«Ma non gli assassini.»
«No, quelli no.»
«Eccetto Kathy Mallory. Ieri sera dicevi che potrebbe essere processata per omicidio e incendio.»
«Il caso è chiuso.»
«Ma Kathy non è morta.»
«E non ha ucciso nessuno.» Riker provò compassione per il povero Charles, lasciato in sospeso un'altra volta. Chiunque sarebbe impazzito, ma lui era un uomo paziente.
«Un'altra domanda, Riker. Non ti disturbano le somiglianze tra la vicenda di Mallory e il caso dello spaventapasseri?»
Riker fissò la tazza vuota, soppesando attentamente le parole. «È una vecchia tesi, secondo la quale poliziotti e assassini sono sostanzialmente uguali. Ciò che ci distingue è… il dopo, quello che succede dopo aver ammazzato qualcuno. Credi che il nostro spaventapasseri provi rimorso?»
Charles scosse la testa. «No, non quest'uomo.»
«Quando un poliziotto è coinvolto in una sparatoria dall'esito fatale, gli viene tolta la pistola, perché il rimorso non lo spinga a uccidersi.»
«Dunque non credi che Mallory si identifichi con lo spaventapasseri?»
«No» disse Riker. «Credo che adesso sappia come si sentiva Louis Markowitz.»
«In caccia del figlio perduto?»
«Il figlio di Natalie, un cucciolo malato.» Riker continuava a fissare l'orologio. «Perché non chiama?» Prelevò un fax accartocciato dalla tasca e lesse: «Allora, Odeon, nel Nebraska è l'ultimo posto che lo spaventapasseri ha considerato casa».
«Stavamo cercando una definizione di "casa", quando Mallory si è alzata e se n'è andata.»
Riker batté i pugni sul tavolo, facendo sobbalzare le tazze. «L'ha trovato! Mallory sa dove vive lo spaventapasseri. Dimmi tutto quello che vi siete detti.» Era un ordine. «Ogni dannata parola.»
Mallory era in piedi davanti all'ingresso di un palazzo dell'East Village, l'ultimo indirizzo di Natalie Homer. Suonò il campanello dell'appartamento dei padroni di casa. Nessuno rispose, e non sentì alcun rumore all'interno.
Un uomo sul marciapiede stava avvicinandosi e la guardava incuriosito. Salì la breve rampa di scale e si avvicinò a Mallory. «Io vivo qui, posso esserle utile?»
«Lei è il signor White? Il marito di Alice?»
«Sì.»
Mallory mostrò il distintivo e non ci fu bisogno di aggiungere altro. Quando l'uomo aprì la porta, il diritto di Mallory a entrare non era in discussione. Mallory si chiese come queste gentili persone del Midwest potessero sopravvivere a New York. «Sua moglie è in casa?»
Il signor White lesse un biglietto sul tavolo nell'ingresso. «È uscita a fare la spesa. Prego, si accomodi, non tarderà.»
Quando entrambi furono seduti, il signor White le disse: «Alice mi ha riferito che le ha fatto fare il giro della casa. Le piace come l'abbiamo sistemata?».
«Un bel lavoro» disse Mallory.
Il signor White sollevò le sopracciglia, probabilmente si aspettava un commento più generoso. «Posso fare qualcosa per lei?»
«Mi auguro di sì.» Mallory estrasse i due identikit dello spaventapasseri e li posò sul tavolino. Accanto a quelli mise una stampata con la riproduzione della patente.
«Viene dal Nebraska» disse il signor White dopo aver letto l'indirizzo sulla patente. «Mia sorella vive lì.» Corrugò la fronte. «Una fotografia orribile.»
Pssst.
Deluthe si stava lentamente abituando a quel veleno insetticida. Sapeva che non poteva toccare nulla, tantomeno il pulsante che spegneva la macchina. Il cadavere posato sul pavimento del ripostiglio era ricoperto da una muffa verde e nera, come l'interno del sacco trasparente che conteneva il corpo. L'età del cadavere si intuiva dai capelli bianchi. Era un uomo, si capiva dalle mani, mani grandi e squadrate. Nessun segno di ferite di alcun tipo, nessuna causa apparente di morte.
Accanto al ripostiglio, nel portaombrelli, c'era una mazza da baseball, l'arma di difesa preferita dai newyorkesi.
Il giovane detective si alzò e si guardò intorno. Tutto era esattamente come doveva essere.
