Frederik Pohl - Il lungo ritorno

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Il lungo ritorno: краткое содержание, описание и аннотация

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Sono gli Hakh’hli. Sono alieni. Si nutrono di carne umana. Il lungo viaggio nello spazio era alla fine. Sandy, l’umano cresciuto su un’astronave degli extraterrestri Hakh’hli, era pronto al ritorno sulla Terra. Gli alieni erano animati dalle migliori intenzioni.. Solo la scienza Hakh’hli poteva risolvere il problema di trasformare i pianeti. I terrestri avevano bisogno di quel contatto. Ma c’era da fidarsi?

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Il volo dell’elicottero però non era pieno di fremiti e improvvisi scossoni come lo era stato quello della navetta hakh’hli dal momento in cui erano entrati nell’atmosfera. Il velivolo terrestre procedeva molto più lentamente, e il suo movimento risultava quasi ipnotico per Sandy. Il che non produsse certo un effetto benefico su di lui. La donna che si trovava alle sue spalle gli porse in tutta fretta un sacchetto per vomitare. Sandy pensò che non ve ne fosse bisogno, dato che alla fattoria delle mucche aveva mandato giù appena un boccone, ma con sua sorpresa fu comunque costretto a utilizzarlo.

In seguito, pur rischiando di sentirsi ancora male. Sandy non poté resistere alla tentazione di guardare fuori dal finestrino. Vi erano innumerevoli alberi sulle colline sottostanti, e molti di questi erano evidentemente in cattiva salute, con i rami spogli o le foglie ingiallite; alcuni erano addirittura senza rami, e consistevano in pratica in un solo palo scuro e moribondo che spuntava dal terreno. Del resto, pensò Sandy, erano sulla Terra! Provò nuovamente un brivido di emozione nel ricordarsi quel fatto importantissimo; finalmente, si trovava a casa sua !

L’elicottero compì un’ampia virata per evitare la cresta di un monte, quindi entrò in una valle lungo la quale correva una strada, certamente quella che Sandy non era riuscito a trovare nella tempesta della sera precedente. Notò che il temporale doveva essere passato proprio in quel punto, poiché vi erano diverse file di alberi abbattuti dal vento.

Nel giro di circa cinque minuti, l’elicottero percorse la stessa distanza che Sandy aveva impiegato sei faticosissime ore per coprire. Sandy stava giusto iniziando a domandarsi se fosse il caso di far nuovamente uso del sacchetto, quando il pilota indicò un punto davanti a loro. — Eccola — disse.

Era proprio lì. Il modulo di atterraggio hakh’hli riposava pacificamente sui suoi pattini in mezzo a un prato verdeggiante, con le deboli luci ausiliarie ancora accese nonostante il sole fosse ormai alto nel cielo.

La navetta sembrava incredibilmente piccola in mezzo a quell’ampio prato, e il suo aspetto non era certo dei migliori. A quanto pareva il viaggio e la tempesta non erano stati certo gentili con lei; la sottile pellicola che ricopriva la nave per proteggerla dai frammenti dei relitti in orbita intorno alla Terra era tutta bucherellata, in alcuni punti addirittura squarciata. La rete con la quale gli hakh’hli avevano tentato di ricoprire la navetta dopo l’atterraggio per nasconderla era stata strappata via dal vento, e nel complesso il velivolo sembrava a dir poco trasandato.

Ma la cosa che attirò maggiormente l’attenzione di Sandy fu che la navetta non era più sola nel prato. Era circondata da altri cinque velivoli. Velivoli terrestri. Si trattava di elicotteri abbastanza simili a quello sul quale si trovava lui, solo che alcuni erano decisamente più grandi. E tutt’attorno alla nave vi erano gruppi di persone. Persone terrestri. Alcune di queste persone imbracciavano telecamere, puntandole verso la nave, verso altri terrestri, o, soprattutto, verso gli hakh’hli.

Gli hakh’hli infatti erano usciti tutti e sei dalla loro navetta. Due di loro (sembravano Polly e Chiappa) stavano parlando davanti a una telecamera. Altri due rimanevano attaccati con fare possessivo alla ringhiera della scaletta della nave, mentre gli ultimi due stavano mettendosi in mostra con grande sfoggio di gioia e vigore per gli spettatori terrestri. Sfruttando la grande forza delle loro zampe posteriori nella debole gravità della Terra, i due stavano dedicandosi a un gioco terrestre che avevano visto in un programma televisivo per bambini che si chiamava “la cavalluccia”, compiendo lunghissimi balzi per scavalcarsi a vicenda a turni. Visti così, dall’alto, sembravano proprio delle rane.

