Né Sandy né tantomeno gli altri hakh’hli della coorte erano mai stati “intervistati” prima di allora. Tuttavia, avevano assistito a innumerevoli “interviste” registrate nei vecchi programmi televisivi terrestri, e di fatto Polly si stava comportando come una vera e propria veterana dei “talk show”. Avvicinò Sandy a sé con decisione, afferrandogli la cintura con dolce fermezza mentre parlava nei microfoni delle telecamere. Se Sandy non fosse stato tanto occupato a fissare le apparecchiature terrestri, le persone, i fiori selvatici e le stesse pietre della Terra, avrebbe senz’altro ammirato l’atteggiamento della sua compagna di coorte. Polly infatti parlava in maniera chiara e convincente.
— Sì — stava dicendo — noi siamo gli hakh’hli, una razza tecnologicamente avanzatissima con una storia di circa 16.800 dei vostri anni. Siamo venuti fin qui per condividere con voi le nostre conoscenze, oltre che per restituirvi l’essere umano John William Washington (che noi chiamiamo Sandy). Egli è figlio di due astronauti, che abbiamo raccolto alla deriva nello spazio durante una delle vostre guerre, esattamente 56 anni fa. Lo abbiamo cresciuto e allevato come uno dei nostri. In quanto alla storia che ha raccontato ai vostri allevatori di animali, si trattava di una piccola, inoffensiva bugia inventata allo scopo di rendere meno traumatico il suo ritorno al pianeta d’origine, permettendogli di muoversi liberamente fra voi e di rimandare per quanto possibile l’inevitabile “pubblicità” che avrebbe accompagnato la notizia del suo arrivo e della sua identità. Inoltre, abbiamo anche ritenuto che fosse il caso di usare una certa cautela nell’avvicinarvi, poiché non sapevamo quali fossero le attuali condizioni di vita sul pianeta Terra e volevamo avere la possibilità di decidere con calma in quale modo rivelarvi la nostra presenza. Volevamo risparmiarvi, per quanto possibile, lo shock derivante dall’incontro con una razza di esseri superiori quale è la nostra. — Sbatté le palpebre in direzione delle telecamere con espressione affabile, quindi continuò. — E ora, se vorrete scusarci, dobbiamo tornare al nostro modulo di atterraggio. Ci scusiamo, ma si tratta di una vera necessità. È infatti giunta l’ora del nostro pasto di mezzogiorno, e data l’eccessiva lunghezza delle vostre giornate terrestri, non possiamo assolutamente attendere oltre. Vieni anche tu, caro Lisandro?
Quando i terrestri si resero conto che gli hakh’hli non scherzavano affatto quando si trattava di dedicarsi al pasto principale, si offrirono con grande sfoggio di ospitalità di fornire loro del cibo locale. Naturalmente, gli hakh’hli rifiutarono l’offerta senza pensarci su due volte. Erano troppo affamati per dilungarsi in ulteriori discussioni. Si accomiatarono quindi dal gruppo dei giornalisti e, uno per uno, salirono tutti quanti per la scaletta, chiudendosi lo sportello alle spalle.
Non appena furono dentro, Sandy ne approfittò per sfogare la sua incomprensione, in hakh’hli. — Che cosa è accaduto? — sbottò. — Per quale motivo i piani sono cambiati?
— Perché hai sbagliato — ribatté Obie in inglese con tono canzonatorio.
— Parla in hakh’hli, e non in inglese! — tuonò Polly. — Chissà di quali dispositivi di ascolto dispongono questi terrestri! Ma Oberon ha perfettamente ragione e per niente torto, Lisandro-Mingherlino. Hai portato a termine il tuo compito nel modo peggiore e non migliore. Le creature terrestri non hanno mai creduto alla tua storia. Come è possibile che tu ti sia comportato in maniera tanto sciocca e non saggia, Lisandro?
Anche Tania, che stava caricando in tutta fretta il carrello del pasto dal lato opposto della cabina, aveva da dire la sua. — La tua incompetenza ha rischiato di compromettere l’intero piano, Lisandro — disse.
— I Grandi Anziani sono molto contrariati e niente affatto felici — aggiunse Elena.
