“Ci siamo di nuovo. Avrei dovuto parlare” pensò Devan.
Basher scherzò. — Mi volete indicare qual è la via per uscire?
— Scherza pure Glenn — disse Orcutt — ma Howard ha ragione. Si deve fare così.
— Tutti ci stiamo chiedendo chi entrerà nell’Ago questa volta — disse Tooksberry guardandosi in giro.
— Il ragazzino qui — disse Orcutt — è l’unico senza capsule in bocca. Ma non possiamo far fare a un ragazzino ciò che deve essere fatto da un uomo.
— E poi abbiamo promesso ai suoi di non farlo entrare completamente — soggiunse Holcombe.
Devan si decise finalmente a farsi avanti per dire qualcosa che li facesse smettere, ma l’espressione che vide sul volto di Tooksberry lo fermò. Aveva un’aria molto divertita.
— Signori, osservate per piacere — disse e si tolse le due parti che componevano la dentiera, la superiore e l’inferiore.
— Ma non potete entrare voi, Howard — disse Orcutt.
— E perché no? Se è Chicago, state sicuri che parlerò. E me ne tornerò molto in fretta.
— Ma se non è Chicago… se non tornate…
— Avanti, dottore — continuò Tooksberry a Costigan — sono pronto.
Il dottore lo guardò e alla fine si decise, dopo aver scambiato uno sguardo con Devan, ad accendere lo strumento.
Tooksberry si avvicinò e, prima di entrare, si tolse gli occhiali. — Li uso solo quando leggo — disse — sarò capace di vedere anche senza.
Un momento dopo, provocando un leggero rumore, entrò lasciando dietro di sé i suoi abiti.
— Spero e prego che torni — disse Basher.
— Andrà tutto bene — rispose Orcutt.
— Howard è veramente cambiato — osservò Holcombe — prima era sempre intrattabile.
Orcutt, che si stava accendendo la pipa commentò: — Il merito è di Beatrice Treat.
Era giustissimo. Non c’era, nel campo, coppia più felice di Beatrice e Howard. Tutto il cinismo e l’amaro di Tooksberry erano spariti, a poco a poco, dopo il matrimonio e il grosso lavoro di formazione della Costituzione che era stata adottata, con formula piena, dai cittadini della Nuova Chicago.
La conversazione languì, erano tutti silenziosi e preoccupati, con gli occhi fissi sull’Ago. Devan non poteva immaginare che cosa Tooksberry stesse facendo su quelle rocce desolate e immaginava che stesse cercando disperatamente la via per tornare.
Dopo quindici minuti, quindici minuti che furono una lenta agonia per tutti, si vide finalmente apparire una testa nell’Ago.
— Congratulazioni — disse Tooksberry emergendo.
Quindi raccolse i suoi abiti sparsi.
— È Chicago?
— Cosa hai visto?
— Avanti, Howard, non tenerci in ansia!
Non avrebbe parlato prima di essere completamente vestito. Infine, dopo essersi sistemato gli occhiali, si guardò in giro e sorrise. Era di scena e nessuno lo volle ostacolare nell’interpretazione del ruolo di cui si sentiva interprete eccezionale.
— Era Chicago!
“Chicago!”
Devan era allibito.
Gli altri si affollarono intorno a Tooksberry chiedendo precisazioni.
“Impossibile!” si disse Devan. Lui pure era entrato nell’Ago e non aveva visto che deserto e roccia. Forse che Tooksberry mentisse? Comunque, fin che gli altri rumoreggiarono, tacque.
Quando si ristabilì il silenzio, parlò: — Era Chicago. Non appena entrato nell’Ago, ho visto ciò che Johnny aveva descritto. Buio e freddo. Me ne sono rimasto là un po’, cercando di capire dove fossi capitato, tastando il terreno sotto di me. Conclusi infine che si trattava di terreno argilloso, ammollato dalla pioggia.
