Gli shaydiani non sembrarono comprendere che i loro schiavi umani stavano combattendo per riacquistare la libertà. Guardandomi alle spalle, mi accorsi che soltanto una dozzina di uomini mi avevano seguito lungo i gradini di pietra. Gli altri dovevano essere rimasti nascosti nella loro cella.
Focalizzando tutte le mie energie mentali su uno dei carnosauri lo costrinsi a dirigersi verso di me, sbuffando mentre barcollava sulle possenti zampe posteriori. Gli balzai sul dorso e lo condussi verso le file degli shaydiani, che si stavano riversando nel cortile da un’ampia porta apertasi nella parete ricurva.
I rettili aprirono il fuoco contro la mia cavalcatura. Urlando per l’ira e il dolore, il carnosauro caricò gli shaydiani artigliandoli con le zampe anteriori, schiacciandoli fra le terribili fauci. Scivolai dal dorso del carnosauro che continuava a seminare la distruzione fra i cloni di Set e raccolsi quattro fucili a fiamme caduti ai rettili.
Quindi tornai di corsa verso gli umani che si erano portati contro il muro, rimanendo a bocca aperta e con gli occhi sgranati di fronte a tanta confusione. Porsi loro i fucili.
— Andate verso il cancello esterno! — gridai. — Riconquistate la vostra libertà. — Quindi mi guardai intorno in cerca di un altro carnosauro da guidare.
Il cortile era immerso nel caos più assoluto. I carnosauri azzannavano i sauropodi, i quali si difendevano con la coda e con gli artigli. Qui un sauropode si ergeva sulle zampe posteriori, artigliando un carnosauro con quelle anteriori; là un carnosauro strappava grossi brandelli di carne viva dal collo di un sauropode caduto. La notte era colma di urla e grida; enormi figure agghiaccianti percorrevano il cortile, percuotendone le pareti ricurve con tale violenza da farmi pensare che dovessero crollare.
Altri shaydiani si riversavano da numerose porte, indirizzando le fiammate dei loro fucili contro i dinosauri impazziti. Il piccolo gruppetto di umani aveva compiuto una buona metà del perimetro delle mura, e prima che i cloni di Set potessero accorgersi di quel che stava accadendo, erano già quasi giunti al portale.
Vidi una squadra di venti shaydiani dirigersi di soppiatto lungo il perimetro interno delle mura, in direzione del cancello. Non potevano attraversare il cortile senza rischiare di venire schiacciati dai sauropodi, o attaccati dai carnosauri.
Ma io sì. Mi diressi di corsa verso il cancello schivando quei bruti, fidando che i miei sensi accelerati potessero condurmi sano e salvo attraverso quella pazza mischia. Brandendo la scimitarra, corsi in aiuto degli uomini che avevo guidato verso la libertà.
— Stupida scimmia — udii la voce di Set frammista d’odio. — Anche se non sono in grado di controllare tutti i miei servitori contemporaneamente, posso sempre guidarne un numero sufficiente per finirti.
Il comandante degli shaydiani fermò il suo drappello sollevando una mano e indicò verso di me. Mentre puntavano le armi alla mia altezza indietreggiai disperatamente dietro le enormi zampe di un sauropode, sentendomi come un topolino in mezzo a un’orda di elefanti impazziti.
Cercai di assumere il controllo della mente del sauropode, ma Set giunse prima di me. La piccola testa di quel bestione girò sul suo lungo collo e mi guardò con gli occhi carichi d’odio di Set.
— Ti ucciderò — sibilò nella mia mente. Da qualche parte all’interno della fortezza Set dirigeva le sue truppe contro di me, spietato, instancabile. Forse non era in grado di controllare tutti i suoi animali e i suoi cloni contemporaneamente, ma certo poteva esercitare il proprio controllo su qualsiasi creatura gli fosse venuta utile. Una volta che mi avesse ucciso, avrebbe riportato ordine nel suo regno.
L’immenso bestione cercò di schiacciarmi sotto le zampe, e io dovetti allontanarmi con un balzo. Un dardo di fuoco saettò sfrigolando a poca distanza da me, abbastanza vicino da bruciarmi i peli del braccio. Tornai a nascondermi dietro al sauropode, che girò su se stesso nel tentativo di schiacciarmi. Gli shaydiani, intanto, continuavano a sparare lingue di fuoco che perforavano l’oscurità.
