Harlan Coben - Non hai scelta

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Marc Seidman ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: chirurgo plastico di successo, vive con la bella moglie e la figlioletta Tara di pochi mesi in una bella casa nei sobborgi di New York. Ma quando riprende conoscenza in una camera d’ospedale dove è stato ricoverato in fin di vita, Marc scopre con orrore d’aver subito un’aggressione durante la quale la moglie è stata uccisa e sua figlia è scomparsa senza lasciare traccia. Come se non bastasse Marc si ritrova ad essere il primo sospetto…

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«Per quanto riguarda le chiamate ricevute, la faccenda è diversa. Anzi la chiamata, perché ne era registrata una sola arrivata a mezzanotte. Ho controllato il numero sul sito Switchboard.com: risulta intestato a un certo Verne Dayton residente a Huntersville, New Jersey.»

Nome e città non mi dicevano assolutamente nulla. «Dove si trova Huntersville?»

«Anche questo l’ho cercato su Internet, è vicino al confine con la Pennsylvania. Ho controllato quell’indirizzo, si tratta di una casa isolata circondata da ettari di terreno, in culo al mondo.»

La sensazione di freddo partì dal petto per propagarsi al resto del corpo. «Mi serve la tua auto.»

«Aspetta un momento, qui servono delle risposte.»

Rachel si alzò. «Vuoi sapere di quelle foto sul CD.»

«Sì, per cominciare.»

«Sono io in quelle foto, sì, ero lì. Il resto non sono affari tuoi, è a Marc che devo una spiegazione e non a te. C’è altro?»

Una volta tanto Lenny non trovò nulla da ribattere.

«Vuoi anche sapere se ho ucciso mio marito, vero?» Guardò Cheryl. «Pensi che l’abbia ucciso io, Jerry?»

«Non so più che cosa pensare» rispose lei. «Ma voglio che ve ne andiate tutt’e due via da qui.»

«Cheryl» disse Lenny.

Lei lo fulminò con lo sguardo. «Non avrebbero dovuto coinvolgere la nostra famiglia in questa brutta storia.»

«Marc è il nostro migliore amico, è il padrino di nostro figlio.»

«Il che peggiora le cose. Ti rendi conto che sta mettendo in pericolo la nostra vita e quella dei nostri figli?»

«Andiamo, Cheryl, adesso stai esagerando.»

«No, ha ragione» dissi. «Dobbiamo andarcene subito. Mi dai quelle chiavi?»

Rachel prese il foglio dalla stampante. «Sono le istruzioni per raggiungere quel posto» spiegò.

Lenny se ne stava a capo chino, dondolandosi sui talloni, e ancora una volta pensai alla nostra infanzia. «Non dovremmo informare Tickner e Regan?» chiese.

«Per dirgli che cosa?»

«Posso spiegarglielo io» rispose. «Se Tara si trova in quella casa…» e s’interruppe scuotendo il capo, come se all’improvviso si fosse reso conto di quanto fosse ridicola quell’idea «… loro hanno mezzi più adatti per entrarvi.»

Gli andai vicino. «Guarda che hanno scoperto la microspia messa da Rachel.»

«Che cosa?»

«Sto parlando dei rapitori. Non so come, Lenny, ma l’hanno trovata. Nel biglietto con la richiesta di riscatto ci hanno fatto sapere di avere un informatore nella polizia: la prima volta hanno scoperto che avevamo avvertito la polizia, la seconda hanno trovato la microspia.»

«Questo non prova nulla.»

«Ti sembra che io abbia il tempo di cercare delle prove?»

Lenny teneva gli occhi bassi.

«Sai bene che non posso correre un rischio del genere» gli dissi.

«Sì, lo so.»

S’infilò una mano in tasca e mi porse le chiavi. Io e Rachel uscimmo.

35

Regan e Tickner scattarono in piedi appena arrivò la notizia della sparatoria di fronte a casa Seidman, e si stavano avvicinando all’ascensore quando il telefono di Tickner squillò.

«Agente speciale Tickner?» chiese una voce femminile secca ed eccessivamente formale.

«Sono io.»

«Agente speciale Claudia Fisher.»

Quel nome Tickner l’aveva già sentito e forse gli era capitato una o due volte di incontrare la collega. «Che c’è?»

«Dove ti trovi in questo momento?» gli chiese la Fisher.

«Al New York Presbyterian Hospital, ma sto andando nel New Jersey.»

«No. Vieni immediatamente al Federal Plaza 1, alla Centrale, per favore.»

Tickner guardò l’orologio, erano le cinque del mattino. «Adesso?»

