Ben Bova - La vendetta di Orion

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La vendetta di Orion: краткое содержание, описание и аннотация

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Ormai non ci sono dubbi: sotto le spoglie umane di John O’Ryan si nasconde una figura mitica, il leggendario cacciatore Orion. A crearlo è stato l’essere di un lontanissimo futuro che ha scelto di farsi chiamare Ormazd, e che con il suo aiuto intende condurre nel tempo e nello spazio una guerra spietata contro il più acerrimo nemico dell’umanità, Ahriman. Il primo scontro (in Orion, Urania 1038) sembra essersi concluso vittoriosamente, ma in realtà l’intervento di Orion ha causato una frattura nel continuum spazio-temporale, concedendo ad Ahriman e ai suoi neandertaliani un cosmo tutto per loro. Ormazd non ha affatto gradito la cosa e ha deciso di punire Orion strappandogli ciò che ha di più caro, per costringere il cacciatore a riprendere la sua battuta. Questa volta lo scenario-sarà il passato e la posta in gioco il salvataggio di Troia… perché Ormazd è deciso a cambiare addirittura la trama del tempo pur di distruggere definitivamente il suo nemico.

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Mentre il sole gettava lunghe ombre sulla città, ci ritirammo nel mio appartamento, io su un soffice divano di seta dipinta, Nefertu su uno scanno di legno da cui poteva guardare la terrazza e i tetti al di là.

— Nekoptah è rimasto stranamente silenzioso e inattivo — disse il burocrate dai capelli argentei. — Per la maggior parte del tempo è rimasto chiuso nei suoi alloggi.

— Non cederà il potere senza combattere — dissi.

— Credo che lo spuntare del principe Aramset come una forza di cui tener conto l’abbia colto di sorpresa e abbia scombinato i suoi piani — disse Nefertu. — E dobbiamo ringraziare te per questo, Orion.

— Il che significa che Nekoptah ne dà la colpa a me.

Lui rise; un risolino soffocato, in realtà, fu tutto quello che si concesse.

— E sua altezza Elena? — chiesi.

Il viso di Nefertu assunse quello sguardo vuoto e privo di espressione del burocrate di professione che non desidera rivelare nulla. — Sta bene — rispose.

— Vuole vedermi?

Allontanando leggermente gli occhi da me, rispose: — Non l’ha detto.

— Vorresti dirle che io desidero vederla?

Sembrava addolorato. — Orion, sta permettendo a suo marito di ricominciare a farle la corte. Il marito che tu le hai mandato.

Mi alzai dal divano e andai verso la terrazza. Sapevo che aveva ragione. Però, volevo vedere Elena un’ultima volta.

— Portale il mio messaggio — lo pregai. — Dille che partirò per sempre, quando la cerimonia sarà finita. Mi piacerebbe vederla per un’ultima volta.

Alzandosi lentamente dalla sedia, il vecchio disse con voce piatta: — Farò come chiedi.

Se ne andò, e io rimasi sulla terrazza a guardare la sera che passava dal rosso del tramonto al viola scuro e infine al nero della notte. Le lampade brillavano per tutta la città, in gara con le stelle che riempivano il cielo.

Un servo del principe arrivò con dei pacchi e un invito a cena. I pacchi contenevano abiti nuovi: non una tunica di stile egiziano o una veste di lino bianco, ma un gonnellino di pelle e un corsetto simili a quelli che avevo indossato per tanti mesi. Risi tra me. Quel completo era tagliato splendidamente e lavorato in argento. Includeva un mantello blu notte e stivali morbidi come gli occhi di una cerva.

Aramset stava diventando un vero diplomatico. Mi chiesi quanto i miei vecchi abiti macchiati puzzassero per lui. Alcuni servi risposero al mio batter di mani e mi prepararono un bagno. Infine, lavato, profumato, con il gonnellino nuovo, il corsetto, il mantello e il mio vecchio pugnale ancora legato alla coscia, fui scortato agli alloggi di Aramset.

Fu un cena tranquilla, solo noi due, anche se vidi quattro degli uomini di Lukka di guardia proprio fuori della porta. Alcuni servi portarono vassoi di cibo, e il principe fece assaggiare tutto.

— Temi il veleno? — gli chiesi.

Lui si strinse nelle spalle. — Ho circondato di guardie il tempio di Ptah e ho dato ordine di tenervi dentro il Sommo Sacerdote. È lì che rimugina e trama congiure. Ho suggerito a mio padre che Nekoptah e suo fratello officino alla prossima cerimonia, tutti e due insieme.

— Dovrebbe essere interessante — dissi.

— Il popolo vedrà che i sacerdoti dei due dèi si somigliano come due gocce d’acqua — sorrise il giovane. — Potrebbe tornare utile per sventare qualunque piano di Nekoptah per mettere Ptah al di sopra degli altri dèi.

