Orion diventa allora una metafora del genere umano, che cerca di comprendere la natura di ciò che gli dèi gli impongono di fare. Ogni passo avanti nella sua comprensione lo guida verso uno scalino più alto della propria divinità; un progresso che alcuni dèi approvano e altri no.
Questo per quanto riguarda i concetti alla base della saga di Orion. Occupiamoci adesso del romanzo in questione.
Fra i miti che tutte le culture umane sembrano condividere fra loro è quello degli esseri soprannaturali completamente maligni: diavoli, demoni, i Satana e i Belzebù di cui scrissero Dante e Milton. Le loro descrizioni mi sono sempre sembrate quelle di un rettile.
Creare un rettile satanico per questo romanzo significava teorizzare l’esistenza di una razza di rettili intelligenti almeno quanto l’Homo Sapiens. O meglio, il mio Set (per assegnargli il suo antico nome egiziano) avrebbe dovuto essere intelligente quanto i miei immaginari Creatori, i nostri discendenti di un lontano futuro.
Per anni mi ero lasciato sedurre dalla possibilità di un’intelligenza rettiliforme. I rettili pensanti sono un vecchio cliché della fantascienza, e fra quegli scritti c’è anche il mio primo romanzo, pubblicato trent’anni orsono. Tuttavia ho sempre creduto piuttosto improbabile che i rettili potessero sviluppare una qualche forma d’intelligenza, a prescindere dalla loro effettiva utilità come creature “aliene” per la letteratura di fantascienza.
Nel decennio passato alcuni paleontologi hanno teorizzato che se i dinosauri non fossero scomparsi durante la grande ondata d’estinzioni che afflisse la Terra qualcosa come sessantacinque milioni di anni fa, avrebbero potuto sviluppare una razza intelligente. Dale A. Russell, del Museo Nazionale Canadese di scienze naturali a Ottawa, è il principale fautore di quest’idea. La sua teoria è quella che un piccolo bipede carnivoro del Cretaceo, lo Stenonychosaurus inequalis, col tempo avrebbe potuto evolversi in un rettile intelligente dall’andatura eretta.
Eppure ho sempre pensato che il tempo e le dimensioni del cervello non siano gli unici fattori necessari per lo sviluppo dell’intelligenza. L’intelligenza richiede interazione fra gli individui, comunicazione. Se Albert Einstein fosse nato in una giungla e non avesse mai incontrato un altro essere umano, non avrebbe mai sviluppato la parola, non dico una teoria fisica.
Gran parte dei rettili attualmente viventi depongono le uova per non far più ritorno, lasciando che i loro piccoli se la cavino da soli. Così facevano gran parte dei dinosauri, sebbene almeno una specie di sauri dal becco simile a quello di un’anatra sembrassero aver cura della loro prole. In questo romanzo ho proposto che i rettili evolutisi sull’immaginario pianeta Shaydan, orbitante intorno all’altrettanto immaginaria Sheol, avessero sviluppato l’intelligenza attraverso una forma di telepatia.
La telepatia non è che un artificio, lo ammetto. Ma riflettiamo un attimo sull’esperienza della nostra infanzia. Non è forse vero che le nostre madri hanno spesso manifestato intuizioni al limite dell’incredibile, del tutto simili al potere telepatico?
La teoria astronomica alla base di questo romanzo è piuttosto verosimile (entro certi limiti). È possibile “ricostruire” il sistema solare ponendo una piccola nana instabile a una distanza dal Sole pari a quella attuale di Giove. Le perturbazioni gravitazionali sulla Terra e sugli altri pianeti del nostro sistema solare sarebbero pressoché irrilevanti. La stella compagna del sole avrebbe potuto possedere uno o più pianeti in orbita intorno a essa, così come Giove oggi possiede almeno sedici lune.
