Fred Hoyle - La voce della cometa

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La voce della cometa: краткое содержание, описание и аннотация

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Fred Hoyle, nato nel 1915 nello Yorkshire, astronomo e matematico, è autore di romanzi di fantascienza basati su ipotesi rigorose. Tra essi «La nuvola nera» (1957), «A per Andromeda» (1962), «Inferno» (1974).

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Il corpo era adagiato attraverso la console dell’organo.

«Può rimetterlo nella posizione di prima?» chiese Isaac Newton.

«No, signore, non ora. Forse in seguito quando avremo fotografato la salma», rispose il sergente. «E’ proprio lui? Il dottor Howarth, voglio dire?»

«Sembra Howarth, ma non si riesce a vederlo bene. Direi che sarebbe meglio vederlo domattina. E’ già rigido?» chiese Isaac Newton.

«Dev’essere stato rigido sin dall’inizio.»

«Come se fosse morto in preda a una specie di spasmo?»

«Sembra proprio così, professore. L’autopsia ci dirà come stanno realmente le cose.»

«Quando effettueranno l’esame necroscopico?»

«Oggi, molto probabilmente. Lei ha qualche motivo per pensare…?»

«Che si sia suicidato? Aveva buoni motivi per essere preoccupato, ma non fino a quel punto.»

«Beh, forse sarà meglio che rimandiamo le domande riguardanti la motivazione.»

«Ha chiamato il medico?»

«Sì, ma quello comunque è morto, su questo non c’è dubbio», affermò con sicurezza il sergente, fidandosi del suo buonsenso.

Il decano si fece avanti insieme con lo sconosciuto dal colletto da prete.

«Mi scuso per non aver presentato il cappellano del Saint John’s College.»

«Sembra che non possiamo fare molto», disse Isaac Newton mentre scambiava una rapida stretta di mano con il cappellano, «ma penso che toccherebbe a «lei» procedere all’identificazione. Ho parlato una sola volta con Howarth.»

Isaac Newton si accorse nella semioscurità della cappella che il sergente aveva preso nota della sua ultima osservazione.

Frances Margaret era seduta sullo scalino esterno dell’atrio.

«Avevo bisogno d’aria», spiegò brevemente a Isaac Newton. «Mi sono sentita quasi svenire.»

Isaac Newton ritornò dal sergente e disse: «La signorina non si sente troppo bene. Lei ha ancora bisogno di me?»

«Beh, signore, non ora, ma in seguito. Come ho già detto, pensavo che lei stesso avrebbe voluto dare un’occhiata per vedere come stanno le cose. Per essere sincero, non ho mai visto nulla di simile. Quella statua laggiù, professore, ha il suo stesso nome, vero?»

«Sì.»

«E anche questo è molto strano, professore, non le pare? Come se fosse stata la statua ad abbatterlo.»

3

Di ritorno nella foresteria, Frances Haroldsen decise di non rendersi ridicola parlando di qualcosa che dal punto di vista razionale non poteva aver visto, specialmente con Isaac Newton. Nonostante ciò esplose con voce tesa dall’emozione: «Perché lo ha fatto?»

«Non penserai che la colpa sia mia?»

«Come potrebbe esserlo? Tu ti sei offerto di aiutarlo, di portare le sue registrazioni al CERN, non è così? Inoltre hai fatto ciò che hai potuto per quanto riguarda il suo contratto, al punto quasi da sostenere un alterco con quel tipo del CERC.»

«Ho fatto del mio meglio.»

«Allora, perché lo ha fatto? Proprio sotto il naso del monumento a Isaac Newton. Così resti coinvolto fino al collo.»

«Il sergente ha appena detto come tutto faccia sembrare che sia stata la statua a colpirlo.»

«Sostituisci la statua con «te stesso»; è questo ciò che penserà la gente.»

«Ci sono ancora troppe cose che non conosciamo per esprimere un giudizio ragionevole su questo punto», rispose Isaac Newton con tutta la pacatezza di cui fu capace, e più vicino alla verità di quanto si rendesse conto. «Possono succedere tante cose di ogni genere, ma non ha senso varcare i ponti davanti a noi prima di averli raggiunti. Non dobbiamo perdere di vista le mosse giuste lasciandoci dominare dall’emozione. La polizia metterà presumibilmente le mani su tutto ciò che riguarda Mike Howarth, nei limiti del possibile, il che significa che le sue carte potrebbero essere poste sotto sequestro. Per fortuna possiedo già i dischi con i segnali, i punti e le linee, del satellite. Ma abbiamo bisogno di poter consultare gli altri dati da lui raccolti. Dubito che quel materiale si trovi al laboratorio perché non si fidava di nessuno lì. O almeno, sembra.»

