Alleo Steele - Le Fasi del Caos

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Una delle ultime invenzioni di Asimov è l’universo immaginario (ma non troppo) in cui si svolgono le avventure narrate in Le fasi del caos. Dopo aver passato una vita a raccontare le vicende di una galassia popolata soltanto da uomini e robot, Asimov immagina qui un intrigo che vede coinvolte, oltre a quella umana, altre cinque razze che conoscono il volo interstellare: razze spesso ostili e sospettose l’una dell’altra, fra cui l’uomo non fa certo brutta figura. Stabilite questo premesse, che presto daranno luogo a una serie di rapide quanto pericolose avventure, Asimov passa la mano ad alcuni brillanti scrittori; suoi allievi ideali, che svolgono la vicenda all’insegna della suspense, ma senza dimenticare una punta di ironia in omaggio al loro ispiratore.

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— Se vi aiuta a capire, leggetelo — disse.

Ci fu un altro breve scambio di pigolii non tradotti, questa volta tra i Pellegrini Lontani e la loro scorta, quindi gli otto Locriani ammantellati si girarono e cominciarono ad allontanarsi.

Gli accoliti si avviarono subito verso la città distrutta, dove una colonna nera di fumo si alzava ancora dai rottami bruciacchiati della navetta posati sulle cupole sfondate e sgretolate. La carcassa sembrava un grosso giocattolo lasciato cadere con noncuranza su un gruppo di formicai; per la prima volta nell’ultima ora, Beynes cominciò a guardare la distruzione attraverso i grandi occhi sfaccettati dei Locriani. Avrebbe voluto chiamare Portavoce, insistere che non era colpa sua, che lui non era responsabile del danno irreparabile causato alla loro città…

Ma non fu solo la minaccia delle armi delle guardie a strozzargli le parole in gola. Beynes lanciò un’occhiata a D’Lambert. L’ufficiale scientifico lo fissò per un attimo, poi stoicamente si voltò e osservò i Pellegrini Lontani. Forse gli erano venuti in mente gli stessi pensieri tetri.

I discepoli locriani si fermarono appena fuori le rovine della loro città. Tutti insieme, si inginocchiarono lentamente di fronte alle cupole sbriciolate, disponendosi in semicerchio come le guardie attorno agli Erthumoi. Poi, con grande stupore di Beynes, slacciarono i caschi e li tolsero. Pochissimi membri delle Sei Razze si erano visti reciprocamente senza indossare qualche tipo di respiratore. Per un istante brevissimo, le teste degli otto Locriani apparvero scoperte come quelle degli Erthumoi prigionieri. Poi i Pellegrini Lontani alzarono i cappucci, coprendo i crani oblunghi, e rimasero immobili.

Immobili, ma non muti. Malgrado la distanza, Beynes li sentì conversare; quelle parole aliene gli giunsero in modo vago, portate dalla brezza calda che agitava i loro indumenti. Le guardie attorno alla squadra da sbarco erthuma rimasero in silenzio, osservando gli Erthumoi attraverso i caschi.

Beynes si ricordò del libro gettato ai suoi piedi da Portavoce.

Inginocchiandosi, lo raccolse piano, spazzò via la sabbia e lo aprì: era stato programmato per la lingua erthuma. Si sedette e lo attivò, e mentre i compagni si inginocchiavano e si sedevano attorno a lui — guardandosi bene dall’aprir bocca ma leggendo oltre le sue spalle — Beynes cominciò a scorrere l’ipertesto.

Inosservate, le ombre intorno a loro iniziarono ad allungarsi mentre Epsilon Indi calava a poco a poco sotto l’orizzonte occidentale al di là della città distrutta, e la fredda notte di Mecca ebbe inizio.

Colyns: E lei dice che quel libro datole da Portavoce-con-gli-Erthumoi… era la storia dei Locriani?

Beynes: No, no… era la storia dei Pellegrini Lontani, anche se probabilmente «storia» non è il termine giusto. Più che altro era il loro Corano o Torà o Sacra Bibbia, comunque lo si voglia definire…

Colyns: Le loro sacre scritture…

Beynes: All’incirca… però immagino che un Erthumoi non getterebbe mai un Corano o una Torà nella polvere ai piedi di un miscredente. Forse era solo un libro, Colyns. A ogni modo, parlava dei Pellegrini Lontani, di cosa significasse Mecca per loro.

Colyns: Allora cosa diceva il libro riguardo…?

Beynes: Vuoi stare zitto e ascoltarmi? Stai registrando tutto, quindi piantala con le domande. Bene… i Pellegrini Lontani non sono nati come religione. Erano… potremmo dire che erano dissidenti politici, immagino, anche se forse nemmeno questa definizione è esatta. Erano un gruppo che non credeva nell’opinione della maggioranza sul mondo d’origine dei Locriani…

Colyns: Sembra improbabile. I Locriani non hanno una storia di guerre interne.