Non appena Sandy scese dall’elicottero, Tania gli si avvicinò con due lunghi balzi. I due poliziotti si fecero indietro istintivamente, portando entrambi la mano sulla fondina della pistola. Non estrassero le armi però, e Tania si rivolse a Sandy in hakh’hli versando un’affabile lacrima. — Ti sei comportato male e non bene, Lisandro. Usa estrema cautela nel rivolgerti a queste creature terrestri finché non avremo ricevuto nuovi ordini!

Sandy era esterrefatto. — Quali nuovi ordini? — domandò. — Tu parli in modo confuso e non chiaro.

Tania però non rispose più in hakh’hli. Si limitò a dargli una piccola pacca di scherzoso rimprovero sulla testa, quindi riprese a parlare in inglese. — Ma adesso seguimi, Sandy! — esclamò. — Stiamo facendo un’intervista” alla “televisione” con questi simpaticissimi terrestri!

Sandy rivolse una smorfia di perplessità ai due poliziotti che lo avevano accompagnato fino a lì. L’uomo si limitò a scrollare le spalle, mentre la donna disse: — Vada pure, signore.

Così, Sandy seguì Tania verso le telecamere, iniziando a guardarsi attorno.

Il suo spirito stava iniziando a risollevarsi. Di giorno, il mondo era molto più grazioso e meno spaventoso di quanto Sandy non avesse potuto immaginare. Vi erano così tante cose! In tutta la sua vita, non aveva mai avuto la possibilità di guardare a una distanza superiore ai trenta metri, e ora poteva vedere a chilometri e chilometri di distanza in tutte le direzioni! Vi erano montagne! E nuvole! E fiumi! E poi, luminoso come non lo aveva mai nemmeno sognato, tanto forte da fargli dolere gli occhi se cercava di guardarlo direttamente, vi era il Sole!

Poi vi era anche Polly, una vista quasi altrettanto stupefacente, che piangeva lacrime di simpatia mentre, accovacciata su una pietra piatta, si rivolgeva a una mezza dozzina di telecamere. Non vi potevano essere dubbi riguardo al fatto che non stesse esattamente ubbidendo alle direttive impartite dai Grandi Anziani. Non solo non stava facendo alcun segreto della loro presenza sulla Terra, ma apparentemente la stava addirittura pubblicizzando! Non appena Sandy si avvicinò, le telecamere si distolsero da Polly per puntare i loro obiettivi nella sua direzione, e in quella di Obie e di Elena che si stavano avvicinando a balzelloni.

— Benvenuto sulla Terra! — esclamò Obie, in inglese.

— Oh, Mingherlino — aggiunse Elena in hakh’hli — questa volta l’hai veramente fatta grossa!

Sandy sbatté le palpebre. — Di che cosa stai parlando? — le domandò.

— Parla in hakh’hli! — ordinò Polly mentre balzava giù dalla pietra e gli si avvicinava con aria minacciosa. — Per colpa della tua follia e della tua incompetenza, ora siamo costretti a cambiare tutti i nostri piani!

— La mia follia?

— Sì, e la tua incompetenza — intervenne Obie con espressione di rimprovero. — Non sei riuscito a portare a termine la tua missione in maniera soddisfacente. Si sono accorti immediatamente che stavi mentendo e che non dicevi la verità.

— Va be’ — disse Sandy in tono umile — però non ho mica raccontato loro della grande nave, no?

— Non discutere! — sbottò Polly. — Dobbiamo occuparci di queste persone subito e senza altri ritardi! Mi sono già messa in contatto con la nave. Sappi che i Grandi Anziani non sono per niente felici del tuo operato, Sandy. Comunque sia, i fatti sono fatti; quando un uovo si schiude si schiude, quindi abbiamo ricevuto nuovi ordini. Dobbiamo esporre con chiarezza a questa gente il motivo della nostra venuta.

— Esporre con chiarezza? — domandò Sandy perplesso.

— Oh, per favore, Lisandro, cerca di comportarti come un hakh’hli, e non come un hoo’hik, se ti riesce. Limitati a seguire ciò che dico. Sorridi, e lascia che ti diano il benvenuto a casa. E ascolta con attenzione ciò che dirò loro!

A quel punto Polly si rivolse nuovamente verso le telecamere, parlando in inglese e versando lacrime di scusa. — Vi prego di perdonarci. Eravamo semplicemente preoccupati per il nostro caro amico Lisandro. Ora, possiamo procedere con l’intervista”.

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