Nel corso dei pochi minuti che aveva passato all’interno della navetta, era giunto un altro grande elicottero. Era completamente bianco, aveva un aspetto imponente e sul fianco vi era una scritta il cui significato Sandy non riuscì bene a capire: INTERSEC. I rotori stavano ancora girando quando si aprì lo sportello laterale e ne uscirono fuori una mezza dozzina di esseri umani.
Gli umani si incamminarono in direzione di Sandy mentre questi si sistemava su una pietra piatta per consumare il suo pasto di mezzogiorno. I giornalisti con le telecamere e persino gli agenti di polizia che ancora si trovavano sul posto assunsero un atteggiamento apparentemente deferente nei confronti degli ultimi arrivati.
— Buongiorno, signor Washington — esordì un uomo non appena il gruppo fu giunto davanti a Sandy. — Mi chiamo Hamilton Boyle.
Sandy si alzò in piedi, stando attento a non far cadere il contenuto del suo vassoio. Protese la mano alla maniera terrestre. — Piacere di conoscerla, signor Boyle — disse, recitando a memoria la formula che aveva imparato.
— Il piacere è mio… — iniziò Boyle, ma interruppe la frase a metà con un grugnito di dolore. Ritrasse la mano, massaggiandosela. — Però, che stretta! — aggiunse con tono sorpreso.
— Sono mortificato — disse immediatamente Sandy con sincero dispiacere. — Mi ero dimenticato di possedere una forza decisamente superiore alla vostra. È per via della gravità della nave, sapete, che è di 1,4 G. Volete… — Ebbe un attimo di esitazione, nel corso del quale tentò di ricordarsi quale fosse la forma di comportamento terrestre adeguata. Comunque fosse, un’offerta di cibo non poteva certo essere interpretata come un’offesa. — Volete assaggiare un po’ di questi? — domandò, offrendo una manciata di wafer.
Boyle ne accettò uno e lo esaminò con cura. — Non credo che lo assaggerò — disse in tono dubbioso. — Non adesso, almeno. Di che cosa si tratta esattamente?
Una delle femmine umane del gruppo stava arricciando il naso. Sandy si domandò che cosa vi fosse che non andava. — Questa carne — disse, mostrando il pezzo che aveva in mano, — è di hoo’hik. Si tratta di un tipo di animale da macello. Il wafer che ha in mano è composto in gran parte da tubero tritato. I pezzettini in mezzo sono frammenti di una specie di animale che vive nell’acqua. È comunque composto quasi interamente di carne, non ha ossa e i suoi organi interni possono essere estratti con estrema facilità.
— Come un gambero? — si azzardò a proporre uno degli altri terrestri.
— Non so che cosa sia un “gambero” — si scusò Sandy. — In ogni caso, questi wafer sono composti da ciò che vi ho appena detto; tubero tritato mischiato con animali proteici. Sono molto buoni. Siete sicuri che non volete assaggiarne nemmeno un poco?
Il terrestre che aveva parlato per primo assunse un’espressione tentata e disgustata allo stesso tempo. Annusò il wafer con aria circospetta.
— Io ci starei attenta se fossi in te — disse la femmina umana che gli stava accanto.
— In effetti puzzano un po’ di pesce — assentì l’uomo di nome Boyle. — Ma lei li mangia, non è vero signor Washington?
— Li ho mangiati per tutta la vita.
La femmina umana scoppiò a ridere. — Be’, non si può dire che non goda di ottima salute — disse rimirandolo dalla testa ai piedi. — Anzi, forse è fin troppo ben nutrito.
Sandy si sentì compiaciuto. Era quasi certo di aver appena ricevuto un complimento. Non vi potevano essere dubbi riguardo al fatto che fosse decisamente più forte rispetto a qualsiasi terrestre (anzi, a qualsiasi altro terreste, si corresse) ed era quasi altrettanto sicuro del fatto che, agli occhi delle femmine umane, questo rappresentasse un grande vantaggio dal punto di vista della riproduzione. Si domandò con ansia quando avrebbe avuto l’occasione di mettersi alla prova. Non in quel momento, naturalmente. Sapeva bene che, come regola generale, gli esseri umani non compivano l’anfilassi in pubblico. Tuttavia, era certo che sarebbe avvenuto molto presto! — Come? — domandò, distaccandosi dalle sue fantasie erotiche.
