uomo nel pieno svolgimento del suo lavoro».

Chen-Lhu lo fissò. Non era il tipo di risposta che si aspettava… troppo sottile e penetrante, aperta a qualsiasi interpretazione. Si accorse che era difficile dominare una persona libera da qualsiasi legame. Si può raggirare e piegare a piacere… un uomo che ha sprecato le sue energie, ma se quest’uomo ha resi­stito, conservandole…

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