«Credo di sapere dove si potrebbero trovare quei dati.»

A giudicare dal tono della voce, si sarebbe detto che Frances Haroldsen avesse ripreso il dominio di sé.

«Nel Saint John?»

«Molto improbabile. Mike era molto preoccupato di tenere segreti i suoi dati. E i college sono posti di facilissimo accesso, c’è sempre gente che va e che viene. Un ladro ben deciso non troverebbe troppe difficoltà dato che ogni giorno i portieri e le donne che rifanno i letti girano con le chiavi di ogni piano, entrando in ogni stanza.»

«Da quanto ho potuto giudicare, l’idea di depositare il materiale in una banca gli era completamente nuova.»

«Aveva un posto tutto suo in piena campagna, a vari chilometri da qui, un cottage. Gli era stato lasciato in eredità pochi anni fa da uno zio, credo. E’ là che devono trovarsi le sue carte, quelle che gli stavano più a cuore. Ci sono andata un paio di volte, facendo delle gite sulla strada romana. Non è troppo lontano dalla torre piezometrica di Linton. Potremmo andare a Linton domattina.»

«Per quanto mi dispiaccia dirlo, domattina sarà troppo tardi. La polizia potrebbe essere ormai dappertutto. Inoltre non potrei lasciare Cambridge domani. Sarebbe come invocare indagini. Se dobbiamo andarci, andiamoci ora. Saresti capace di trovare il cottage al buio?»

«Potrei tentare. Ma se il sergente o il decano dovessero rifarsi vivi qui?»

«In tal caso sarò via per riaccompagnarti al tuo alloggio.»

Dopo aver lasciato il chiostro, Isaac Newton e Frances Haroldsen superarono in un attimo il Trinity Bridge e s’incamminarono lungo il viale che conduce al cancello posteriore del College, chiuso a chiave. Isaac Newton, grazie alla chiave riservata ai professori di cui era in possesso, non ebbe alcuna difficoltà ad aprirlo. Procedettero ad andatura spedita superando la parte posteriore del Saint John’s College, per sbucare nella Chesterton Lane. Seguendo quella via per circa mezzo chilometro nella direzione di Chesterton, raggiunsero una passerella sulla destra che li condusse sull’altra sponda del Cam. Una breve camminata al limite del Jesus Green li condusse a un autosilo aperto anche durante la notte dove Isaac Newton aveva lasciato nove ore prima la macchina. Per raggiungere quel punto dal Trinity College avevano certo seguito un percorso tortuoso, ma lungo il quale non avrebbero corso il rischio di essere intercettati da qualche poliziotto sospettoso.

La strada per uscire da Cambridge sulla Hills Road, passando accanto all’ospedale, era la stessa che avevano già percorso prima con la macchina di Frances, ma la Mercedes che Isaac Newton aveva portato dalla Svizzera superò l’altura dei Gogs senza diminuire praticamente la velocità. Invece di svoltare verso Babraham, continuarono sulla strada maestra che da Londra porta a Newmarket, raggiungendo Linton.

Dopo aver seguito per dieci minuti una strada naturale attraverso la boscaglia, raggiunsero un tipico cottage dai muri a secco, il cui originale tetto di paglia era stato sostituito con tegole.

«Ecco, ci siamo», annunciò Frances Margaret. «Non c’è altro per chilometri, tutt’intorno. La casetta magica tutta sola nel bosco.»

Dopo aver puntato i fari sul cottage, Isaac Newton tolse la cassetta degli attrezzi dal vano bagagli della macchina dicendo: «Non è granché, tuttavia dovremmo essere in grado di cavarcela. Fammi un po’ di luce anche con la torcia elettrica… puntala sul gancio della finestra, qui».

Cinque minuti più tardi erano riusciti a sbloccare il gancio di una delle finestre a ghigliottina del pianterreno e a sollevarne la parte inferiore scorrevole. Subito dopo si ritrovarono senza fatica all’interno della casetta.

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