— Le ho chiesto da dove prende le sue vitamine — ripeté una delle femmine umane.
— Vitamine?
— Sostanze chimiche indispensabili per il funzionamento del corpo umano, minerali e così via.
— Oh, non credo di saperne molto a proposito — rispose Sandy in tono di scusa. — Temo che dovrete domandarlo a Chiappa. Sono gli esperti nutrizionali che si occupano di certe cose; loro sanno esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, e dosano di conseguenza il contenuto del nostro pasto principale. Esso contiene tutto ciò che è necessario per il nostro nutrimento giornaliero. Il latte con i biscotti invece è tutt’altra cosa, è solo ciò che voi definireste uno… “spuntino”, credo. — A quel punto fu costretto anche a spiegare in che cosa consistesse il “latte con i biscotti”. — Di solito lo prendiamo sei volte al giorno — disse — ma qui sulla Terra, dato che le giornate sono molto più lunghe, immagino che dovremmo prenderlo un po’ più spesso. Non so come ci comporteremo riguardo al pasto di mezzogiorno. Non so se vorranno fare più di un periodo di intontimento al giorno…
Detto questo, naturalmente, fu costretto a spiegare anche che cosa fosse il “periodo di intontimento”. L’uomo di nome Boyle emise un sospiro, prese il wafer, che aveva tenuto in mano fino a quel momento, lo avvolse in un fazzoletto e se lo infilò in tasca.
— Non le dispiace se me lo tengo, vero signor Washinton? — domandò. — Sono sicuro che i nostri esperti in chimica alimentare saranno entusiasti di poterlo studiare… Non è che magari mi potrebbe anche dare qualche altro avanzo del vostro pasto?
— Certo. Sempre ammesso che vi siano avanzi, intendo — disse Sandy con tono compiacente. — Penso che usciranno dalla navetta in circa… — Consultò il suo orologio da polso e compì una rapida conversione dal tempo hakh’hli a quello terrestre. — …in circa 47 minuti e mezzo del vostro tempo.
In quel momento Sandy sentì un forte frastuono proveniente dal cielo. La donna del gruppo, una femmina piccola dalla carnagione scura, alzò lo sguardo e poi si rivolse a Boyle. — Sta arrivando Marguery — disse.
— Bene — rispose Hamilton Boyle senza staccare gli occhi da Sandy. Boyle era un uomo alto e piuttosto magro. Per quanto Sandy non fosse in grado di giudicare l’età di un essere umano, era quasi certo che Boyle fosse uno dei meno giovani fra quelli che si trovavano attorno alla navetta hakh’hli. Doveva trattarsi di un uomo piuttosto serio, pensò Sandy, anche se sorrideva molto di frequente. — Signor Washington — disse Boyle. — Dobbiamo assolutamente parlare con i suoi… uh, amici, non appena sarà possibile. Stiamo facendo arrivare qui un aereo a decollo verticale, e speriamo che ci permetterete di portarvi tutti quanti in un luogo più confortevole per discutere con calma.
Sandy si ritrovò infastidito dall’avere contemporaneamente due domande diverse alle quali trovare una risposta. Così, decise di scartare “Che cos’è un aereo a decollo verticale?” in favore di: — Non capisco che cosa intenda con un luogo più confortevole, signor Boyle. Mi sembra che il luogo in cui ci troviamo sia sufficientemente confortevole. — Fu costretto ad alzare la voce poiché nel frattempo era apparso il velivolo e stava sfrecciando nel cielo nella loro direzione. Si fermò a mezz’aria, cambiando l’assetto degli alettoni e dei propulsori, quindi si abbassò lentamente verso il suolo. Il rumore era assordante, ma non si trattava di un elicottero; le ali del velivolo erano quasi simili a quelle del modulo di atterraggio hakh’hli.
L’assordante ruggito dei propulsori si arrestò di colpo. — Intendevo dire in una città — disse Boyle con tono persuasivo. — Qui non c’è nulla per voi, solo campi e montagne. Vorremmo avere la possibilità di darvi un benvenuto come si deve, in un luogo più civilizzato.
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