Pssst.
«Be'» disse il signor White «potrebbe essere chiunque.» Alzò lo sguardo dall'identikit dello spaventapasseri, che si era rivelato inutile quanto la patente. «Mi rincresce, sono fuori tutto il giorno, è mia moglie che tiene d'occhio i vicini.»
«Forse ha notato uno sconosciuto aggirarsi qui intorno. Indossa un cappello da baseball e ha una borsa…» Mallory udì lo scampanellio della porta d'ingresso. Alice era a casa.
Deluthe si avvicinò alla porta chiusa del bagno. Non riusciva a ricordare se avesse lasciato la porta aperta. Tranne il soffio dello spray, la stanza era immersa nel silenzio. Era quasi sicuro di essere il solo essere vivente nell'appartamento. Quasi. Impugnò la pistola. Il sudore cominciava a colargli sul viso. Si figurò Mallory che lo sfotteva anche da morto, perché non aveva chiamato rinforzi.
Qualcosa lo colpì in piena faccia. Perdeva sangue dal naso. Le ginocchia erano deboli e sarebbe caduto a terra da un momento all'altro.
L'uomo aveva qualcosa in mano. Un'arma? Deluthe sollevò la sua pistola.
No, era una bomboletta spray.
Pssst.
Gli occhi di Deluthe erano in fiamme. L'insetticida l'aveva praticamente accecato. Distingueva solo una sagoma bianca e sfuocata, una faccia che galleggiava, poi cadde in ginocchio. Il dolore aumentò.
La signora White entrò nell'appartamento: «John, hai visto il biglietto?». Appoggiò le borse della spesa, e notò che il marito aveva ospiti. «Oh salve, è il terzo poliziotto che vedo oggi.»
«Cosa?» disse il signor White.
«Stamattina presto c'era un agente in uniforme. È arrivato appena sei uscito. Credo che fosse un amico di George. Poi ne è venuto un altro…» si voltò verso Mallory. «George è il custode, anni fa lavorava nella polizia.»
Mallory le mostrò l'identikit dello spaventapasseri. «Assomiglia a quest'uomo?»
«Oh no» disse ridendo. «George ha sessantacinque anni. È un uomo corpulento e ha pochi capelli.»
Deluthe indietreggiò. Le lacrime avevano calmato il bruciore dell'insetticida e adesso distingueva la figura di un uomo di fronte a lui. Fece per sparare, ma l'uomo gli aveva sottratto la pistola. Allungò un pugno in direzione del suo avversario. Un calcio nei testicoli lo fece piegare in due, poi un pugno alla bocca dello stomaco gli levò il fiato. Cadde sul pavimento, dove restò a contorcersi mentre l'uomo apriva e chiudeva dei cassetti, poi sentì il rumore di uno strappo. Cercò di concentrarsi. Dov'era il portaombrelli con la mazza da baseball?
Vicino al ripostiglio.
Vedeva a malapena delle ombre confuse, ma riuscì a distinguere la sagoma scura accanto al ripostiglio. Strisciò fino a lì, finché riuscì a toccare il portaombrelli. Mentre cercava di afferrare la mazza, sentì che l'uomo correva nella sua direzione. Si rimise in piedi e colpì alla cieca.
Aveva beccato qualcosa. Carne e ossa. L'uomo ombra era andato al tappeto.
La signora White osservò gli identikit e la fotografia.
«Ci pensi bene, signora» disse Mallory. «L'ha mai visto prima?»
«Potrebbe essere chiunque, anche quel giovane poliziotto. Gli ho detto che George non era in casa, ma l'uomo a cui subaffitta l'appartamento…»
«…lavora di notte,» disse John White «come il vecchio George.»
«Così ho pensato che stesse dormendo,» disse la moglie «e l'ho detto al poliziotto.»
«Il primo?» chiese John White «oppure hai…»
«L'ho detto a tutti e due» disse la moglie. «Il secondo era un detective, mi ha chiesto se poteva lasciare un messaggio sotto la porta di George.»
Deluthe fu afferrato alle gambe. Sbatté la nuca sul pavimento, la mazza da baseball ancora in mano.
Il peso dell'uomo lo schiacciava, rotolarono sul tappeto andando a sbattere contro il muro. Deluthe riuscì ad assestare un pugno su una faccia che riusciva a malapena a vedere.
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