«C’è un bar che conosco.»
Proprio quello che mi serviva, che Hannibal venisse fuori a cercare il padre e trovasse me, pappa e ciccia con lui, in un bar. «Non credo che sia una buona idea.»
«Mi lascia fumare nell’auto?»
«No.»
«Allora andiamo da Sal.»
«D’accordo, l’accompagno da Sal, ma non entro.»
«Sicuro che entra.»
«Ma il cane…»
«Può venire anche lui. Gli compro una birra e un sandwich.»
Il bar di Sal era piccolo e buio. Il bancone si estendeva per tutta la lunghezza della stanza. Due vecchi stavano seduti a un’estremità, a bere e a guardare la televisione. Alla sinistra della porta c’erano tre tavoli vuoti. Ramos ne scelse uno e si sedette.
Senza bisogno di chiedere, il barista portò a Ramos una bottiglia di ouzo e due bicchierini. Nessuno parlò. Ramos bevve un bicchierino. Poi si accese una sigaretta e si riempì di fumo i polmoni. «Ahh» fece espirando.
A volte invidio le persone che fumano: sembrano sempre così felici quando inspirano quella prima boccata di catrame. Non mi viene in mente niente che renda me così felice. Forse la torta di compleanno.
Ramos si versò ancora da bere e spinse la bottiglia verso di me.
«No, grazie» dissi. «Devo guidare.»
Lui scosse la testa. «Che Paese da signorine.» Ingollò il secondo bicchierino. «Non mi fraintenda. Alcune cose mi piacciono, d’accordo. Mi piacciono le grandi macchine americane. E mi piace il football americano. E mi piacciono le donne americane con grandi tette.»
Oh, Signore.
«Chiede spesso dei passaggi alla gente?» gli domandai.
«Ogni volta che posso.»
«Non crede che sia pericoloso? Immagini se venisse caricato da un pazzo.»
Lui tirò fuori una calibro .22 dalla tasca. «Gli sparo.» Posò la pistola sul tavolo, chiuse gli occhi e inspirò un’altra boccata di fumo. «Lei vive da queste parti?»
«No. Vengo solo una volta ogni tanto per far passeggiare il cane. Gli piace gironzolare sulla spiaggia.»
«Che cos’è quel cerotto sul mento?»
«Mi sono tagliata facendomi la barba.»
Lui gettò un biglietto da venti sul tavolo e si alzò in piedi. «Tagliata facendosi la barba. Mi piace. Lei è un bel tipo. Può portarmi a casa adesso.»
Lo feci scendere un isolato prima di casa sua.
«Torni domani» disse. «Alla stessa ora. Forse potrei assumerla come autista personale.»
Quando io e Bob rientrammo a casa la nonna stava apparecchiando la tavola per la cena.
Il Luna era sprofondato sul divano a guardare la televisione. «Ehi» disse «come va?»
«Non mi lamento» risposi. «E tu, come va?»
«Non lo so, piccola. È difficile credere che il Commerciante non ci sia più. Pensavo che lui ci sarebbe stato per sempre. Voglio dire, ci faceva comodo. Lui era il Commerciante.» Scosse la testa. «È una cosa che sconvolge il mio mondo, piccola.»
«Deve solo bollire un altro po’ e poi raffreddarsi» disse la nonna. «E dopo faremo una bella cenetta. Mi è sempre piaciuto avere compagnia per cena. Specialmente se si tratta di un uomo.»
Non ero sicura che il Luna potesse essere considerato un uomo. Lui era una specie di Peter Pan, trascorreva un sacco di tempo nell’Isola che non c’è.
Bob uscì dalla cucina, andò dal Luna e lo annusò per bene in mezzo alle gambe.
«Ehi, piccolo, non al primo appuntamento, ragazzo.»
«Mi sono comprata un’auto, oggi» disse la nonna. «E il Luna me l’ha portata a casa.»
Spalancai la bocca per lo stupore. «Ma tu hai già un’auto. Hai la Buick dello zio Sandor.»
«Vero. E non mi dispiace, credo che sia una gran macchina. Ho solo deciso che non era adatta alla mia nuova immagine. Ho pensato che mi serviva qualcosa di più sportivo. Louise è venuta a prendermi: aveva sentito dire della liquidazione del Commerciante, e così, naturalmente, ci siamo sbrigate per fare incetta di Metamucil, quel lassativo che è stato proibito. E poi, mentre eravamo lì, ho comprato l’auto.»
«Hai comprato un’auto da Dougie?»
