Usai quell’energia. Mettendola a fuoco con la mente come una lente mette a fuoco la luce, piegai la sua potenza al mio volere. Di nuovo avvertii per un istante quel freddo criogenico, quell’istante di nulla che segna la transizione fra gli abissi del continuum.
Aprii gli occhi.
La città dei Creatori si stendeva tutt’intorno a me, coi suoi magnifici templi e monumenti appartenenti a tutte le epoche della razza umana. Vuota e immersa nel silenzio, abbandonata.
La cupola d’energia brillava tingendo il cielo azzurro di un pallido alone dorato. In altri luoghi di quella Terra tranquilla, esseri umani a me più simili conducevano la loro normale vita di gioie, dolori, amore e lavoro. Ma i Creatori erano fuggiti.
Per ore percorsi le strade della loro città abbandonata. Marmo e bronzo, oro e acciaio inossidabile, vetro e legno intagliato. Quel mondo continuava a vivere anche senza di loro, ma quanto sarebbe durato? Per quanto tempo il continuum avrebbe potuto mantenere la propria stabilità, con Set ancora vivo e i Creatori dispersi tra le stelle? Per quanto tempo la razza umana avrebbe potuto sopravvivere, quando il suo più spietato nemico era ancora intento a cancellare l’umanità intera?
Mi ritrovai nuovamente nella piazza principale, di fronte al Partenone e alla colossale statua di Atena. Il volto di Anya mi guardava dall’alto, con un elmo greco da battaglia sul capo e una lunga lancia affusolata stretta nella mano.
Sollevai le braccia verso la statua che si ergeva di fronte a me.
— Come posso vincere, da solo? — domandai al marmo freddo e insensibile. — Cosa posso fare, abbandonato a me stesso?
La statua sembrò animarsi. Il marmo cominciò a brillare al proprio interno e ad assumere il colore della carne viva. I suoi occhi dipinti divennero veri occhi grigi e solenni. Le labbra si mossero, e quella voce melodiosa che conoscevo così bene cominciò a risuonare nella città deserta.
— Non sei solo, amore mio.
— Anya!
— Sono sempre con te, anche se non posso aiutarti direttamente.
Il ricordo del suo tradimento infuriò dentro di me. — Mi hai abbandonato.
Il volto vivente della statua sembrò sul punto di mettersi a piangere. — Sono pentita di ciò che ho fatto, Orion.
Udii la mia voce rispondere: — Non avevi scelta, lo so. Lo capisco. La mia vita non ha importanza in confronto alla sopravvivenza dei Creatori. Eppure brucia più di tutti i fuochi dell’inferno di Set.
— Non sono stata motivata da scopi tanto nobili — replicò Anya. — Ero terrorizzata dal pensiero della morte definitiva, quella degli umani. Sono fuggita per mettermi in salvo, lasciando l’uomo che più amo in tutti gli universi nelle mani del più crudele degli esseri malvagi.
— Io avrei fatto lo stesso — dissi.
Il volto di pietra si contorse in un sorriso mesto. — No, Orion.
Tu saresti morto per proteggermi. Hai dato la tua vita già molte volte, ma sempre, anche di fronte alla prospettiva della morte definitiva, hai cercato di salvarmi ponendo in pericolo la tua stessa salvezza.
Non potevo controbatterle nulla.
— Dapprima ho assunto forma umana per una sorta di capriccio — Anya confessò. — Trovavo eccitante vivere con te, sentire il sangue scorrere nelle mie vene, amare, ridere, combattere… persino sanguinare. Ma sempre con l’idea che sarei potuta fuggire, se necessario. Non ho mai dovuto affrontare la prova definitiva della morte vera e propria. Quando Set mi ha avuta in suo potere, quando ho capito che sarei morta per l’eternità, che avrei cessato di esistere, per la prima volta ho veramente provato terrore. Mi sono lasciata prendere dal panico. Ti ho abbandonato per mettermi in salvo.
— Pensavo che ti avrei odiata per questo — le dissi. — E invece continuo ad amarti.
— Non sono degna del tuo amore, Orion.
Con un sorriso, risposi: — Eppure hai tutto il mio amore, Anya. Ora e per sempre. Per tutto il tempo, lo spazio e gli universi del continuum, ti amerò sempre.
