Il viso di Beniamino divenne rosso.
— Vuoi dire che affermi che non lo era?
Io alzai le mani per evitare che la situazione degenerasse. — Non c’è nessun modo di chiarire questo punto, in un senso o nell’altro. Cosa vuole lei da questo uomo?
— Il matrimonio.
— Suo padre lo approva?
— Lo pretende!
Io guardai il soldato sotto accusa dietro di loro, ma lui teneva la testa talmente china che non riuscii a vederlo in faccia. A Lukka, chiesi: — L’uomo è disposto a sposare questa donna?
— Sì, la sposerà.
Vidi il soldato irrigidirsi, come se un ago rovente gli fosse stato conficcato nella carne.
— Allora qual è il problema?
— Per sposare qualcuno della nostra tribù — disse Beniamino — è necessario accettare la nostra religione.
— E questo lui non lo farà — intervenne Lukka. — Il suo dio è Taru, un dio della tempesta, non un qualche spirito invisibile e senza nome.
Pensai che Beniamino sarebbe scoppiato. Diventò rosso come la fiamma dalla radice dei capelli fino al collo. Se avesse avuto un’arma avrebbe attaccato Lukka sul posto, ne sono sicuro.
Lo presi per le spalle e lo costrinsi a guardarmi. — Uomini diversi venerano dèi diversi, amico mio — dissi nel modo più delicato che mi riuscì. — Questo lo sai.
Emise un gemito di raccapriccio. Il suo viso tornò a un colore più vicino al normale. — Inoltre — aggiunse Lukka — per abbracciare la loro religione bisogna farsi circoncidere, e questo non lo accetterebbe mai.
— È proprio necessario? — chiesi a Beniamino.
Lui annuì.
Non riuscivo a biasimare il soldato perché rifiutava la circoncisione. Però aveva scelto la donna sbagliata. Lei gli aveva fornito il sesso e ora esigeva il matrimonio in pagamento. Ma gli Israeliti pretendevano che le loro donne sposassero solo uomini della stessa fede, quindi lui doveva accettare la sua religione. Se rifiutava, saremmo stati sommersi da un’orda di parenti furibondi che ci avrebbero massacrato in nome dell’onore della famiglia e della purezza della religione. Naturalmente, molti di loro ci avrebbero accompagnato nella tomba, ma sarebbe finita con noi tutti morti e Gerico ancora in piedi.
Desiderai quasi che il Radioso fosse davvero un dio saggio e misericordioso, tale da scendere tra noi per illuminare con la luce della ragione quello spinoso problema. Quasi.
Guardai Beniamino negli occhi e dissi: — Amico mio, mi sembra che se l’uomo è disposto a sposare la donna, sia più che sufficiente. Non è andato da lei in cerca della rivelazione religiosa, ma in cerca d’amore. Non puoi aspettarti che rinunci alla sua fede.
Prima che potesse pensare una risposta, aggiunsi: — E come sai, abbiamo la parola giurata di Giosuè in persona che una volta caduta Gerico ci sarà permesso di lasciarvi e di riprendere la nostra strada verso l’Egitto. La donna è disposta ad accompagnare suo marito in quella terra? La sua famiglia acconsente che lei si separi da loro?
Il giovane israelita prese molto tempo per riflettere, aggrottando le sopracciglia pensierosamente mentre noi tutti stavamo lì, in attesa della sua risposta. Sapeva bene quanto me cosa c’era in gioco. Avrebbe sacrificato l’onore della ragazza in cambio della conquista di Gerico?
Fu Elena a rompere il silenzio.
Si alzò dalla sedia e venne lentamente verso di me, dicendo: — Voi uomini siete causa di così tanti problemi! Povera ragazza, capisco benissimo come si sente.
Beniamino la fissò. Elena indossava un veste modesta, ma i suoi capelli dorati e la sua sfolgorante bellezza conferivano regalità anche al più semplice indumento.
Si fermò vicino a me e si tolse l’anello dall’indice sinistro. Era un pesante cerchio d’oro, con incastonato un rubino sfavillante.
— Dallo alla tua parente — disse porgendolo a Beniamino — e dille che è il dono di una regina. Deve accontentarsi di questo, perché l’uomo che ama non può sposarla.