Staccai un morso di melone e pensai tra me che Aramset si stava occupando della politica di corte piuttosto bene.

— Tuo padre sta… bene? — chiesi.

Il viso del principe si rabbuiò. — Mio padre non starà mai bene, Orion. La sua malattia è troppo avanzata, grazie a Nekoptah. Il meglio che posso fare è farlo sentire a suo agio e permettere al popolo di continuare a credere nel suo re.

Aramset sembrava avere il totale controllo della situazione. Non c’era più bisogno di me, lì. Entro tre giorni avrei potuto riprendere la mia ricerca di Anya, ovunque mi avesse portato. “Eppure” pensai, “sarebbe bello vedere Elena ancora una volta.”

Un servo irruppe trafelato nella stanza e cadde in ginocchio, scivolando sul pavimento lucido e andando quasi a sbattere contro il principe.

— Vostra Altezza Reale! Il Sommo Sacerdote di Ptah è morto! Di sua stessa mano!

Aramset balzò in piedi urtando la sedia dietro di sé. — Di sua mano? Il codardo!

— Chi lo dirà al re? — chiese il servo.

— Nessuno — ringhiò Aramset. — Prima vedrò questo suicidio — e si diresse alla porta.

Io andai con lui e feci cenno ai soldati ittiti di accompagnarci. Ne mandai uno da Lukka, con l’ordine di seguirci insieme a tutti gli altri.

Attraversammo il cortile illuminato dalle stelle ed entrammo nel tempio di Ptah. Percorremmo le stesse scale e lo stesso corridoio, verso lo stesso ufficio dove l’arcigno Nekoptah mi aveva ricevuto per la prima volta.

Giaceva sulla schiena, un enorme mucchio di carne con uno squarcio rosso scuro sui rotoli di grasso della gola. Nella luce tremolante della lampada vedemmo il suo viso truccato, con gli occhi che fissavano, vuoti, le assi di legno scuro del soffitto. Il medaglione d’oro gli era scivolato sulla spalla, e il sangue vi si stava già coagulando. Gli anelli sulle sue dita tozze scintillavano anche alla luce traballante della lampada.

Li fissai.

— Questo non è Nekoptah — dissi.

— Cosa?

— Guarda — indicai. — Gli mancano tre anelli. Le dita di Nekoptah sono così grasse che nessuno avrebbe potuto sfilarglieli.

— Per gli dèi! — mormorò Aramset. — Allora è suo fratello, truccato per sembrare lui!

— Nekoptah l’ha ucciso, e adesso può andare dove vuole senza essere disturbato.

— Mio padre!

Il principe saettò verso la porta. Le guardie, confuse, mi lanciarono uno sguardo interrogativo. Io feci loro cenno di seguire Aramset. Il ragazzo aveva ragione: il suo primo dovere era proteggere suo padre. Nekoptah poteva andarsene in giro per tutto il palazzo, nelle vesti di suo fratello. Dubitavo che intendesse far del male al re, ma il principe faceva bene ad andare da lui.

Mi inginocchiai vicino al cadavere del povero Hetepamon per qualche minuto, e improvvisamente compresi quale sarebbe stata la prossima mossa di Nekoptah.

Scattai in piedi e mi precipitai verso gli alloggi di Elena.

45

Avevo capito i piani omicidi del Sommo Sacerdote. Il suo scopo era distruggere l’alleanza tra gli Achei e gli Egiziani, dimostrando al re che il principe Aramset aveva portato la minaccia barbara giusto nel cuore della capitale. “Chissà” pensai attraversando di corsa il palazzo verso l’appartamento di Elena, “forse convincerà Menelao a uccidere il principe.”

Sapevo che se poteva controllare Elena, poteva controllare anche Menelao. Anche se non avesse ucciso il principe, se solo fosse riuscito a far esplodere Menelao, la nuova influenza del principe Aramset su suo padre sarebbe stata finita. Nekoptah sarebbe tornato al potere con un borioso: “Ve l’avevo detto”.

Oltrepassai guardie stupite, guidato dal ricordo della pianta del palazzo. Ma la porta di Elena non aveva guardie. Anzi, era leggermente aperta. La spalancai.

Nefertu giaceva sul pavimento, con un pugnale ingioiellato infilato nella schiena.

Mi avvicinai in fretta a lui. Era ancora vivo, ma solo per poco.

— Pensavo… il Sommo Sacerdote di Amon…

I suoi occhi erano vitrei. Sangue rosso brillante gli usciva dalla bocca.

— Elena — chiesi. — Dove ha portato Elena?

— Agli inferi… per incontrare Osiride… — La voce di Nefertu era un debolissimo sospiro. Potevo sentire la sua sofferenza. Cercò di respirare, ma i suoi polmoni erano pieni di sangue e di agonia.

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