Era la verità. L’amavo, e l’avevo perdonata. Avevo preso quella decisione di mia spontanea volontà; nessuno aveva manipolato la mia mente. Non era una reazione inclusa nel mio condizionamento da parte del Radioso. L’amavo veramente, nonostante ciò che aveva fatto. In parte, forse l’amavo proprio perché aveva finalmente provato la paura suprema che tutti gli esseri umani devono affrontare, a cui nessuno degli altri Creatori aveva mai avuto il coraggio di avvicinarsi.
— E io amo te, caro — disse lei, con voce sempre più debole.
— Ma dove sei?
— I Creatori sono fuggiti. Quando hanno saputo che Set avrebbe potuto attaccarli qui, nel nostro stesso santuario, hanno abbandonato la Terra.
— Tornerai da me? — domandai.
— Gli altri Creatori hanno troppa paura di Set! Distruggendo Sheol avevano pensato di uccidere anche lui, ma adesso sanno bene quanto saldamente egli si sia stabilito sulla Terra. Tu solo hai il potere di fermarlo, Orion. L’esistenza dei Creatori dipende esclusivamente da te.
— Ma non potrò mai farcela da solo! — gridai alla sua voce che si affievoliva sempre più. Potevo sentire la sua presenza allontanarsi, scemare, la statua perdere il suo aspetto vivente per ritornare di freddo marmo.
— Dovrai usare i tuoi mezzi, Orion — sussurrò la voce di Anya. — I Creatori nutrono troppo timore nei suoi confronti per affrontarlo loro stessi.
— Tornerai da me? — ripetei.
— Ci proverò.
— Ho bisogno di te!
— Quando più avrai bisogno di me sarò al tuo fianco, Orion. — La sua voce era più fioca del frullio d’ali di una civetta. — Quando più avrai bisogno di me, amore mio.
Mi ritrovai nuovamente solo nella piazza principale, di fronte alla statua senza vita di Atena.
Solo. I Creatori volevano che affrontassi Set e i suoi demoni senza il loro aiuto.
Privo di forze, esausto, mi sedetti sui gradini di marmo del Partenone, il capo sepolto fra le mani. Sul lato opposto della piazza il grosso Buddha dorato sorrideva placido verso di me.
Per la prima volta in tutte le mie vite dovevo affrontare una situazione in cui la mia forza non aveva praticamente alcun valore. Avrei dovuto contare soltanto sulla mia mente, sul potere del pensiero, per sconfiggere Set. Fisicamente era molto più forte di me, come sapevo bene. Disponeva di un intero esercito di shaydiani e di molte legioni di dinosauri.
Io avevo il mio corpo e la mia astuzia. Nient’altro.
La statua del Buddha sembrava guardarmi con un sorriso amichevole e benigno.
— È facile per te predicare la rinuncia ai desideri — brontolai a voce alta verso la statua di legno rivestito d’oro. — Ma io ho i miei desideri. Ho i miei bisogni. E ciò di cui ho maggiormente bisogno è un esercito…
La mia voce si interruppe a metà della frase.
Sapevo dove trovare un esercito. Un esercito che aveva riportato un gran numero di vittorie, dal deserto del Gobi alle rive del Danubio. L’esercito di Subotai, il più grande dei generali mongoli, conquistatore di gran parte dell’impero di Gengis Khan.
Alzatomi in piedi, raccolsi l’energia mentale necessaria a proiettarmi nel tredicesimo secolo dell’era cristiana, nell’epoca in cui l’impero mongolo si stendeva dalle coste della Cina alle pianure d’Ungheria. Ero già stato laggiù. Avevo assassinato il loro gran Khan, Ogotai, figlio di Gengis Khan. L’uomo che mi era stato amico.
La città dei Creatori scomparve mentre avvertivo di nuovo quel freddo criogenico attraverso lo spaziotempo. Per un istante fui privo di corpo nel vuoto totale del continuum. Poi mi trovai nel mezzo di una prateria percossa dal vento, il cui cielo era coperto da pesanti nuvole grigie. Non c’era un solo albero, e in lontananza potevo scorgere la sagoma di una città protetta da mura stagliarsi contro il cielo scuro.
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