“Mi sono seduto per un po’, poi mi sono alzato. Sentivo un’arietta leggera. I miei occhi si sono abituati un poco al luogo in cui mi trovavo, riuscivo a percepire i leggeri rumori che sentivo intorno a me, rumori che mi facevano temere che prima o poi uno dei topolini palesemente presenti mi venisse a passeggiare sui piedi. Così mi sono allontanato di pochi passi e scorsi alla mia destra un ingresso. Ho compiuto sette passi e mezzo, sino a raggiungere il centro di questa entrata. Dopo di che ho tirato un sospiro di sollievo, dal momento che potevo tornare nell’Ago (questa volta!) se solo lo desideravo. Tutto quello che mi proponevo di fare era di fissare la porta che mi stava davanti come punto di riferimento.
“Dall’altra parte, c’era più luce. Al livello del mio occhio ho visto alcune finestre senza vetri. Ho pensato che si trattasse di uno stabile abbandonato, perché da una delle finestre potevo vedere le stelle e, dalle altre, i muri delle case vicine.
“Dall’altra parte dello scantinato c’era una scala che ho percorso, camminando su un alto strato di rifiuti e carta straccia. Saliti i gradini cigolanti, mi son trovato in uno spiazzo deserto dietro la costruzione, e da qui, attraverso il passaggio tra due case, sono giunto nella strada, di fronte al luogo da cui ero uscito.
“Non ho visto nessuno e sono proprio sicuro che nessuno mi ha visto perché, se fosse successo, avrebbero certamente chiamato qualcuno, conciato come ero, nudo come un verme.
“Ma fuori di lì, era tutto diverso. Le macchine schizzavano via, tanto in fretta quanto me ne ero dimenticato. E avevo anche dimenticato cosa possono fare dieci anni di progresso. E stando lì, in ombra, vidi la gente che passava, e alla luce dei fanali vedevo le loro facce, facce preoccupate, nervose e tese, per nulla simili a noi. E pallidi. Camminavano tutti molto in fretta, o almeno così mi parve.
“Rischiando per un momento di farmi vedere, mi sono piegato in avanti e ho raccolto una pagina. Era del ‘Chicago Tribune’. Il foglio degli annunci economici. Portandomi alla luce ne ho letto qualcuno. Le solite vecchie cose. Molto richieste le lavatrici, tale e quale come un tempo, come se quel tempo fosse ieri, solo che la data era quella di questa mattina.
“Sapevo che dovevo tornare, ma prima sono corso fuori sul marciapiede e ho dato un’occhiata verso il Loop. Si vedevano riverberi rossi in cielo: le luci al neon. Era Chicago, senz’altro. Poi le macchine cominciarono a rallentare, ho sentito gente che urlava e ho capito che ero stato scorto. Mi sono precipitato in salvo, dopo aver evitato una banda di ragazzini, che mi si è parata davanti all’improvviso”.
Tooksberry tacque e sorrise. — Inutile che vi spieghi come. Semplicemente mi son lasciato scivolare in una delle finestre dello scantinato, ho trovato la porta e mi son ficcato qui dentro, come vedete.
Devan non poteva credere a quanto aveva udito e vide la stessa espressione di dubbio anche in Costigan.
Tutti se ne stettero zitti per un po’. Poi Orcutt chiese: — È tutto quello che avete visto, Howard? Proprio tutto?
— Sì — rispose.
— E com’erano le macchine? — chiese Basher.
— Be’, non facevano il solito rumore che noi conoscevamo. E mi parvero più basse, più slanciate e più veloci.
— Insomma — disse Sam Otto — quello che ci resta da fare ora è di mettere in marcia l’Ago e farci passare tutti.
— È tutto sistemato — intervenne Orcutt, osservando con attenzione Tooksberry. — Il Consiglio ha già stabilito il da farsi in questo caso. Domattina alle dieci i cittadini della Nuova Chicago si riuniranno tutti qui. Nel frattempo, provvederemo a stabilire un ordine di precedenza e a far sì che i componenti di una stessa famiglia possano passare uno dietro l’altro.
— Datemi da bere — disse Costigan. — Per combinazione, ho qui un numero sufficiente di bicchieri per tutti.
— E qualche cosa da metterci dentro? — chiese Sam Otto.
— È proprio il momento di bere per festeggiare — disse Basher.
— Come faremo ad avvisare la gente, Orcutt? — chiese Holcombe.
— Ne è incaricato Johnson che passerà con i suoi uomini da tutte le case, spiegando a ognuno il da farsi.
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