Frederik Pohl - Il lungo ritorno

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Il lungo ritorno: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono gli Hakh’hli. Sono alieni. Si nutrono di carne umana. Il lungo viaggio nello spazio era alla fine. Sandy, l’umano cresciuto su un’astronave degli extraterrestri Hakh’hli, era pronto al ritorno sulla Terra. Gli alieni erano animati dalle migliori intenzioni.. Solo la scienza Hakh’hli poteva risolvere il problema di trasformare i pianeti. I terrestri avevano bisogno di quel contatto. Ma c’era da fidarsi?

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— Avrei dovuto portare il tuo costume da bagno — disse Marguery con un sospiro non appena Sandy fu uscito dal riparo della tettoia di un edificio con indosso solo le mutande color verde elettrico. Lo ispezionò con fare assente. Il suo umore era ancora piuttosto strano e distaccato, soprattutto se si teneva conto del fatto, pensò Sandy con risentimento, che gli aveva praticamente promesso che lo avrebbero finalmente fatto. — Penso che puoi andar bene — concluse Marguery. — In fondo, qui non c’è nessuno che possa vederti. Tieni, infilati questo.

Sandy prese lo strano indumento gonfiabile, infilò la testa nel buco e si legò le cinghie sui fianchi come gli venne ordinato. Si trovavano sul tetto di un edificio piuttosto basso, e l’acqua si trovava a poco più di un metro sotto di loro. Sandy non poté fare a meno di guardare quando notò che Marguery si stava sfilando i pantaloni. Sotto tutto il resto indossava il bikini; sembrava realmente pronta a tutto.

Sandy invece non si sentiva per niente pronto… a nulla. Tanto per iniziare, tutto quell’equipaggiamento era qualcosa di completamente nuovo e inquietante per lui. Oltre al “giubbotto salvagente”, infatti, vi era anche una bombola che doveva fissarsi sulla schiena, una maschera nella quale doveva imparare a respirare, e una cintura di pesi che doveva allacciarsi in vita per ottenere quello che Marguery definì una “galleggiabilità neutra”. Sandy si produsse in una smorfia. — Non possiamo semplicemente far uscire un poco d’aria dal giubbotto? — domandò.

— No — ribatté Marguery. — Non ho intenzione di annegarti. Ma adesso entriamo in acqua. Non dovremmo rimanere esposti al sole così a lungo a questa latitudine.

Si sedette sul bordo del tetto e si lasciò andare, rimanendo a galla nell’acqua scura appena sotto. — Allora? — lo chiamò, rimanendo in attesa.

Sandy inspirò profondamente, quindi seguì l’esempio della sua accompagnatrice.

Solo che impiegò un po’ più di tempo rispetto a lei per farlo. Si aggrappò al bordo del tetto con tutte le sue forze e si calò lentamente in acqua, centimetro per centimetro. Non appena fu entrato con le gambe, si ritrovò ad annaspare; l’acqua era gelata. Be’, non proprio gelata, si corresse poco dopo. In effetti, era quasi sopportabile, dopo lo shock iniziale. Tuttavia, le sue gambe si trovavano immerse nell’acqua, e Sandy sapeva che l’acqua ha la capacità di succhiare via il calore dal corpo molto più rapidamente dell’aria.

Ma se Marguery Darp era in grado di sopportare una cosa del genere, lo era anche lui. A malincuore, Sandy calò il resto del suo corpo in quella sostanza poco familiare. Gli occorse un vero e proprio sforzo di volontà per staccare le dita dal cornicione dell’edificio. Dopodiché, si ritrovò a galleggiare. Era una sensazione alquanto strana. Anzi, erano almeno una dozzina di sensazioni strane diverse, nessuna delle quali Sandy aveva mai avuto modo di provare in precedenza. Quando agitava le braccia nell’acqua, il suo corpo si muoveva nella direzione opposta… proprio come i propulsori principali della grande nave interstellare, pensò. Anche qui valevano le leggi di azione e reazione! Nel giro di poco la sua pelle si abituò al liquido che la circondava e anche l’iniziale sensazione di freddo si dissipò. In effetti, trovò Sandy, era una sensazione quasi gradevole. Quando infilò la testa sotto la superficie per vedere cosa sarebbe accaduto, gli entrò un po’ di acqua in bocca. Il sapore era salato, ma non poteva dire che fosse sgradevole.

— Credo che mi stia piacendo! — gridò a Marguery, che sguazzava a qualche metro di distanza.

— Lascia che ti regoli i pesi — disse lei, avvicinandosi.

