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Jerry Sohl: Pionieri dell'infinito

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Jerry Sohl Pionieri dell'infinito

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Il dottor Costigan aveva ideato e costruito il suo stranissimo “Ago” a scopo sanitario, soprattutto per favorire le ricerche della scienza medica nel campo della radioscopia e radioterapia. Ma fu solo dopo che una grande compagnia elettronica mise a sua disposizione un milione di dollari che Costigan costruì un’“ago” così grande che nella sua cruna poteva entrare un uomo. E quando vi entrò un uomo — Glenn Bascher — quegli scomparve e nessuno più lo rivide. Naturalmente, la polizia e la stampa s’interessarono del mistero, subodorando un delitto. Erano ben lontani dall’immaginare che l’ago del professor Costigan costituiva una via di comunicazione tra la nostra realtà tridimensionale e… l’Infinito: cioè i mondi spaziali e temporali paralleli e quasi uguali al nostro. Una serie di circostanze drammatiche lancia alcune centinaia di persone — senza possibilità di ritorno — nell’Infinito: in una terra cioè selvaggia e poetica, così uguale e diversa dal nostro pianeta!.. Dove una nuova società e una nuova legge a poco a poco vengono create dai Pionieri (anche se invoontari) dell’Infinito. Il nuovo Eden ha inizio…

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Jerry Sohl

Pionieri dell’infinito

PARTE PRIMA

La scoperta

1

Al suo ritorno a casa c’era la neve ad accoglierlo. La vide dal tassì e la detestò, gelida, farinosa neve di gennaio. Devan Traylor la conosceva bene la neve di Chicago. Pensate, si infilava dappertutto portando ondate di freddo, e si ammassava fin davanti alla porta delle case.

Mai la neve gli aveva suscitato sentimenti così esasperanti come adesso, che dalla Florida era stato richiamato a Chicago dall’urgente appello di una donna che annunciava qualcosa di grave. Aveva atteso tre anni una vacanza, e proprio quando l’aveva raggiunta e se ne stava nella sua casetta sul mare, gii era arrivata la chiamata.

La signorina Treat aveva ripetuto con insistenza che qualcosa non andava.

Forse quelli della “Inland Electronic” avevano aspettato deliberatamente che lei fosse via, per agire di testa loro? Non gli sembrava probabile. Li conosceva troppo bene. D’altra parte credeva di conoscere bene anche Beatrice Treat, la cui voce al telefono era singolarmente sommessa e circospetta. Gli aveva detto che non poteva arrischiarsi a parlare chiaramente, e tutto ciò non rientrava nel suo usuale modo di agire.

Non c’era via di scampo: aveva dovuto tornare.

Le aveva telefonato appena arrivato, dall’aeroporto, ma la risposta datagli con una freddezza incredibile, aveva confermato che lei non gli avrebbe detto niente fino a che non si fossero visti.

A quel punto, Traylor aveva perso la pazienza e riattaccato il ricevitore con forza. Poi aveva guardato fuori dai vetri della cabina telefonica, e osservando i primi volteggi della neve, si era sentito improvvisamente angosciato al pensiero che, anche quando fossero stati a faccia a faccia, lei potesse tacere ancora.

Ma aveva scartato subito tale idea. Oltre al suo regolare stipendio di segretaria, la signorina Treat riceveva un compenso a parte proprio per tenerlo informato dei fatti che avrebbero potuto sfuggirgli. Lo ammetteva, talvolta doveva separare ciò che era puro pettegolezzo dal lavoro d’ufficio, ma questo soltanto per un eccesso di zelo da parte sua.

— Volete ripetermi l’indirizzo? — L’autista del tassì si appoggiò un po’ all’indietro e curvò la testa da un lato per aspettare la risposta.

— Non ho dato indirizzi — disse Devan. — È una taverna due isolati a est della “Inland Electronic”, come ho detto prima.

Il tassì si fermò davanti alla “Taverna del Pavone”. Devan pagò e. tenendo forte il cappello contro il vento, percorse il breve tratto che lo separava dalla taverna ed entrò.

Non c’era mai stato prima e ora, guardandosi attorno, si domandava se aveva fatto bene a scegliere quel luogo. Gli scambi di confidenze tra lui e Beatrice Treat si svolgevano generalmente nel suo ufficio: ma a quell’ora, tanto più che lui avrebbe dovuto essere ancora a crogiolarsi al sole della Florida, il suo ufficio non sarebbe stato molto opportuno.

La taverna traeva il proprio nome da un vecchio e polveroso pavone imbalsamato esposto in vetrina, la cui effige era stata riprodotta più volte sulle pareti interne. Alcuni clienti che erano al bar, lo seguirono con occhi indifferenti e quindi ripresero le loro occupazioni. Riconobbe subito la signorina Treat attraverso la fitta cortina di fumo e si diresse senz’altro verso di lei. Notò subito l’espressione preoccupata dei suoi occhi.