Alla fine alcuni di quei raggi colpirono il dinosauro, che prese a urlare dal dolore. Vidi uno degli schiavi che avevo liberato aprire il fuoco contro il gruppo di shaydiani. Era Chron, che rischiava la propria vita per proteggermi. Sentii il controllo di Set sul sauropode farsi meno saldo per un momento, mentre il mio nemico dirigeva l’attenzione sui propri cloni. Allora mi impadronii della mente dell’animale e lo spronai a caricare il drappello di rettili che si apprestavano ad aprire il fuoco su Chron.
L’enorme dinosauro si lanciò contro la fonte del proprio dolore. Sentii Set impossessarsi nuovamente della mente della bestia, ma ormai era troppo tardi. La sua massa era troppo pesante perché lui potesse costringerlo ad arrestarsi in tempo. I cloni videro due tonnellate di carne scagliarsi verso di loro e cercarono di fuggire, sparando all’impazzata.
L’animale piombò contro il muro in un ultimo impeto di dolore, gridando come un neonato mentre mezza dozzina di lingue di fiamma lo colpivano su entrambi i fianchi.
Lo seguii da vicino, e con un colpo tolsi la vita al primo shaydiano che mi venne a portata di mano. Gli schiavi ribelli attaccarono la parte dello squadrone schierata sul loro stesso lato. Io attaccai l’altra metà armato della mia scimitarra.
Persino muovendomi in ipervelocità non potevo certo ucciderli tutti e sperare di rimanere incolume. La mia spada era un efficientissimo strumento di morte, ma prima che tutti gli shaydiani cadessero a terra senza vita subii alcune ferite al petto e alle gambe.
Mi appoggiai alla parete e scivolai a terra seduto, col petto grondante sangue come una bistecca mal cotta, le gambe coperte di bruciature. Automaticamente bloccai i messaggi di dolore che i nervi urlavano alla mia mente. Strinsi tutti i vasi sanguigni della parte inferiore del mio corpo per evitare di perdere conoscenza.
Nella mia testa udii la risata sibilante di Set e appresi che nel giro di pochi istanti avrebbe inviato altri suoi cloni per finirmi.
Il cortile tremava ancora sotto il peso dei dinosauri. Molto violentemente.
Troppo violentemente, pensai. La terra tremava, vibrava come sotto l’azione di un terremoto.
— Questo è il momento che aspettavo, amore mio. Adesso colpirò il cuore di quel demonio!
Era la voce di Anya nella mia mente.
La terra continuò a tremare, sempre più forte. Le pareti circolari del cortile presero a ondeggiare come un lenzuolo percosso da un forte vento. Tutti i dinosauri si fermarono di colpo, istintivamente, e caricarono furiosamente la porta principale, l’unica che conduceva all’aperto.
Vidi gli schiavi immobili a fianco del portale, impietriti dal terrore mentre i dinosauri lo infrangevano come un guscio d’uovo, riversandosi all’aperto.
Per un istante tutto divenne calmo. Il cortile era coperto dei corpi massicci dei dinosauri morti e dei cadaveri dei cloni di Set. Allora anche gli uomini attraversarono di corsa il portale sfasciato, verso la libertà. Quasi tutti. Alcuni fecero ritorno alle prigioni dov’erano ancora nascosti i loro compagni. Qualche istante più tardi, anche questi ultimi uscirono dal buio della loro cattività e presero a correre verso il mondo al di fuori delle mura.
Chron corse verso di me, ma io gli feci cenno di allontanarsi.
— Va’ via — gridai. — Esci da qui, mettiti in salvo!
— Ma tu…
— Vai! Presto! Non mi accadrà alcun male.
Il giovane esitò, poi con riluttanza si voltò verso il portale e seguì gli altri all’esterno, verso la salvezza.
Per tutto quel tempo la terra continuò a tremare, poi si fermò, quindi riprese e si acquietò di nuovo. Infine il cortile si svuotò di qualsiasi essere vivente all’infuori di me. La terra smise definitivamente di tremare. Cadde il silenzio. E le stelle ripresero a brillare in un cielo privo di nuvole.
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