James Rollins - L'ordine del sole nero

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IERI. Germania, 1945: in un bunker sotterraneo viene portato a termine un esperimento rivoluzionario…
OGGI. Nepal: in un remoto monastero un’ondata di follia si diffonde improvvisamente tra i monaci, che scrivono col sangue indecifrabili sequenze di rune celtiche e svastiche. Copenhagen: a un’asta di libri antichi ricompare la Bibbia appartenuta a Charles Darwin, un volume che cela la chiave di un mistero sconcertante. Sudafrica: l’ultimo segreto dei nazisti sta per riemergere dal profondo della giungla… Grayson Pierce e la Sigma Force sono di nuovo in azione.

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Il malandato gruppetto che si presentò ai loro occhi aveva dell’incredibile. Monk entrò per primo, sostenendo la donna dai capelli scuri che aveva appena parlato. Gli altri erano in gran parte estranei. Un uomo anziano di colore entrò zoppicando, con un giovane ben rasato, dal taglio di capelli militare. Erano seguiti da Fiona e da una donna bionda, alta e atletica, che dava l’impressione di avere appena finito una maratona. I due sostenevano un uomo più anziano, un peso morto, che si reggeva a fatica. Sembrava che fosse solo l’inerzia a tenerlo in piedi. Non appena la donna si fermò, lui si afflosciò. Sollevò il viso, che fino a quel momento era rimasto abbassato, e guardò Gray con occhi blu familiari.

Lui lo riconobbe e rimase scioccato. «Direttore Crowe?»

Lo raggiunse di corsa.

«Non c’è tempo», l’ammonì la donna dai capelli scuri, ancora sostenuta da Monk. Sembrava che stesse un po’ meglio di Painter. I suoi occhi studiavano lo schermo e la Campana, come se fossero oggetti familiari. «Avrò bisogno d’aiuto per entrare. E lui verrà con me.» Sollevò un braccio tremante verso Baldric Waalenberg.

«No…» gemette il vecchio.

La donna lo fulminò con lo sguardo. «Avremo bisogno di quattro mani sui condotti delle polarità. E lei conosce la macchina.»

Monk fece un cenno all’uomo di colore. «Mosi, aiuta Anna a entrare. Avremo bisogno di una scala.» Quindi si voltò verso Gray e gli strinse brevemente la mano, poi gli sfiorò la spalla, in un gesto più familiare.

«Non abbiamo molto tempo», disse Gray all’orecchio di Monk, sorpreso di quanto fosse sollevato per il suo arrivo. Era pervaso da una nuova speranza.

«Non me ne parlare.» Monk si sganciò una radio e la passò a Gray. «Fai muovere quell’affare. Io resto qui a occuparmi del resto.»

Gray prese la radio e uscì. Aveva mille domande, ma doveva rimandare a più tardi. Tenne aperto il canale radio. Udiva rumori e voci, discussioni e qualche urlo. Sentì dei passi veloci dietro di sé e diede un’occhiata alle sue spalle.

Era Fiona. «Vengo con te!» Fu al suo fianco ancora prima che raggiungesse le scale antincendio, poi sollevò una trasmittente. «In caso ti imbattessi in uno di quei mostri.»

«Pensa a starmi dietro», rispose lui.

«Ma piantala!»

Corsero fino a raggiungere il corridoio e il locale macchine del livello inferiore.

Monk parlò alla radio. «Anna e il vecchio sono dentro la camera. Naturalmente lui non ne è entusiasta. Che peccato, stavamo diventando buoni amici.»

«Monk…» lo ammonì Gray, perché si concentrasse sul compito da svolgere.

«Sto per passare la radio ad Anna, si coordinerà con te. Ah, a proposito, hai meno di un minuto. Ciao.»

Gray scosse la testa e fece per aprire con uno strattone la porta del locale.

Chiusa a chiave.

Fiona lo vide fare un secondo tentativo e sospirò. «Niente chiave?»

Gray aggrottò le sopracciglia, estrasse la pistola dalla cintura e mirò alla serratura. Il colpo echeggiò nel corridoio, aprendo un buco fumante nella porta. L’aprì con una spinta.

Fiona lo seguì. «Va bene lo stesso, immagino.»

Adesso Gray aveva davanti il gruppo motore che serviva a sollevare e abbassare lo schermo protettivo.

La radio emetteva strane scariche elettrostatiche, che andavano su e giù come le onde su una spiaggia. Dovevano essere interferenze causate dalla Campana, pensò Gray. Evidentemente Monk aveva passato la radio ad Anna.