— Signor Traylor! — esclamò alzandosi. — Sono così spiacente! — Non l’aveva mai vista così depressa.

— Smettete di scusarvi e sedetevi — rispose Devan ruvidamente, togliendosi il cappotto e appendendolo.

— Ma non potevo fare diversamente! — Stava per piangere e così Devan, sedendosi, dovette prenderle le mani per confortarla.

— Non sapevo se facevo bene o male a chiamarvi, ma dovevo pur decidermi. Non ho fatto che pensarci e…

Una cameriera emerse dall’aria densa che li circondava e Devan ordinò due cognac.

Beatrice Treat era una donna piuttosto robusta, aveva passato da un po’ la trentina, ma aveva conservato la grazia e l’avvenenza proprie di una ragazza.

Questa e altre sue qualità come lo zelo inesauribile, l’efficienza e la lealtà, l’avevano imposta agli occhi di Traylor nella scelta di una segretaria dopo l’arrivo alla “Inland Electronic”. Di tale scelta, Devan non ebbe a pentirsene. Spesso dovette ammettere che non avrebbe potuto fare in tre anni tutto quel lavoro senza di lei.

Beatrice era semplice e naturale e, quando si trattava del bene della “Inland” e di Devan Traylor, non aveva esitazioni di sorta, anche se ciò l’aveva spesso messa in situazioni difficili e imbarazzanti.

Era la prima volta che la vedeva con un eccentrico cappellino con una piuma rossa e la veletta; doveva inoltre riconoscere che l’abito di raso nero che indossava, le stava veramente bene. A dir la verità, quell’abbigliamento lo stupì un poco, abituato com’era a vederla in ufficio con abiti severi.

Era però così pallida e angustiata che il vederla arrossire mentre le dava piccoli colpetti affettuosi sulla mano gli fece piacere.

— E ora, su, cosa avete da dirmi?

— Non so come cominciare — disse. — È tutto così terribilmente confuso. Ho creduto opportuno farvi tornare prima della riunione del Consiglio. Hanno stabilito di spendere… fino a un milione di dollari.

Devan sussultò. — Un milione di dollari? Per che cosa?

— Voi siete partito la scorsa settimana, dopo la consueta riunione del Comitato. Ricordate?

Sì, ricordava. Normale amministrazione, il secondo martedì di ogni mese. Aveva firmato delle carte, stretto delle mani e infine si era diretto alla sua abitazione di Oak Park a prendere Beverly e i piccoli per andare all’aeroporto. Tutto sembrava normale.

— Ebbene, hanno convocato un’assemblea straordinaria. Non potevano mettersi in contatto con voi perché eravate partito. Del resto non ci hanno neanche provato.

— Se ho ben capito, state parlando del Comitato esecutivo, no?

La signorina Treat annuì. — La riunione è stata indetta da Holcombe, su richiesta del signor Orcutt. C’erano il signor Basher, il signor Holcombe, il signor Tooksberry e il signor Orcutt. Tutto qui.

Questo era il Comitato esecutivo, eccezion fatta per Orcutt. Glenn Basher, piuttosto giovane, già appartenente alla “Continental Electric”, per anni aveva acquistato materiale alla “Inland”; James Holcombe aveva come Devan un duplice incarico, per la parte elettronica e per l’amministrazione, ed era anche presidente del Consiglio, e Howard Tooksberry era un avvocato dal carattere ostinato che lavorava alla “Inland” sin da quando si era laureato.

— Che cosa hanno fatto? — Devan chiese, aspettando ansioso la risposta. Senza di lui, Basher e Holcombe potevano decidere qualunque cosa, anche se Tooksberry si fosse opposto, dal momento che in sua assenza essi costituivano la maggioranza. Più di una volta egli si era schierato con Tooksberry, obbligando il Comitato a piegarsi a più sagge decisioni.

— Vogliono spendere un milione di dollari, signor Traylor, un milione di dollari per un esperimento scientifico.

Devan cominciava a vederci chiaro.

Edmund G. Orcutt, presidente della “Inland Electronic”, era un uomo imponente, con folti capelli bianchi, grosse sopracciglia e ben curati baffi. La carica di presidente gli era stata affidata per la sua posizione preminente in una grossa organizzazione di materiale per radio. Per Devan era un tipo da tener d’occhio poiché aveva dimostrato di comportarsi con eccessiva libertà nei riguardi dei t’ondi della Compagnia. Su questo problema si erano scontrati diverse volte.

Da quanto traspariva dal racconto della donna, Orcutt aveva convocato una riunione straordinaria e aveva avanzato la proposta, che ora sarebbe passata alla Direzione, con una particolare raccomandazione del Comitato esecutivo. La Direzione, dopo questa trafila, avrebbe facilmente legalizzato tale proposta, come faceva sempre in simili casi.

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