— Ma, mia signora…
— Shsh — disse Elena. — Che razza di marito avrebbe, se la sposasse? Un uomo che le darebbe la colpa per ogni goccia di pioggia che gli cade addosso. Un soldato che non conosce altro che la violenza, e che fuggirebbe da lei la prima volta che ne avesse l’occasione. O la trascinerebbe di nuovo in Egitto, la terra della sua schiavitù. Di’ a suo padre che dovrebbe essere felice di sbarazzarsi di lui. Quando Gerico cadrà e noi saremo partiti, la consideri come una vedova. Questo anello l’aiuterà a trovarsi un marito adatto tra la sua stessa gente.
— Ma il suo onore… — disse Beniamino.
— Niente può rimpiazzarlo. Però lei vi ha rinunciato abbastanza facilmente, no? Ha commesso un grave errore, ma non costringetela ad accentuarlo con uno ancora più grande.
Beniamino teneva l’anello in una mano. Guardò Elena, poi si voltò verso di me. Grattandosi la testa, alla fine disse: — Porterò questo a suo padre e vedrò se sarà d’accordo con la vostra saggezza, mia signora.
— Lo sarà — gli assicurò Elena.
Beniamino uscì lentamente, perso così profondamente nei suoi pensieri da vedere a malapena dove stava andando. Gli uomini all’esterno mormoravano e borbottavano e parlottavano dirigendosi verso le tende della loro tribù.
Io sorrisi ad Elena. — Grazie. È stato un bel pensiero da parte tua, molto saggio. E molto generoso.
Lei mi rispose con un sorrisino altezzoso. — Vale la pena di pagare qualunque prezzo pur di accelerare il momento in cui potremo lasciare questo posto disgraziato.
Lukka era d’accordo. Agitando una mano per congedare i suoi soldati, mi disse: — Forse ora possiamo tornare a buttare giù quel maledetto muro.
La “festa rumorosissima in onore del Signore” consisteva in una banda in marcia. Giosuè riunì tutti i sacerdoti e li fece marciare intorno alle mura della città, insieme a una cassa di legno rivestita d’oro di squisita fattura portata in processione su due lunghi pali. I sacerdoti con le vesti e i turbanti più colorati erano preceduti da sette uomini che suonavano trombe di corna d’ariete e seguiti da altre trombe, tamburi e piatti.
La cassa era un oggetto di culto che Giosuè chiamava “l’arca dell’alleanza”. Non mi fu mai permesso di avvicinarmi abbastanza da vederla nei dettagli. Infatti, Beniamino insisteva che il solo toccarla avrebbe significato la morte istantanea. Mi chiesi se non fosse un qualche tipo di attrezzatura per comunicare con la dimensione in cui vivevano il Radioso e la sua specie, ma Beniamino mi disse che conteneva due tavole di pietra su cui erano scritte le leggi date a Mosè direttamente dal loro dio.
Sapevo che era meglio non discutere di religione, anche con Beniamino. I sacerdoti e la loro banda itinerante fecero effettivamente un bel po’ di baccano, e girarono intorno alle mura della città per tutto il giorno, sostituendo con uomini freschi quelli via via troppo stanchi.
Coperti dalla loro musica e dai loro canti, noi perforammo le fondamenta del muro principale. Con le punte di lancia avevamo sfondato i due muri di sostegno esterni, e poi, senza troppe difficoltà, avevamo scavato un cunicolo nei detriti millenari che costituivano la collina di Gerico. Adesso c’era abbastanza spazio perché i nostri scavatori potessero ingrandirlo in modo da farci stare un uomo in piedi. Giosuè aveva dato il via ai sacerdoti quando eravamo arrivati alla base del muro principale.
All’inizio, marciarono a una certa distanza dalla cinta muraria, e le sentinelle di guardia lanciavano loro sguardi molto sospettosi, aspettandosi un qualche tipo d’attacco a sorpresa. Ma verso sera sulle mura c’erano sempre più donne e bambini, che guardavano quella strana e colorata processione.
Per sei giorni marciarono e suonarono i loro strumenti e cantarono, mentre noi grattavamo e sfregavamo le massicce fondamenta. I cittadini di Gerico, in fila sui bastioni, agitavano le mani e gridavano prese in giro. Ogni tanto qualche bambino buttava giù qualcosa, ma niente di bellico venne indirizzato alla strana sfilata. Forse la gente della città pensava che non fosse bene prendersela con dei sacerdoti, incorrendo magari nell’ira di un dio. Forse pensavano che l’intenzione degli Israeliti fosse di farli diventare tutti matti, con quella musica e quei canti ininterrotti.
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