A conferma della sua supposizione, sentì la voce concitata della donna, fra un disturbo e l’altro. Era una discussione tecnica, in una furente miscela di tedesco e olandese. Gray la ignorò quasi del tutto, mentre girava attorno al gruppo motore.

Poi la voce della donna si fece più chiara, in inglese. «Comandante Pierce?»

«La sento.»

Lei aveva la voce rauca, estenuata. «Stiamo tamponando la falla, ma non terrà a lungo.»

«Tenete duro.» Gray individuò il problema. Era saltato il fusibile di uno dei pistoni. Con un lembo della camicia, lo tirò fuori. «Ci serve un altro di questi, Fiona. Cerca qua attorno.»

«Faccia presto, comandante.»

I disturbi elettrostatici divennero sempre più forti, ma non abbastanza da coprire le parole che Baldric sussurrò ad Anna, in tono insistente: «… si unisca a noi. Ci farebbe comodo un’altra esperta della Campana».

Per quanto spaventato, Baldric le provava tutte.

Gray ascoltò con maggiore attenzione. La donna li avrebbe traditi? Fece un cenno a Fiona. «Gettami quella trasmittente.»

Lei gliela tirò e lui staccò l’antenna di metallo. Non c’era tempo per trovare un fusibile di ricambio, ci voleva una soluzione di fortuna. Infilò l’antenna tra i contatti e si portò a una centralina di comando con una enorme leva manuale. Il funzionamento era intuitivo. In alto c’era scritto OP e in basso ONDER’AAN.

Su e giù. Non ci voleva uno scienziato.

Gray parlò nella radio. «Anna, lei e Baldric potete uscire di lì.»

«No, comandante. Uno di noi deve continuare a tamponare la falla. Se entrambi molliamo la presa, la Campana partirà all’istante.»

Gray chiuse gli occhi. Non potevano fidarsi della cooperazione di Baldric.

I disturbi elettrostatici erano diventati un frastuono costante nell’orecchio.

«Sa ciò che deve fare, comandante.»

E lo fece.

Spinse la leva.

Sentì le ultime parole della donna, lontane: «Dica a mio fratello, che gli voglio bene…»

Ma, mentre abbassava la radio, la donna aggiunse un’ultima affermazione. Poteva essere la risposta all’offerta di Baldric o un’ultima dichiarazione rivolta al mondo, oppure semplicemente una soddisfazione personale.

«Non sono una nazista.»

ore 15.19

Lisa s’inginocchiò, cullando Painter. Poi sentì il rombo di macchinari sotto le ginocchia. Il gigantesco schermo si sollevò verso il soffitto, imprigionando i raggi di luce blu.

Un urlo di terrore proruppe dall’interno. Era il vecchio.

Lisa vide le sue dita che arrancavano sul bordo dello schermo protettivo, cercando freneticamente di aggrapparsi. Troppo tardi. Lo schermo superò la sua portata e s’innestò perfettamente nella guarnizione ad anello sul soffitto.

Le urla dell’uomo si sentivano ancora, attutite, ma frenetiche.

Poi Lisa la sentì nello stomaco: una scarica potente di energia. Era indescrivibile. Come un terremoto senza movimento. Poi nulla. Silenzio assoluto.

Painter gemette, come se l’effetto fosse doloroso per lui. Gli occhi gli si erano rovesciati nelle orbite. Rantolava, come se avesse le vie respiratorie piene di liquidi.

Lisa lo scosse delicatamente. Nessuna reazione. Era in stato semicomatoso.

«Monk!»

ore 15.23

«Presto!» gridò Monk alla radio.

Gray risalì di corsa le scale, seguito da Fiona. Si era trattenuto di sotto soltanto per il tempo necessario a trovare un fusibile di ricambio e riparare lo schermo protettivo. Non capiva tutto ciò che Monk aveva riferito, ma colmò i vuoti con le conoscenze di cui era in possesso: Painter era affetto da una forma di avvelenamento da radiazioni e la Campana era l’unica possibilità di guarigione.

Mentre si avvicinava al pianerottolo del quinto piano, sentì dei passi pesanti scendere verso di loro. Estrasse la pistola. E adesso?

Una sagoma imponente, le sopracciglia folte e la carnagione chiara, comparve sopra di loro, quasi cadendo giù dalle scale. Aveva la camicia zuppa di sangue e un brutto graffio gli solcava il viso, dalla fronte alla gola. Si teneva un polso rotto contro il petto.

Gray sollevò l’arma.

Fiona lo superò. «No, è con noi.» E, a voce più bassa, aggiunse: «Il fratello di Anna…»

Il gigante li raggiunse incespicando. Anche lui riconobbe Fiona. Guardò di traverso Gray, con stanca diffidenza, ma indicò le scale col fucile. « Blockiert. »

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