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Ben Bova: La vendetta di Orion

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Ben Bova La vendetta di Orion

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Ormai non ci sono dubbi: sotto le spoglie umane di John O’Ryan si nasconde una figura mitica, il leggendario cacciatore Orion. A crearlo è stato l’essere di un lontanissimo futuro che ha scelto di farsi chiamare Ormazd, e che con il suo aiuto intende condurre nel tempo e nello spazio una guerra spietata contro il più acerrimo nemico dell’umanità, Ahriman. Il primo scontro (in Orion, Urania 1038) sembra essersi concluso vittoriosamente, ma in realtà l’intervento di Orion ha causato una frattura nel continuum spazio-temporale, concedendo ad Ahriman e ai suoi neandertaliani un cosmo tutto per loro. Ormazd non ha affatto gradito la cosa e ha deciso di punire Orion strappandogli ciò che ha di più caro, per costringere il cacciatore a riprendere la sua battuta. Questa volta lo scenario-sarà il passato e la posta in gioco il salvataggio di Troia… perché Ormazd è deciso a cambiare addirittura la trama del tempo pur di distruggere definitivamente il suo nemico.

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Il mondo girava vorticosamente, adesso. I muri del tempio mandavano bagliori, con gli affreschi e le incisioni che danzavano e ondeggiavano come creature vive, in una danza complicata e lugubre.

Mi tirai su appoggiandomi ai gomiti e guardai le pareti. Vidi il mio ritratto e quello di Anya, l’uno di fronte all’altro, che traballavano, si muovevano e sparivano alla mia vista.

“Il segreto del tempo è che scorre come un oceano, in enormi correnti e maree. Gli esseri umani vedono il tempo come un fiume, come il Nilo, che si muove sempre in modo lineare, da qui a lì.” Ma nelle molte vite che avevo vissuto, io avevo imparato come navigare su quel mare.

Ci voleva energia per muoversi attraverso il tempo. Ma l’universo era pieno di energia, immerso com’era nella radiante abbondanza d’innumerevoli stelle. I Creatori sapevano come utilizzarla, e il ricordo delle loro azioni insegnò anche a me come fare.

Le pareti del tempio di Osiride si fecero trasparenti ai miei occhi, ma non scomparvero. Le incisioni divennero confuse. Le immagini danzanti, baluginanti, si dissolsero lentamente, finché i muri restarono lisci e nudi, come appena costruiti.

Mi alzai in piedi. La mia ferita non c’era più. Esisteva in un altro tempo, a migliaia d’anni di distanza.

Dalla porta aperta non vidi il cortile con il suo colonnato ma un giardino rigoglioso dove gli alberi da frutta curvavano i rami carichi sul terreno erboso, e i fiori schiudevano i loro petali colorati come primo benvenuto ai raggi del sole mattutino.

Il tempio in cui mi trovavo era piccolo, semplice, praticamente privo di decorazioni. Un rozzo altare di pietra era accostato a una parete, con una sola, piccola statua in cima. Rappresentava un uomo con la testa di un animale che non riuscii a riconoscere: un becco ricurvo e appuntito, quasi come quello di un falco, ma nient’altro, nei tratti, ricordava un uccello.

Non aveva importanza. Vidi che c’era un’altra apertura sulla parete opposta, e che portava a un sacrario più piccolo e più interno. Era buio, ma vi entrai senza esitare.

Nell’ombra indistinta, la vidi giacere sull’altare, vestita di una lunga tunica argentata. Aveva gli occhi chiusi e le braccia lungo i fianchi. Non respirava, ma io sapevo che non era morta. Stava solo aspettando.

Alzai lo sguardo verso il soffitto basso, appena al di sopra della mia testa. Era di travi, rivestito di assi sigillate con la pece. Allungai le braccia e, come mi aspettavo, vidi che un riquadro proprio al di sopra dell’altare era munito di cardini. L’aprii e feci in modo che il sole del mattino battesse sul corpo esanime di Anya.

L’argento della sua veste luccicò di mille minuscole stelle. Il colore tornò sulle sue guance.

Mi avvicinai, mi chinai su di lei e la baciai sulle labbra.

Era calda e viva. Intrecciò le braccia attorno al mio collo, sospirò profondamente e ricambiò il mio bacio. Sentivo gli occhi pieni di lacrime e per lunghi minuti non dicemmo assolutamente niente, limitandoci a tenerci così stretti che né il tempo né lo spazio avrebbero potuto separarci.

— Sapevo che mi avresti trovato — disse infine Anya, la voce bassa, calda e vibrante d’amore.

— Dicevano che non potevi essere resuscitata. Dicevano che eri morta per sempre.

— Ero qui. Ti aspettavo.

