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Ben Bova: Orion e la morte del tempo

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Ben Bova Orion e la morte del tempo

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Orion non è un uomo come tutti gli altri: tanto per cominciare, è immortale. Scelto dai Creatori per essere il loro campione nei frangenti più pericolosi e contro nemici insidiosissimi, è costretto ad andare alla deriva nel tempo per battersi contro i pericoli che si annidano in epoche e secoli nascosti. Insieme ad Anya, una ragazza che condivide la sua sorte, è costretto questa volta a lottare non solo contro le forze ostili ai Creatori, gli enigmatici esseri che reggono le fila del suo destino, ma contro i Creatori stessi per riconquistare la libertà. E la partita si decide in un’era lontanissima, dove la morte del tempo non è più metafora ma realtà.

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Voltatosi in direzione di Anya, aggiunse: — E tu, mia cara amica, hai certe responsabilità che non puoi evitare. Anya mi si fece più vicina.

— Non sono la tua “cara amica”, Aten. E se io e Orion vogliamo passare un po’ di tempo insieme in un’altra epoca, cosa c’entri nella nostra decisione?

— Ci attende un nuovo compito — rispose lui, attenuando il sorriso col quale era apparso e assumendo un tono più mesto.

Era geloso di me, compresi. Geloso dell’amore condiviso da me e Anya.

Quindi la solita aria di cinismo comparve nuovamente sul suo volto. Mi strizzò l’occhio inarcando un sopracciglio dorato. — Geloso? — lesse nei miei pensieri. — Come può un dio provare gelosia nei confronti di una sua creatura? Non essere ridicolo, Orion.

— Non basta quel che ho già fatto per te? — brontolai. — Non pensi che abbia meritato un po’ di riposo?

— No. Proprio no. I miei compagni Creatori dicono che sei cresciuto in potere e saggezza, quasi al punto di eguagliarci. Si sono congratulati con me per aver dato vita a un simile… essere.

Stava per dire “giocattolo”, ma mi aveva visto serrare i pugni.

— Bene, Orion — proseguì — se davvero hai intenzione di assumere poteri divini, allora devi essere pronto ad addossarti le tue responsabilità, come ognuno di noi.

— Ma tu hai detto che sono una tua creatura, uno strumento da usare quando più ti aggrada.

Aten corrugò la fronte e lanciò un’occhiata in direzione di Anya. — È lo stesso. O ti assumi le tue responsabilità come tutti noi, oppure devi obbedire ai miei comandi. Sta a te scegliere.

Anya mi mise una mano sulla spalla. — Hai diritto a rifiutare, amore. L’hai ben meritato.

Con un sorriso affettato, Aten ribatté: — Può darsi. Ma tu, dea, non puoi sottratti alle tue responsabilità. Non più di quanto possa farlo io stesso.

— Il continuum può esistere anche senza di me, per un po’ — rispose lei, con alterigia quasi pari a quella mostrata dallo stesso Aten.

— No. — Di colpo il Radioso assunse un’espressione seria e solenne. — La crisi è reale e imminente. Il conflitto si è propagato fra le stelle, e ormai minaccia l’intera galassia.

Anya impallidì. Portò i suoi occhi argentei su di me, e in essi potei leggere un oceano di dolore.

Sapevo che avremmo potuto rifugiarci a Paradiso, se l’avessimo voluto. Per chi è in grado di controllare il tempo, che senso hanno i giorni, gli anni o persino i secoli passati in un’era o nell’altra? Avremmo sempre potuto fare ritorno in questo punto preciso dello spaziotempo. La crisi temuta da Aten sarebbe ugualmente rimasta lì ferma ad attenderci.

Eppure, come potevamo essere felici, sapendo che il tempo a nostra disposizione a Paradiso era limitato? Anche se fossimo rimasti laggiù per un migliaio d’anni, il compito che ci attendeva avrebbe continuato a profilarsi nelle nostre menti come la cima invalicabile di un monte, come una spada appesa sopra le nostre teste.

Prima che Anya potesse rispondere, dissi: — Paradiso dovrà attendere, non credi?

Anya annuì con mestizia. — Sì, amore mio. Paradiso dovrà attendere.

Ringraziamenti

Le epigrafi con cui inizia ogni sezione di questo romanzo sono tratte da: Rubaiyat di Omar Khayyam; La città in fondo al mare di Edgar Allan Poe; Paradiso perduto di John Milton e L’Ulisse di lord Alfred Tennyson.