Non ci volle molto. Marguery aveva stimato abbastanza bene i rapporti di peso, e infatti dovette aggiungere solo due piccoli rettangoli di piombo per far sì che l’intero corpo di Sandy, compreso di pesi, bombole e giubbotto salvagente raggiungesse la stessa densità dell’acqua in cui stava galleggiando.

A quel punto, Sandy non dovette far altro che imparare a espirare attraverso il naso e a inspirare attraverso un tubo fissato alla bocca. Tossì e sputò diverse volte prima di imparare la procedura esatta.

A quel punto era pronto. Scrutò sotto di sé, attraverso l’acqua. Qui era decisamente meno limpida rispetto ad altri punti della città, o forse semplicemente più profonda. — Che cosa c’è laggiù? — domandò.

— Ora vedrai. Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Da queste parti non c’è praticamente nulla che possa farti del male, a parte magari qualche squalo che appare occasionalmente.

Squalo? — domandò Sandy preoccupato.

— Non ci daranno fastidio — promise Marguery. — Basta che tieni d’occhio i pesciolini piccoli. Finché ne vedi, vuol dire che non ci sono squali nelle vicinanze.

Sandy decise di crederle. O perlomeno tentò di crederle, ma nonostante ciò non poté fare a meno di cacciare la testa sott’acqua per vedere se appariva qualche grossa sagoma grigia e minacciosa.

Marguery lo fermò. — Non andare sotto, non ancora. — Rifletté per un istante, poi aggiunse: — In effetti, forse non fa alcuna differenza. Tanto se non sei pronto adesso non credo che lo sarai dopo. Sai se quel tuo apparecchio acustico è impermeabile o meno?

Sandy ci pensò su per un istante. — Non credo proprio che lo sia — disse.

— Allora dammelo — ordinò. — Credi che riuscirai a sentire almeno qualcosa senza?

— No — rispose Sandy con tono cupo.

— Allora quando te lo segnalo, sputerai sul vetro della maschera in questo modo — diede una dimostrazione pratica — e poi mi seguirai fin sotto. — Infilò con cura il piccolo apparecchio in una tasca della sua cintura subacquea, la sigillò, quindi rivolse a Sandy un sorriso un po’ scarno e disse qualcosa. Sandy si rese conto del fatto che aveva detto qualcosa perché vide le sue labbra che si muovevano, ma non sentì proprio nulla.

— Che cosa? — gridò a voce troppo alta. Marguery fece una smorfia, scrollò le spalle e indicò la maschera. Quando Sandy seguì l’esempio della sua accompagnatrice sputando sul vetro prima di infilarsela ebbe l’impressione che questa stesse emettendo un sospiro, ma alla fine si limitò a fargli cenno con il braccio di seguirla e si tuffò sotto la superficie.

Sandy la seguì nell’oscurità delle acque, nella profondità del canyon sottomarino di Wall Street.

Aggrappato a una caviglia di Marguery, Sandy si lasciò trascinare mentre osservava le meraviglie che li circondavano. Era tanto affascinato che dimenticò la corretta procedura di respirazione e si ritrovò a tossire violentemente prima di riuscire a ristabilire il ritmo giusto. Tuttavia, si disse che ne valeva decisamente la pena!

Al livello della strada vi erano moltissime automobili abbandonate, alcune rovesciate o incagliate dalle maree in punti assurdi. A quella profondità filtrava ben poca luce, ma nonostante ciò Sandy riusciva ugualmente a discernere la maggior parte degli oggetti che lo circondavano; un idrante, un telaio di bicicletta storto e un carretto dai colori vivaci sul quale erano ancora visibili alcune parole dipinte a mano: FRITTELLE — SUCCHI DI FRUTTA — TOFU.

A un certo punto Marguery gli diede una leggera pacca sulla spalla e indicò un grande portone. Vi era una porta girevole al centro del portone, ma era stata scostata e di conseguenza si poteva passare senza alcun problema. Marguery vi si infilò nuotando, trascinando Sandy dietro di sé.

Si ritrovarono a nuotare attraverso ciò che sembrava essere uno di quei luoghi che gli umani chiamavano “banca”. Da un lato, era decisamente più facile muoversi là dentro, soprattutto per Sandy che non sapeva nuotare, poiché vi erano un sacco di banconi e ringhiere a cui attaccarsi. Ciò nonostante, all’interno dell’edificio non filtrava quasi nessuna luce, e di conseguenza si discernevano a malapena i contorni degli oggetti.

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