Ciononostante, se proponessimo un tale modello a qualsiasi astrologo, con tutta probabilità ci sentiremmo rispondere che non esiste un solo indizio a indicare che Giove sia in realtà ciò che rimane di una stella esplosa. Nessun indizio naturale, se non altro. Per lo scrittore, tuttavia, è possibile introdurre cambiamenti indotti da forze estranee a quelle della natura. In questo romanzo la stella nana di nome Sheol si trasforma nel pianeta Giove a causa dell’operato di Orion e dei Creatori.
La distruzione dell’unico pianeta di Sheol genera una pioggia di meteore che instaura sulla Terra l’era della Grande Estinzione, la catastrofica moria che portò all’estinzione non solo dei dinosauri ma anche di migliaia di altre specie terrestri e marine circa sessantacinque milioni di anni fa. La fine del Cretaceo vide l’estinzione di gran parte della vita sulla Terra.
Dopo tale periodo, tuttavia, nel mondo esistevano un gran numero di nicchie ambientali nelle quali era possibile lo sviluppo di nuove forme di vita. Ebbe inizio allora il regno dei mammiferi, che portò allo sviluppo dei primi ominidi.
In effetti, sessantacinquemila anni orsono la Terra subì un cataclisma di enormi proporzioni, che segnò la fine del Cretaceo nello stesso modo in cui un disastro simile aveva causato, duecento milioni di anni prima, la fine del periodo Permiano, lasciando spazio alla comparsa dei dinosauri.
I dinosauri si propagarono in seguito a una catastrofe di portata planetaria che aveva spazzato via più di metà delle specie viventi che esistevano sulla Terra. E si estinsero in un cataclisma di proporzioni simili. Le prove di cui siamo in possesso evidenziano il verificarsi di un immenso bombardamento di meteoriti e/o comete, accompagnato da grandi scosse telluriche che spostarono l’assetto delle zolle terrestri, alterando i livelli dei mari e il clima dell’intero pianeta.
Stephen Jay Gould e i suoi colleghi biologi asseriscono che tali sconvolgimenti furono opera della forza cieca della natura, brevi momenti nell’immenso flusso degli eoni che forzarono l’evoluzione verso nuovi binari. Per lo scrittore, tuttavia, è una tentazione irresistibile attribuire tali forze evoluzionistiche alla volontà di uno o più personaggi. È possibile con ciò creare una storia ben più appassionante. Tale operazione consente di contemplare l’operato della natura in termini morali. Trasforma le forze cieche della natura in vere e proprie scelte compiute da personaggi pensanti in grado di operare una distinzione fra il bene e il male.
Per quanto mi riguarda, credo che l’era della Grande Estinzione debba trovare le sue motivazioni in qualcosa di più radicale che una semplice pioggia di fuoco dai cieli, per quanto drammatica e catastrofica essa sia stata. Mentre il Cretaceo volgeva al termine, sulla Terra era apparsa una nuova forma di vita, tanto elementare e onnipresente che spesso non le prestiamo attenzione, a meno che non siamo costretti a occuparci direttamente di essa: l’erba.
L’erba è una delle forme di vita più prolifere della Terra. Tutti i cereali di cui si ciba l’umanità sono specie diverse di erbe. E fecero la loro comparsa proprio verso la fine del Cretaceo.
Fu l’erba a uccidere i dinosauri? Gli animali che si cibano d’erba ai giorni nostri sono dotati di denti e di un sistema digerente piuttosto particolari, adatto a metabolizzare un cibo contenente un’alta percentuale di silicio. I dinosauri erbivori erano in grado di digerire l’erba che prese il posto della vegetazione primigenia? Se non lo furono, certamente morirono di fame, e con loro morirono anche i carnivori che si nutrivano di quegli animali.
Ovviamente, si tratta di una semplice ipotesi. E comunque non è sufficiente a spiegare perché così tante forme di vita, dal plancton agli pterosauri, morirono nella stessa epoca. A ogni modo è utile considerare che la cosiddetta era della Grande Estinzione fu un periodo nel quale nacquero molte nuove forme di vita, in particolar modo le erbe.
Queste le mie speculazioni paleontologiche. Questo libro, tuttavia, è principalmente un romanzo, quindi un lavoro di fantasia, anzi di fantascienza.
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