La leggenda del Ladro di Luce e del Punitore è un adattamento di alcune idee contenute nel saggio Pianeta dal doppio sole, di Isaac Asimov, e appare in questo libro per gentile e generosa concessione dell’autore.

Postfazione

La storia di Orion prese forma nella mia mente molti anni fa, quando per la prima volta meditai sul concetto che i miti e le leggende dovevano essersi basati, almeno entro certi limiti, su persone o eventi reali.

Gilgamesh, Prometeo, la Fenice che muore nelle fiamme per risorgere dalle proprie ceneri… quante di queste leggende sono semplici invenzioni di fantasia e quante di esse derivano dalla realtà? Non potremo mai saperlo, naturalmente. La polvere della storia ha ormai coperto gli eventi originali, siano essi le storie di uomini e donne realmente esistiti o l’invenzione di qualche abile moralista.

A ogni modo, l’effettivo significato di un mito o di una leggenda non risiede nella loro attendibilità, bensì nella loro capacità di istruire e ispirare chi l’ascolta. Nel corso del tempo, fin dalla nascita del linguaggio, un gran numero di esseri umani hanno vissuto innumerevoli avventure. Soltanto alcune di esse sono servite da nucleo ai miti che hanno ispirato le generazioni a venire.

Come Joseph Campbell e altri con lui hanno evidenziato, alcuni miti sembrerebbero comuni a tutte le civiltà della Terra. Essi sostengono che ogni società umana conosciuta avrebbe adottato una diversa versione dello stesso mito. A esempio, ogni cultura possiede un proprio mito di Prometeo a narrare di come un dio donò il fuoco al genere umano che soffriva il freddo e la fame, e di come gli umani, grazie a esso, acquistassero poteri quasi divini mentre il loro benefattore veniva punito dagli altri dèi.

Nel concepire la saga di Orion notai che essa si muoveva tra storia e mitologia, tra leggenda e archeologia. In questo volume la saga si muove fra le varie branche della storia naturale, sia biologica sia astronomica.

Ma alla base di tutto è la più profonda implicazione del romanzo, un’implicazione che non era ancora del tutto chiara nella mia mente quando cominciai a redigere le fantastiche avventure di Orion. Alludo, ovviamente, alla relazione fra il genere umano e i suoi dèi.

Il romanzo da cui prende l’avvio questa saga, Orion , derivava dalla mia curiosità nei confronti dei neanderthaliani. I paleontologi hanno stabilito che circa cinquantamila anni fa esistevano due specie distinte di Homo Sapiens: la nostra e quella dei neanderthaliani. All’improvviso questi ultimi scomparvero dalla faccia della Terra, e sulle cause della loro misteriosa estinzione è basato il primo romanzo della saga di Orion.

Mentre lo scrivevo, tuttavia, dal mio inconscio era scaturita anche quest’altra tematica più profonda. Ipotizzando gli eredi futuri del genere umano, lontani discendenti della nostra civiltà in possesso di un sapere e una tecnologia infinitamente superiori alle nostre, era possibile che essi riuscissero a ideare un modo per viaggiare attraverso il tempo e creare a loro volta il genere umano.

Agli occhi delle loro creature, essi sarebbero apparsi come dèi. E soprattutto, data una tale possibilità, non avremmo più avuto bisogno degli dèi soprannaturali che affollano le nostre religioni. Abbiamo incontrato i nostri Creatori, come direbbe Pogo, e abbiamo scoperto che essi sono noi!

Che teoria affascinante ed esauriente! Molti filosofi e psicologi dei nostri tempi hanno teorizzato che gli dèi sarebbero semplici creazioni della mente umana, un tentativo per imporre ordine e giustizia a un universo indifferente. Piegando il concetto su se stesso, abbiamo qui una genìa di esseri discendenti dalla razza umana che creano a loro volta l’umanità. Gli dèi venerati dall’uomo hanno sempre dimostrato di essere soggetti alle stesse fobie e vanità della gente comune. Il dio patriarcale del Vecchio Testamento è molto più simile a un bambino petulante e capriccioso. Forse proprio perché gli dèi sono umani quanto noi.

Quel che mancava era solo il viaggio nel tempo.

Così abbiamo Orion, un essere umano generato da un essere superiore affinché possa servirlo e obbedirlo, un cacciatore creato per scovare e distruggere i nemici del suo Creatore. Col tempo, egli comincia a comprendere che i cosiddetti dèi sono umani e fallaci quanto lui. Col tempo comincia ad assumere egli stesso le caratteristiche di un dio. O almeno, vi si avvicina di molto.

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