«Se c’è una cosa che ho imparato in questi ultimi giorni, è che è meglio non lasciare nulla in sospeso.» Baldric fece un cenno a Isaak. «Attiva la Campana.»
«Aspettate!» gridò Gray, facendosi avanti.
Ischke aveva raccolto la sua pistola e gliela puntò contro.
Baldric si diede una breve occhiata alle spalle, annoiato e impaziente.
Gray aveva soltanto una carta da giocare. «So come decodificare il codice di Hugo.»
La sorpresa ammorbidì l’espressione severa di Baldric. Sollevò una mano, facendo cenno a Isaak di aspettare. «Davvero? Lei è in grado di fare ciò che una serie di computer non è riuscita a fare?»
Gray sapeva di dover offrire qualcosa a Baldric, qualsiasi cosa, per impedirgli di attivare la Campana e irradiare i suoi amici. Indicò il monitor che mostrava ciclicamente le rune. Il computer le rimescolava, in cerca di una combinazione logica.
«Da soli fallirete», affermò Gray.
«E perché?»
Gray si leccò le labbra secche. Aveva paura, ma doveva restare concentrato. Sapeva con certezza che il computer avrebbe fallito, perché lui aveva già risolto l’enigma delle rune. Non capiva la risposta, ma sapeva che era quella giusta, soprattutto considerando le origini ebree di Hugo Hirszfeld.
Ma quanto poteva rivelare? Doveva contrattare al meglio delle sue capacità, cercando un equilibrio tra la verità e la risposta.
«Avete preso la runa sbagliata dalla Bibbia di Darwin», disse Gray. Era la verità. «E ci sono sei rune, non solo cinque.»
Baldric sospirò. Le rughe attorno alla bocca gli si fecero ancora più profonde per lo scetticismo. «Come la ruota del sole che ha disegnato l’altra volta, immagino.» Si voltò di nuovo verso Isaak.
«No! Lasci che glielo dimostri!»
Si guardò attorno e individuò un pennarello vicino a uno dei computer. «Passatemi quello.»
Con la fronte corrugata, Baldric fece un cenno a Isaak, che lanciò il pennarello verso Gray. Lui s’inginocchiò e fece un disegno sul linoleum grigio. «Questa è la runa della Bibbia di Darwin.»
«La Menschrune », disse Baldric.
Gray la picchiettò con un dito. «Rappresenta lo stato superiore dell’essere umano, il piano divino che si nasconde in tutti noi.»
«E allora?»
«Questo era l’obiettivo di Hugo Hirszfeld, il risultato finale cui mirava, giusto?»
Baldric annuì lentamente.
«Hirszfeld non avrebbe incorporato il risultato nel suo codice. Il codice conduce a questo.» Picchiettò più forte la runa. «Questo non può rientrare nel codice.»
A poco a poco si fece strada la comprensione e il vecchio cominciò a credergli. «Le altre rune nella Bibbia di Darwin…»
Gray fece altri disegni sul pavimento, per illustrare la sua argomentazione.
«Queste due rune costituiscono la terza.» Disegnò un cerchio attorno alle due rune biforcute. «Rappresentano l’umanità al suo livello più basilare, quello che conduce allo stato superiore. Perciò sono queste due che devono essere inserite nel codice.» Gray scrisse la serie originale di rune. «Questa è la sequenza sbagliata.»
Poi la cancellò e scrisse la serie corretta, dividendo l’ultima runa.
Baldric si avvicinò. «E questa è la serie corretta? Quella da decifrare?»
Gray disse la verità. «Sì.»
Baldric annuì, mentre rifletteva su quella rivelazione. «Credo che lei abbia ragione, comandante Pierce.»
Gray si alzò.
« Dank u », disse Baldric, poi si rivolse a Isaak: «Attiva la Campana e fai fuori i suoi amici».
ore 15.07
Lisa e Tau, il guerriero zulù, aiutarono Painter a scendere dall’elicottero. Il sedativo che gli avevano somministrato era di breve durata e l’effetto sarebbe finito di lì a qualche minuto.
