Come se qualcuno avesse letto nel pensiero di Monk, i due battenti si aprirono di colpo. Spari, scoppi ed esplosioni risuonarono acuti. Le urla si fecero più intense. Gli uomini si riversarono nel palazzo: le forze dei Waalenberg battevano in ritirata. Tra loro, Monk riconobbe le sagome vestite di nero dell’élite, i fratelli di un biondo glaciale. Una dozzina, ben poco turbati, come se fossero rientrati da una giornata rinfrescante sui campi da tennis.
Mentre all’esterno infuriava ancora la guerra, le due forze si fronteggiarono nell’atrio.
La squadra di Monk arretrò, costretta contro la parete, in svantaggio numerico.
Il rapporto era cinque contro uno.
ore 15.15
Gray si allontanò da Baldric Waalenberg. «Lo tenga d’occhio», ordinò a Marcia.
Lui andò alla postazione di lavoro di Isaak, continuando a guardare il misuratore di potenza della Campana. Allungò la mano verso un interruttore che Isaak aveva usato poco prima: controllava lo schermo protettivo che circondava il dispositivo attivato.
«Che sta facendo?» chiese Baldric, il tono della voce improvvisamente preoccupato.
Allora c’era qualcosa che faceva più paura al vecchio di un proiettile. Buono a sapersi. Gray spinse indietro l’interruttore. Si udì un rombo di motori da sotto il pavimento e lo schermo cominciò ad abbassarsi. Una luce blu penetrante filtrò dal bordo superiore, mentre il cilindro di piombo si allontanava dal soffitto.
«Lo fermi! Ci ucciderà tutti!»
«E allora spenga quella dannata cosa.»
Baldric aveva lo sguardo fisso, tra lo schermo che scendeva e la console. «Non posso spegnerla, ezel ! La Campana ormai è innescata. Deve scaricarsi.»
Gray alzò le spalle. «Allora la staremo a guardare mentre si scarica.»
L’anello di luce blu s’ispessiva.
Baldric imprecò e si diresse verso la console. «Ma posso neutralizzare la soluzione letale. Non recherà danno ai suoi amici.»
«Lo faccia.»
Baldric digitò rapidamente qualcosa sulla tastiera, con movimenti agili delle dita nodose. «Alzi quello schermo, però!»
«Quando lei avrà finito.» Gray sbirciava oltre la spalla dell’uomo. Vide tutti i loro nomi comparire sul monitor, assieme a un codice alfanumerico contrassegnato come Genetisch profiel. L’uomo premette il tasto DELETE quattro volte e i profili genetici furono cancellati.
«Fatto!» esclamò Baldric, voltandosi verso Gray. «Ora chiuda lo schermo!»
Gray fece scattare l’interuttore.
Si udì un cigolio dal basso, poi qualcosa si spaccò, facendo tremare il pavimento. Lo schermo di piombo si bloccò di colpo, ancora parzialmente abbassato.
Oltre il margine superiore, dal cuore della camera d’irradiazione, splendeva un sole blu. Attorno alla Campana l’aria s’increspava, mentre l’involucro esterno e quello interno giravano in direzioni opposte.
«Faccia qualcosa!» implorò Baldric.
«Il meccanismo idraulico si è inceppato», replicò Gray.
Baldric si allontanò, gli occhi sempre più spaventati a ogni passo. «Ci ha condannato tutti! Quando raggiungerà il picco di potenza, l’impulso della Campana ucciderà tutti nel raggio di otto chilometri, o peggio.»
Gray aveva paura di chiedere che cosa potesse essere peggio.
ore 15.16
Monk guardò i fucili sollevarsi contro di loro.
Inferiorità numerica.
L’ascensore non era ancora arrivato e, anche se le porte si fossero aperte in quel momento, ci sarebbe voluto troppo tempo per salire. Non c’era modo di evitare una sparatoria.
A meno che…
Monk si accostò a Fiona. «Che ne dici di un po’ di dolore…» E indicò con un cenno del capo le iene che si erano ritirate sulle scale.
Fiona non esitò e premette un bottone.