Si mise a sedere lentamente e io l’aiutai ad alzarsi. Nei suoi occhi c’era l’immensità degli universi. Mi sorrise, lo stesso sorriso raggiante che ricordavo da così tante esistenze.

Ma, mentre la tenevo tra le braccia, incredibilmente felice, il ricordo della nostra morte insieme mi suscitò un brivido gelido.

— Cosa c’è, amore mio? — chiese lei. — Cosa c’è che non va?

— Il Radioso ti ha uccisa…

Il suo viso si fece serio. — È folle di gelosia, Orion. Geloso di te.

— Gli altri Creatori l’hanno fermato. Cercheranno di curarlo.

Mi guardò con nuovo rispetto. — E tu li hai aiutati a catturarlo, vero?

— Sì.

— Lo supponevo. Non ci sarebbero riusciti senza il tuo aiuto, proprio come io non sarei potuta tornare alla vita senza di te.

— Non capisco — dissi.

Mi sfiorò la guancia con la punta delle sue dita morbide e meravigliose. — Ci vorrà tempo per insegnarti, Orion, ma sai già molto più di quanto tu non ti renda conto.

Una nuova domanda prese forma nella mia mente. — Sei umana, adesso o sei una… dea?

Anya rise. — Non ci sono dèi o dee, Orion. Lo sai. Abbiamo solo una conoscenza molto superiore a quella degli uomini che ci hanno preceduto. Capacità molto maggiori. Siamo più potenti.

Molto più potenti di me, pensai.

Come se potesse leggermi la mente, Anya disse: — I tuoi poteri stanno crescendo, Orion. Hai imparato molto da quando il Radioso ti ha mandato per la prima volta nell’Era Glaciale, a caccia di Ahriman. Stai diventando uno di noi.

— Puoi morire? — chiesi senza riflettere.

Lei capì la mia paura. — Tutti possono morire, Orion. L’intero continuum può essere distrutto, con tutto quello che vi si trova.

— Allora non c’è nessun luogo dove possiamo vivere in pace? Nessun tempo dove potremo riposare, e vivere e amare come fanno i normali esseri umani?

— No, caro. Nemmeno i comuni mortali hanno questo privilegio. La cosa migliore che possiamo sperare è di restare insieme, di affrontare le gioie e i pericoli fianco a fianco, in ogni tempo, in tutti gli universi.

La presi di nuovo tra le braccia e mi sentii non soltanto contento, ma divinamente felice. — Mi basterà. Stare con te è tutto ciò che desidero, nient’altro importa.

Epilogo

Con Anya al mio fianco, uscii dall’antico tempio nel tiepido sole del nuovo giorno. Tutt’intorno a noi si stendeva una vegetazione lussureggiante: arbusti in fiore e alberi da frutto coperti di gemme, a perdita d’occhio.

Camminammo lentamente verso il fiume, l’indistruttibile Nilo, sempre uguale a se stesso nonostante i millenni.

— In che periodo siamo? — chiesi.

— Le piramidi non sono state ancora iniziate. Il deserto che un giorno sarà chiamato Sahara è ancora una vasta distesa d’erba brulicante di vita. Bande di cacciatori la percorrono liberamente.

— E questo giardino? Sembra l’Eden.

Lei mi sorrise. — No. È la casa della creatura la cui statua era sull’altare.

Mi voltai a guardare il piccolo tempio di pietra. Era una costruzione semplice, blocchi di pietra appoggiati l’uno sull’altro e un tetto piatto di assi di legno.

— Un giorno l’Egitto l’adorerà come un dio potente e pericoloso. Lo chiameranno Set.

— È uno dei Creatori?

— No — rispose Anya. — È un nemico. Uno di quelli che cercano di distorcere il continuum per i loro scopi personali.

— Come il Radioso — dissi.

Lei mi scoccò uno sguardo severo. — Il Radioso, pazzo di potere com’è, almeno lavora in favore della razza umana.

— Sostiene di averla creata.

— Ha aiutato a farlo — rispose lei, lasciando che un piccolo sorriso le increspasse le guance.

— Ma quest’altra creatura… quella con la faccia da lucertola?

Il suo sorriso svanì. — Viene da un mondo lontano, Orion, e cerca di spazzarci via tutti, noi e il nostro continuum.

— Allora perché siamo qui, in questo tempo e in questo luogo?

— Per trovarlo e distruggerlo — rispose Anya. — Tu ed io, insieme. Cacciatore e guerriera, per tutto lo spazio-tempo.

Guardai in fondo ai suoi occhi luminosi e mi accorsi che era quello il mio destino.

“Io sono Orion, il Cacciatore.” E con quella cacciatrice, a fianco, con quella dea guerriera vicino a me, mi sentivo in grado di cacciare per tutti gli Universi.

FINE
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