Gunther sosteneva Anna, che aveva gli occhi velati. Si era iniettata un’altra dose di morfina contro il dolore, ma aveva cominciato a sputare sangue.
Davanti a loro c’erano Monk e Mosi D’Gana e ai loro piedi i cadaveri di tre sentinelle dell’eliporto. Gli agenti di sicurezza erano stati colti di sorpresa. Si aspettavano di ricevere un prigioniero. Era bastato qualche colpo esploso da un paio di pistole col silenziatore per assumere il controllo dell’area.
Monk fece cambio di posizione con Tau. «Resta qui, sorveglia l’elicottero e tieni d’occhio il prigioniero.»
Kellog era stato tirato fuori dal velivolo, ma era imbavagliato, aveva le mani ammanettate dietro la schiena e le caviglie legate. Non sarebbe andato da nessuna parte.
Monk fece cenno al maggiore Brooks e a Mosi D’Gana di fare strada. Avevano studiato tutti la mappa disegnata da Paula Kane e calcolato il percorso migliore per raggiungere il sotterraneo. Era piuttosto lontano.
Brooks e Mosi li guidarono fino all’accesso al palazzo, imbracciando i fucili d’assalto. I due si muovevano come se avessero già lavorato assieme, sincronizzati, efficienti. Anche Gunther aveva una pistola in mano e portava a tracolla un fucile a canne mozze. Armati fino ai denti, raggiunsero la porta.
Brooks scattò in avanti. Le chiavi magnetiche sottratte alle guardie aprirono loro la strada. Il maggiore e Mosi scomparvero all’interno, in avanscoperta. Gli altri rimasero indietro ad aspettare.
Monk guardò l’orologio. Il tempismo era essenziale.
Un breve fischio li raggiunse da sotto.
«Andiamo!» ordinò Monk.
Entrarono rapidamente e trovarono una breve rampa di scale che conduceva al sesto piano. Brooks era sul pianerottolo. Un’altra guardia era distesa sulle scale, col collo squarciato. Mosi era accovacciato al pianerottolo successivo, col coltello insanguinato in mano.
Continuarono a scendere per la spirale di gradini. Non incontrarono altre guardie. Come speravano, molte sentinelle erano concentrate all’esterno. L’ammassarsi dei guerrieri zulù aveva inevitabilmente attirato la loro attenzione.
Monk guardò l’orologio un’altra volta.
Raggiunto il secondo piano, lasciarono la tromba delle scale ed entrarono in un corridoio di legno lucido. Era ombroso e scuro. La luce delle lampade a muro era intermittente, come se l’impianto elettrico fosse ancora in panne dopo il blackout… Oppure qualcosa stava assorbendo un sacco di energia.
Lisa notò anche un odore di rancido.
Il corridoio terminava in un passaggio trasversale. Brooks andò in avanscoperta sulla destra, la direzione in cui dovevano andare. Ricomparve di colpo, e si appiattì contro la parete. «Indietro…»
Da oltre l’angolo provenne un ringhio feroce, di sfida, seguito da una serie di risate e guaiti eccitati. Poi un unico urlo stridente sovrastò tutto quanto.
« Ukufa », sussurrò Mosi, facendo cenno agli altri di tornare indietro.
«Via!» esortò Brooks. «Noi cercheremo di spaventarle, poi vi raggiungeremo.»
Monk trascinò via Lisa e Painter.
«Che cosa…» stava per chiedere Lisa, ma le parole le si spensero in gola.
«Qualcuno ci ha sguinzagliato dietro i cani», rispose Monk.
Gunther incespicava, trasportando di peso la sorella, che strisciava i piedi sul pavimento.
Dietro di loro ci fu un’esplosione di colpi.
I guaiti e gli ululati si trasformarono in urla di dolore e rabbia.
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