Beynes: Perché sbattevano fuori chiunque non fosse d’accordo con lo status quo. Stiamo parlando di una specie che ha sviluppato la tecnologia per il volo stellare più di trecentomila anni fa. Erano in grado di esiliare i dissidenti nello spazio quando gli Erthumoi bruciavano ancora le streghe. È così che hanno avuto origine i Pellegrini Lontani. Gli hanno dato… be’, in sostanza, un’astronave e una serie di indicazioni, e gli hanno ordinato di togliersi dai piedi. Seguendo quelle indicazioni hanno raggiunto una stella di classe K5 dall’altra parte della galassia… un sistema che, come le loro sonde avevano già accertato, conteneva un pianeta abitabile per i Locriani.

Colyns: Epsilon Indi?

Beynes: Appunto. E il pianeta era Mecca… quello che noi chiamiamo Mecca, almeno. Il libro non riportava il nome locriano del pianeta nella versione erthuma. Immagino che sia considerato un nome sacro.

Colyns: Capisco. E questo quando è successo?

Beynes: Non lo so. Il libro non precisava questo particolare… era evasivo, come per il nome del pianeta. Comunque, secondo me, è successo appena prima che gli Erthumoi scoprissero la tecnica dell’iperbalzo. Però so che la nave locriana poteva fare un viaggio di sola andata… come ripeto, questo era il metodo adottato dai Locriani per sbarazzarsi degli elementi radicali… così, una volta raggiunto Mecca, per i Pellegrini Lontani era impossibile ripartire. Per qualche motivo, quella nave si è schiantata sul pianeta, e loro non hanno potuto recuperare granché dai rottami. Si sono dovuti arrangiare con quel che avevano. E, per rendere davvero le cose più piacevoli, il pianeta non era completamente abitabile perché l’atmosfera era un po’ troppo ossigenata per loro. Ma avevano fatto naufragio, non potevano tornare a casa, quindi hanno dovuto tirare avanti con quello che avevano. Colyns: E gli extragalattici…?

Beynes: Gli ex-gi erano stati su Epsilon Indi II molto tempo prima dell’arrivo dei Locriani. D’Lambert aveva ragione. Era solo una discarica per loro, un posto dove lasciare i rifiuti. Ma i Locriani hanno trovato quei rifiuti e, dato che erano a corto di materiale, li hanno usati per costruire la loro città. Ma la parte importante di questa storia è che la percentuale d’ossigeno dell’atmosfera di Mecca era un po’ alta per loro. Tendevano a… be’, il libro parla di visioni mistiche, di rivelazioni sull’uniformità dell’universo e via dicendo; ma non ci vuole un eso-biologo per capire che soffrivano di ipossia collettiva. Avevano allucinazioni pazzesche. Colyns: Ipossia collettiva? Un’intera colonia perennemente ubriaca di…? Beynes: Ubriaca, in preda ad allucinazioni, che riceveva rivelazioni divine… forse è la stessa cosa, in fondo. Voglio dire, ci siamo cacciati nei guai per colpa di un paio di ubriachi erthuma, quindi che differenza fa qualche ubriaco in più? Comunque, i contrasti politici degli esuli locriani con la madrepatria sono stati assimilati dalla religione nata su Mecca. Colyns: E la città…

Beynes: La città era il centro della loro esistenza, il luogo dove si è sviluppato il loro sistema di credenze religiose. Sono riusciti a sopravvivere là, ma appena appena. Il libro dice che hanno perso la maggior parte dell’equipaggio originale, e parla di un tasso di mortalità del cinquanta per cento nelle due generazioni successive. Sostiene che sono sopravvissuti solo quelli che hanno abbracciato le credenze della setta dominante, ma forse questa è solo l’interpretazione della storia da parte dei vincitori… chissà? Comunque, dopo tanti anni un’altra nave locriana si è avventurata nel sistema di Epsilon Indi per scoprire che fine avessero fatto i dissidenti, e così i Locriani hanno trovato la terza generazione di discendenti dei primi esuli… ora però quei tipi erano i Pellegrini Lontani. Colyns: Ma hanno lasciato Mecca… cioè, Epsilon Indi II… Beynes: Esatto, perché stando alla predizione della loro mitologia un giorno sarebbero stati salvati dai loro fratelli. Nel libro c’erano un sacco di frasi tipo «e gli infedeli vedranno la vera luce»… ma secondo me nel frattempo i Locriani si erano ammorbiditi un po’ e avevano deciso che la loro razza poteva accogliere più di un sistema di credenze. Comunque, è così che i Pellegrini Lontani hanno lasciato Epsilon Indi II. Per quel che ne so io, sono ancora una rarità tra i Locriani, perché solo i discendenti dei primi esuli possono entrare nella setta, quindi non si tratta di una religione che cerchi di fare proseliti. Ma Mecca — o Epsilon Indi II, se vogliamo chiamarlo ancora così — è considerato un mondo sacro, e la maggioranza dei Locriani è disposta a cedere quel pianeta ai Pellegrini Lontani. Forse è solo una mia supposizione, ma può darsi che la loro sia stata l’unica colonia di esiliati a sopravvivere a una prova del genere. Immagino che per questo si siano guadagnati un certo rispetto. Colyns: Così la città trovata dal Capital Explorer…? Beynes: Il «sancta sanctorum». E la nostra navetta precipitando l’ha centrato in pieno. L’ha distrutto completamente.

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