L’effetto fu istantaneo. Fu come se qualcuno avesse appiccato il fuoco alle code delle iene. Un urlo possente proruppe da una ventina di gole. Alcune creature si gettarono dalla balconata, cadendo fragorosamente al suolo. Altre rotolarono giù dalle scale, assalendo gli uomini. Artigli e denti attaccarono qualsiasi cosa che si muovesse, in preda a una furia cieca. Gli uomini urlavano e i fucili sparavano.
Alle spalle di Monk, finalmente si aprirono le porte dell’ascensore. Entrò nella cabina, trascinando con sé Fiona e guidando Lisa e Painter.
Ci fu una raffica di colpi nella loro direzione, ma per la maggior parte le forze dei Waalenberg erano concentrate sulle iene. Mosi e Brooks rispondevano al fuoco, battendo in ritirata verso l’ascensore.
Potevano farcela, ma poi? Allertate, le guardie dei Waalenberg avrebbero dato loro la caccia.
Monk premette a casaccio i bottoni dei piani sotterranei. Ci sarebbe stato abbastanza tempo per preoccuparsene in seguito.
Ma uno dei loro non era il tipo da procrastinare.
Gunther spinse Anna tra le braccia di Monk. «La prenda! Io li terrò a bada.»
Anna si protese verso il fratello, mentre le porte si chiudevano. Gunther si allontanò e si voltò dall’altra parte, pistola in una mano, fucile nell’altra, ma non prima di aver fissato Monk, suggellando un patto silenzioso.
Proteggi Anna.
Infine l’ascensore si chiuse.
ore 15.16
Khamisi attraversava la giungla a tutta velocità, curvo sulla motocicletta. Paula Kane era seduta dietro di lui, col fucile in spalla. Un guerriero zulù e un’agente britannica. Strani compagni di lotta: gli episodi più sanguinosi della storia del Paese si erano verificati durante le guerre tra inglesi e zulù del XIX secolo.
In quel momento, però, erano una squadra ben affiatata.
«Sinistra!» gridò Paula.
Khamisi sterzò di colpo. La canna del fucile della donna passò dall’altro lato. Quando sparò, una sentinella Waalenberg cadde a terra.
Sparatorie ed esplosioni echeggiavano tutt’attorno.
D’un tratto, senza preavviso, la moto sbucò in un giardino ben curato. Khamisi frenò bruscamente, fermandosi con una sgommata sotto i rami di un salice.
Davanti a loro, il palazzo occupava l’intera visuale.
Khamisi sollevò il binocolo che portava appeso al collo e scrutò il tetto. Individuò l’eliporto dove era atterrato l’elicottero del parco. Un movimento attirò la sua attenzione. Regolò il binocolo, mettendo a fuoco una sagoma familiare: Tau. Il suo amico zulù era vicino al bordo del tetto e osservava la battaglia in atto sotto di lui.
Poi, da sinistra, dietro Tau, un’altra sagoma entrò nel suo campo visivo, con una spranga sollevata sopra la sua testa: Gerald Kellog.
«Non ti muovere», disse Paula. Poggiò il calcio del fucile sulla spalla di Khamisi e inquadrò l’uomo nel mirino di precisione. «Lo vedo.»
Khamisi aveva paura, ma restò immobile, fissando l’immagine nel binocolo.
Paula premette il grilletto e il fucile esplose un colpo assordante, che gli riecheggiò nelle orecchie.
La testa del sovrintendente Kellog si piegò all’indietro, di scatto. Tau rischiò di volare giù per lo spavento, ma finì disteso sul tetto, inconsapevole di avere appena avuto salva la vita.
Ma come se la stavano cavando gli altri, là dentro?
ore 15.17
«Ci ha condannato!» ripeté Baldric.
Gray si rifiutava di arrendersi. «Può rallentare la Campana, abbastanza per darmi il tempo di scendere a riparare lo schermo?»
Il vecchio fissava lo schermo bloccato, con la corona di luce blu. Sul suo viso era dipinta la paura. «Forse c’è un modo, ma…»
«Ma cosa?»
«Qualcuno deve entrare là dentro.» Indicò la camera d’irradiazione col bastone tremante e scosse la testa, rifiutandosi di offrirsi volontario.
Una voce li raggiunse, mentre la porta si apriva. «Ci vado io.»
Gray e Marcia si girarono, sollevando le pistole.
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