Frederik Pohl - Gli antimercanti dello spazio

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Sono passati trent’anni da quando Frederik Pohl inventò quei
che Kingsiey Amis nelle sue
mise al disopra dello stesso
di Orwell. Fu allora che dagli uffici di Madison Avenue le grandi compagnie pubblicitarie assunsero il controllo della Terra, ma fecero lo sbaglio di mandare un’astronave sul pianeta Venere. Oggi Venere è il rifugio dei refrattari e dei ribelli, il simbolo dell’anti-pubblicità, la bandiera dei nemici della produzione e del consumo. I rapporti tra i due pianeti si fanno ogni giorno più difficili. La situazione insomma è così tesa, che Frederik Pohl ha sentito la necessità di scrivere un nuovo romanzo sullo scottante argomento. E l’ha scritto.

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— È già mezzo fatto — le dissi. — I primi spot dovrebbero andare in onda da un momento all’altro.

— Sono già partiti! — gridò la grossa Marie, dal suo lettino. — Abbiamo appena visto Gwenny… è stata fantastica! — Gwendolyn Baltic era la più giovane delle mie reclute: aveva quindici anni, e una storia terribile alle spalle. L’avevo trovata attraverso Nelson Rockwell. Era il prodotto di una famiglia rovinata: la madre lobotomizzata per ripetuta falsificazione di carte di credito, il padre suicida per non aver voluto affrontare la disintossicazione da NicoHype. L’avevo scelta per condurre la campagna della Marcia dei Dollari, destinata a sollecitare fondi per più numerosi e migliori centri di disintossicazione. Avevo scelto questa campagna come inizio, perché era quella destinata a suscitare meno reazioni violente da parte dei direttori delle reti. — È stata grande — ripeté Marie.

Se erano già in onda, dovevamo aspettarci ben presto una reazione. Arrivò nel giro di dieci minuti. — Arriva qualcuno — chiamò Jimmy dal corridoio, e quando vidi chi era ordinai di farlo passare.

Era Dixmeister, che arrivava di corsa con messaggi urgenti. — Signor Tarb! — cominciò, ma rimase interdetto vedendo le scrivanie. Vedendo chi c’era seduto, cioè. — Signor Tarb? — chiese lamentosamente. — Avete degli attori qui?

— Nel caso ci servano per variazioni dell’ultimo momento — dissi tranquillamente, facendo segno a Gert di lasciar stare la pistola nel cassetto. — Avevi bisogno di me?

— Diavolo, sì… Cioè, sì, signor Tarb. Ho ricevuto delle telefonate dalle reti. Hanno guardato i vostri inserti elettorali, sapete…

— Lo so — dissi, con il mio cipiglio più minaccioso. — Cos’è questa storia, Dixmeister? Non mi direte che vorrebbero censurare la pubblicità ?

Lui assunse un’espressione di orrore. — Oh no, signor Tarb, no! Niente del genere. solo che alcuni della Divisione Accettazione hanno pensato che c’era, ecco, una sfumatura di, ehm, Co… eh, Co…

— Conservazionismo vuoi dire, Dixmeister? — chiesi gentilmente. — Guardami, Dixmeister. Ti sembro un conservazionista?

— Oh, mio Dio, no, signor Tarb!

— O pensi forse che questa Agenzia manderebbe in onda propaganda Indietrista?

— Assolutamente no! Ma non è solo la propaganda per i candidati. questa nuova raccolta, sapete… la Marcia dei Dollari.

— Hanno qualcosa da dire anche su questo? — chiesi, sorridendo con aria di condiscendenza.

— Be’, in effetti sì. Ma non è questo che volevo chiedervi. Il fatto è che ho controllato, e non ho trovato nessun ordine dall’alto per dare inizio all’intera campagna.

— Ma certo! — dissi spalancando gli occhi per la sorpresa. — Si vede che Val non ha avuto il tempo di finirlo, prima di partire in fretta e furia per la Luna. Non ti preoccupare, Dixmeister — ordinai. — Non appena torna, ci penso io. Hai fatto bene ad accorgertene, Dixmeister.

— Grazie, signor Tarb! — disse lui sorridendo tutto soddisfatto. — Comunque proverò a cercarlo di nuovo.

— Benissimo — dissi. Naturalmente l’avrebbe fatto. E naturalmente non avrebbe trovato niente. — E non farti menare per il naso da quelli delle reti. Digli che non stiamo giocando ai bussolotti, qui. Non vorremmo sollevare un’accusa per Rottura di Contratto.

Lui ebbe un sobbalzo e se ne andò, anche se non poté evitare di gettare un’ultima occhiata dubbiosa a Marie e Gert Martels. — La faccenda si sta scaldando, vero? — chiese Gert.

— Puoi dirlo forte — confermai. — È uno dei nostri quello che state guardando? Volete farlo vedere anche a me?