«Puoi scommetterci. Ed è una bellezza.»
Lanciai al Luna un’occhiata che, nell’intenzione, doveva essere fulminante, ma con lui era sprecata. La gamma emotiva del Luna non andava oltre la tenerezza.
«Aspetta di vedere l’auto di tua nonna» disse. «È una macchina eccellente.»
«È una macchina per pupe» aggiunse la nonna. «Sembro una diva.»
Più che altro, il marito di una diva, pensai. Ma, ehi, se questo faceva felice la nonna allora andava benissimo anche a me. «Che macchina è?»
«È una Corvette» disse la nonna. «Ed è rossa.»
Mia nonna ha una Corvette rossa, mentre io ho una Buick blu del ’53 e un grosso brufolo sul mento. Potrebbe andare peggio, pensai. Il brufolo potrebbe essere sul naso.
«E poi» disse la nonna «so quanto ti piace la Buick. Non volevo portartela via.»
Annuii e cercai di sorridere. «Scusami» dissi. «Devo lavarmi le mani prima di cenare.»
Con calma andai nel bagno, chiusi la porta a chiave, mi guardai nello specchio sul lavandino e tirai su col naso. Una lacrima scese dall’occhio sinistro. Trattieniti, mi dissi. È solo un brufolo. Andrà via. Sì, ma la Buick? mi domandai. La Buick era più preoccupante. Quella non dava alcun segno di volersene andare. Un’altra lacrima scese. Sei troppo emotiva, dissi alla persona nello specchio. Stai facendo una tragedia per nulla. Probabilmente si tratta soltanto di uno squilibrio ormonale temporaneo dovuto alla carenza di sonno.
Mi gettai un po’ d’acqua sul viso e mi soffiai il naso. Perlomeno stanotte avrei potuto dormire sapendo che avevo un sistema di allarme alla porta. Non mi importava tanto che Ranger venisse a farmi visita alle due del mattino… ma odiavo il fatto che sgattaiolasse dentro a mia insaputa. E se avessi parlato nel sonno e lui fosse stato lì a guardarmi? E se fosse stato lì a fissare il mio brufolo?
Il Luna se ne andò dopo cena e la nonna si coricò presto, non prima di avermi mostrato l’auto nuova.
Morelli telefonò alle nove e cinque. «Scusami ma non ho potuto farmi sentire prima» disse. «È stata una di quella giornate! E tu?»
«Ho un brufolo.»
«Non posso competere con questo.»
«Conosci una donna di nome Cynthia Lotte? Si dice che fosse la fidanzata di Homer Ramos.»
«Per quel che so di Homer, cambiava ragazza come gli altri uomini cambiano i calzini.»
«Hai mai incontrato suo padre?»
«Gli ho parlato un paio di volte.»
«E la tua opinione?»
«Il tipico vecchietto greco contrabbandiere di armi. Non l’ho visto di recente.» Ci fu una pausa. «Nonna Mazur è ancora lì?»
«Già.»
Morelli tirò un lungo sospiro.
«Mia madre vuole sapere se ti piacerebbe venire a cena domani sera. Farà l’arrosto di maiale.»
«Certo» disse Morelli. «Tu ci sarai, vero?»
«Io, la nonna e Bob.»
«Oddio» disse Morelli.
Riagganciai, portai Bob a fare una passeggiata attorno all’isolato, diedi a Rex un chicco di uva passa e poi guardai la televisione per un po’. Mi addormentai più o meno a metà della partita di hockey e mi svegliai in tempo per vedere la seconda parte di un programma dedicato ai serial killer e agli avvocati. Quando il programma fu terminato controllai tre volte le serrature della porta d’ingresso e appesi il rilevatore di movimento alla maniglia: se qualcuno avesse aperto la porta l’allarme sarebbe scattato. Speravo davvero che questo non succedesse, perché dopo il programma sugli avvocati mi sentivo un po’ scossa: Ranger che fissava il mio brufolo non sembrava una cosa tanto preoccupante se paragonata a qualcuno che mi tagliava la lingua e se la portava a casa per completare la sua collezione di lingue congelate. Tanto per stare tranquilla andai in cucina e nascosi tutti i coltelli, non aveva senso facilitare le cose a un pazzo che volesse infilarsi in casa e tagliuzzarmi con il mio stesso coltello. Poi presi la pistola dal vaso dei biscotti e la ficcai sotto uno dei cuscini del divano nel caso avessi bisogno di usarla rapidamente.
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