«Immediatamente significa proprio questo: adesso.»

«Potrei sapere che cosa c’è in ballo?»

«Il vicedirettore Joseph Pistillo vorrebbe vederti.»

Pistillo? Era il federale più alto in grado della costa orientale. Pistillo, il capo del capo del capo di Tickner. «Ma sto andando sulla scena di un delitto.»

«Non si tratta di una richiesta, il vicedirettore Pistillo ti sta aspettando e ti vuole qui tra mezz’ora al massimo.»

Il telefono tacque, Tickner abbassò la mano.

«Che diavolo succede?» gli chiese Regan.

«Devo andare» rispose Tickner, avviandosi lungo il corridoio.

«Dove?»

«Il capo vuole vedermi.»

«Adesso?»

«Proprio adesso.» Tickner si fermò a metà corridoio. «Chiamami appena sai qualcosa.»

«Non è facile per me parlarne» disse Rachel.

Continuai a guidare. Le domande finora senza risposta ci pesavano addosso, togliendoci ogni energia. Tenni gli occhi sulla strada e attesi.

«Quando hai visto quelle foto Lenny era con te?» mi chiese.

«Sì.»

«Ti è sembrato sorpreso?»

«Così mi è sembrato.»

Si sistemò contro lo schienale. «Sua moglie forse non si sarebbe sorpresa.»

«Perché?»

«Dopo che le hai chiesto il mio numero mi ha chiamato, per avvertirmi.»

«Avvertirti di che cosa?»

«Di noi.»

Non servivano altre spiegazioni. «Ha avvertito anche me» le dissi.

«Quando morì Jerry, è così che si chiamava mio marito, Jerry Camp, quando morì… diciamo che ho passato momenti bruttissimi.»

«Posso capirlo.»

«No, non nel senso che pensi tu. Tra me e Jerry non funzionava più da tanto, non so nemmeno se abbia mai veramente funzionato. Quando andai a Quantico per il periodo di addestramento, lui era uno dei miei istruttori ma, a parte questo, Jerry era una specie di leggenda. Uno dei migliori agenti in assoluto. Ricordi il caso KillRoy di qualche anno fa?»

«Era un serial killer, no?»

Lei annuì. «Se fu catturato lo si deve soprattutto a Jerry, aveva uno stato di servizio tra i più prestigiosi di tutto l’FBI. Tra noi… Non lo so com’è andata esattamente. O forse sì. Era più vecchio di me, una specie di figura paterna. Io amavo l’FBI, era la mia vita, e Jerry si era preso una cotta. La cosa mi lusingava, ma non so se sono mai stata veramente innamorata di lui.»

S’interruppe. Mi sentivo addosso i suoi occhi, ma non staccai i miei dalla strada.

«L’amavi Monica?» mi chiese. «L’amavi veramente, voglio dire?»

Sentii contrarsi i muscoli delle spalle. «Che diavolo di domanda è questa?»

Lei rimase immobile. «Mi dispiace, non avrei dovuto» disse poi.

Scese il silenzio e io cercai di respirare più lentamente. «Mi stavi dicendo di quelle foto.»

«Sì.» Lei cominciò ad agitarsi, portava un anello e prese a girarselo attorno al dito. «Quando Jerry morì…»

«Quando fu ucciso» l’interruppi.

Mi sentii di nuovo i suoi occhi addosso. «Quando fu ucciso, d’accordo.»

«L’hai ucciso tu?»

«Così non va, Marc.»

«Che cosa non va?»

«Sei già arrabbiato.»

«Voglio solo sapere se l’hai ucciso tu tuo marito.»

«Mi lasci parlare, per favore?»

La sua voce aveva ora un tono imperioso, così mi arresi stringendomi nelle spalle. «Quando morì, mi crollò il mondo addosso. Fui costretta a dimettermi. Tutto ciò che avevo, gli amici, il lavoro, la mia vita, diamine, faceva parte dell’FBI e quindi scomparve. Cominciai a bere, ebbi crisi di panico, toccai il fondo. E quando tocchi il fondo cerchi il modo di risalire in superficie, ti aggrappi a qualsiasi cosa, disperatamente.»

Rallentai a un incrocio.

«Ma non voglio parlarne» disse.

Feci una cosa che sorprese me per primo, passai con il rosso e poggiai la mano sulla sua. «Continua a parlare, ti prego.»

Lei tenne gli occhi bassi, fissando la mia mano sulla sua. Non la tolsi. «Una sera che avevo bevuto troppo ti telefonai.»

Ricordai quello che aveva detto Regan sulle telefonate arrivate a casa mia. «Quando è successo?»

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