Marie schiacciò un pulsante, e il primo degli schermi sulla parete si accese. C’era Nelson Rockwell, con gli occhi che brillavano in mezzo alle bende, mentre raccontava la sua storia: — …distacco della rotula, che sarebbe il ginocchio, due costole rotte, emorragia interna, e commozione cerebrale. È quello che mi hanno fatto per non aver potuto pagare cose che in realtà non avevo mai voluto…

Gert ridacchiò. — Non è carino?

— Un vero Don Giovanni — dissi allegramente. — Avete tutti quanti le pistole paralizzatrici a portata di mano? — Gert annuì, e il sorriso d’improvviso si gelò sulla sua faccia. Non era più un sorriso. Era un ghigno. Pensai che la fatica che mi era costata tirarla fuori di prigione era stata ben spesa.

Rockwell staccò gli occhi dalla sua immagine, e li rivolse su di me. — Credi che ci saranno dei guai, Tenny? — chiese. La voce non gli tremava, ma mi accorsi che la mano sinistra, quella che non era inserita nel gesso che gli incapsulava tutto il resto del corpo, si muoveva verso il cassetto della scrivania.

— Be’, non si sa mai — dissi avvicinandomi con aria noncurante alla scrivania. — È sempre meglio essere pronti, no? — Tutti annuirono, e io allungai il collo per vedere cosa c’era nel cassetto. Mi ci volle un momento per rendermi conto che non era una bomba a mano; era una di quelle sue dannate Autentiche Maschere della Morte in Simil-Rame dei più Prestigiosi Indossatori di Biancheria Intima Maschile. Mi sentii venire le lacrime agli occhi. Poveretto. — Nels — dissi sotto voce, — se ce la faremo, ti prometto che la settimana prossima sarai in un centro di disintossicazione.

Per quello che si poteva capire attraverso le bende, la sua espressione era impaurita ma decisa, e credo che mi facesse se no di sì. Ad alta voce, dissi rivolo a tutti: — Sarà una notte lunga. )r meglio che cerchiamo di dormire. Faremo dei turni.

Tutti si dichiararono d’accordo, e mentre io mi dirigevo nel mio ufficio, finirono di guardare lo spot di Rockwell. — …questa è la mia storia, e se vorrete aiutarmi ad essere eletto, vi prego di mandare il vostro contributo a…

Chiusi la porta e andai alla mia scrivania. Composi il codice dell’ultima edizione dell’ Era pubblicitaria , e guardai lo schermo. Non avevano aspettato l’ultima edizione. C’era uno special a lettere rosse. Il titolo diceva:

NUOVI SORPRENDENTI SPOT
DELLA H&C
LA MC ORDINA UN’INCHIESTA

Le cose si stavano proprio scaldando.

Non ero stato del tutto sincero con i miei compagni. Certe volte uno lo sapeva se aspettarsi dei guai. Io lo sapevo. E sapevo che non erano molto lontani.

Seguii le mie stesse istruzioni, ma senza molto successo. Il sonno faceva fatica a venire. E quando arrivava, finiva molto in fretta… Un rumore preoccupante dalla stanza vicina, un brutto sogno, e soprattutto le chiamate sempre più agitate di Dixmeister dal mondo esterno. Aveva lasciato ogni speranza di tornare a casa, quella notte, ed ogni ora si faceva sentire con qualche nuova e sempre più allarmata protesta della Moralità Commerciale, o delle reti. Non che me ne preoccupassi. — Pensaci tu — ordinai ogni volta, e lui ci pensava. Tirò giù dal letto per tre volte gli avvocati della Haseldyne & Ku quella notte, per assoldare un giudice che emanasse un’ingiunzione di Libertà Pubblicitaria. Non furono soddisfatti. Le udienze si sarebbero tenute entro una settimana, ma fra meno di una settimana, in una maniera o nell’altra, non avrebbe più avuto importanza.

Quando sbirciavo nell’altra stanza, di tanto in tanto, mi accorgevo che la mia intrepida truppa non dormiva meglio di me. Si svegliavano di soprassalto per qualsiasi rumore, e tornavano a dormire solo con difficoltà, perché anche loro facevano dei brutti sogni. Non tutti i miei erano incubi. Ma nessuno era particolarmente piacevole. L’ultimo che ricordo, era di un Natale, un qualche improbabile Natale futuro insieme a Mitzi. Sembrava un ricordo d’infanzia, con la neve sporca attaccata ai vetri, e l’albero di Natale che cinguettava i suoi messaggi di dono senza pagamento anticipato… solo che Mitzi non la smetteva di strappare la pubblicità dall’albero e di buttare nel water i dolci drogati dei bambini, e qualcuno bussava alla porta, e io sapevo che erano gli aiutanti di Babbo Natale con le pistole in pugno, pronti a fare un’irruzione…

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