Persino Obie aprì la bocca per recriminare, e Sandy avrebbe dovuto subire senz’altro diverse altre ramanzine se Tania non avesse tirato fuori proprio in quel momento il pasto dal riscaldatore. Gli hakh’hli dimenticarono immediatamente Sandy per dedicarsi a un compito assai più gratificante.
Lo spazio ridotto della cabina non era certo sufficiente per permettere a tutti e sei di attaccare contemporaneamente il carrello del cibo. Sandy, come sempre, rimase in disparte ad aspettare che la frenesia alimentare scemasse, ma questa volta persino Obie, che era il più piccolo, non ebbe la possibilità di accedere al carrello. Tentò di infilarsi accanto a Polly, ma fu costretto a sfuggire a un possente pizzicotto di quest’ultima, andando a sbattere contro Sandy.
Sandy gli rivolse uno sguardo glaciale. — Mi dispiace per quel che ti ho detto prima — si scusò Obie. — Solo che la situazione qui non è proprio come me la aspettavo. Tutti questi terrestri non fanno altro che fissarci.
Sandy emise un piccolo grugnito. — Adesso sai che cosa ho provato io nel corso degli ultimi vent’anni — disse, compiaciuto per questa improvvisa inversione di ruoli… Compiaciuto fino a un certo punto, però, poiché il fatto di non essere più l’unico centro dell’attenzione in realtà non gli faceva poi tanto piacere.
Con la bocca piena, Polly si girò nella loro direzione con uno sguardo di fuoco. — Vi ho appena detto di parlare in hakh’hli, e non in inglese! — sbottò continuando a masticare. — E in ogni caso, è perfettamente normale che le creature terrestri ci fissino a quel modo. Per quanto sappiamo della storia antica terrestre, è normale che dei selvaggi primitivi si comportino così in occasione di una visita di esseri superiori dal punto di vista intellettuale e tecnologico. Sono certa che ci considerano come degli “dei”. — Detto questo, dando sfoggio della sua “deità”, Polly rifilò uno spintone a Chiappa e tornò a dedicarsi al suo pasto.
Obie ne approfittò immediatamente per lanciarsi nella mischia, lasciando Sandy da solo ad attendere la fine della furia mangereccia. Ma a Sandy non dispiaceva attendere un poco. A dir la verità, era letteralmente disgustato dalla vista della sua coorte che sbranava il cibo del pasto principale. Nella cucina degli allevatori di animali in cui era stato quella mattina il pasto si era svolto in maniera decisamente diversa. Nessuno si era buttato con foga sul cibo divorando qualsiasi cosa si trovasse di fronte. Perché allora gli hakh’hli non potevano comportarsi in maniera altrettanto… be’, dignitosa, nel corso dei loro pasti?
Ma vi era anche un altro pensiero che lo tormentava, e quest’ultimo era ancora più cupo del precedente. Come era possibile, si domandò, che il loro elaboratissimo piano di contatto iniziale fosse fallito così miseramente? Come avevano fatto i terrestri a scoprire così in fretta il luogo in cui era stato nascosto il modulo di atterraggio?
In fondo, il piano era stato elaborato dai Grandi Anziani in persona. Erano stati loro a decidere che la navetta dovesse rimanere nascosta mentre Lisandro, l’unico membro umano del gruppo, entrava in contatto con i terrestri e si assicurava che vi fossero le condizioni di sicurezza necessarie per intraprendere il primo contatto fra hakh’hli ed esseri umani. E non era assolutamente possibile che i Grandi Anziani avessero elaborato un piano sbagliato… O sì?
Solo che il piano era andato storto fin dall’inizio, e questo significava che i Grandi Anziani non avevano preso in considerazione tutti i fattori in gioco.
Il che era possibile.
Nel frattempo, gli hakh’hli della sua coorte stavano iniziando a perdere conoscenza, i loro occhi persi nel vuoto. Mentre si accasciavano uno per uno sulle loro poltrone, Sandy si avvicinò con aria dignitosa al carrello del cibo. Fece una selezione fra quanto era avanzato, quindi uscì dallo sportello e discese la scaletta per consumare il suo pasto nella gloriosa luce del sole terrestre.
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