Harlan Coben - Non hai scelta

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Marc Seidman ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: chirurgo plastico di successo, vive con la bella moglie e la figlioletta Tara di pochi mesi in una bella casa nei sobborgi di New York. Ma quando riprende conoscenza in una camera d’ospedale dove è stato ricoverato in fin di vita, Marc scopre con orrore d’aver subito un’aggressione durante la quale la moglie è stata uccisa e sua figlia è scomparsa senza lasciare traccia. Come se non bastasse Marc si ritrova ad essere il primo sospetto…

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In breve, ero confuso. E in quel momento entrò Lenny, alias Cujo.

Più che entrare, fece irruzione. Indossava dei pantaloni color cachi sformati e una Lacoste rosa. Nei suoi occhi c’era un’espressione spaventata e selvaggia che mi riportò ai tempi della nostra infanzia. Passò davanti a un’infermiera e si avvicinò al mio letto.

«Che diavolo è successo?»

Stavo per fargli un veloce resoconto quando mi bloccò sollevando un dito, quindi si girò verso l’infermiera e le chiese di uscire. Rimasti soli, mi fece cenno con il capo di ricominciare. Partii dall’incontro con Edgar al parco e poi gli dissi della telefonata a Rachel, del suo arrivo, di come ci fossimo preparati all’appuntamento con il corredo di tutti quegli aggeggi elettronici, delle telefonate dei rapitori con le indicazioni, della consegna, di quello che era successo dopo. Poi feci un passo indietro e gli parlai del CD. Lenny m’interruppe, interrompeva sempre lui, ma non così spesso come fa di solito. Vidi una strana espressione passargli sul viso e pensai che forse, ma non vorrei esagerare con le mie doti di psicologo, era offeso perché non mi ero confidato con lui. Quell’espressione fu comunque di breve durata e lui tornò subito il vecchio Lenny di sempre.

«È possibile che Edgar ti abbia tirato un bidone?» mi chiese.

«E a che scopo? È stato lui a rimetterci quattro milioni di dollari.»

«Non ci ha rimesso niente, se questo ambaradan l’ha messo in piedi lui.»

Lo guardai stupito. «Ma non ha senso.»

A Lenny quella storia non piaceva, ma nemmeno lui sapeva darsi una spiegazione. «Dov’è ora Rachel?»

«Non è qui?»

«Non credo.»

«Allora non lo so.»

Rimanemmo entrambi in silenzio.

«Forse è tornata a casa mia» dissi poi.

«Sì. Forse.»

Ma nella sua voce non c’era la minima traccia di convinzione.

Tickner aprì la porta. Aveva gli occhiali da sole appoggiati sul capo rasato e un aspetto abbastanza sconcertante: se avesse piegato il collo e si fosse disegnato una bocca sulla parte inferiore della pelata, sarebbe sembrata una seconda faccia. Regan lo seguiva quasi a passo di danza, ma forse era quella barbetta a influenzare il mio giudizio. Fu Tickner ad assumere il comando delle operazioni.

«Sappiamo della richiesta di riscatto» disse. «Sappiamo che suo suocero le ha dato altri due milioni di dollari. Sappiamo che lei si è recato nella sede di un’agenzia investigativa, l’MVD, e ha chiesto la password di un CD-ROM di proprietà della sua defunta moglie. Sappiamo che con lei c’era Rachel Mills e che, contrariamente a quanto ha detto al detective Regan, la stessa Mills non ha fatto ritorno a Washington. Quindi possiamo saltare questi argomenti.»

Tickner si avvicinò e Lenny lo seguì con lo sguardo, pronto a saltargli addosso. Regan incrociò le braccia e si appoggiò alla parete. «Cominciamo allora con i soldi del riscatto» riprese Tickner. «Dove sono?»

«Non lo so.»

«Li ha presi qualcuno?»

«Non lo so.»

«Come sarebbe a dire “non lo so”?»

«Quello mi ha detto di posare la sacca a terra.»

«Quello chi?»

«Il rapitore, quello che parlava al cellulare.»

«E lei dove l’ha posata?»

«Sul sentiero, in quel parco.»

«E poi?»

«Quello mi ha ordinato di continuare a camminare.»

«E lei ha obbedito?»

«Sì.»

«E poi?»

«Poi ho sentito il pianto di un bambino e qualcuno che si metteva a correre. A quel punto è diventato tutto pazzesco.»

«E i soldi?»

«Gliel’ho già detto, non lo so che fine hanno fatto i soldi.»

«Parliamo allora di Rachel Mills» riprese Tickner. «Dove si trova?»

«Non lo so.»

Guardai Lenny, che stava studiando la faccia di Tickner. Attesi.

«Ci ha mentito, a proposito del fatto che la Mills era tornata a Washington. Non è vero?»

Lenny mi mise una mano sulla spalla. «Non cominciamo a travisare le dichiarazioni del mio cliente.»

Tickner lo guardò come fosse un insetto. Lenny ricambiò lo sguardo, imperturbabile. «Lei ha detto al detective Regan che la signora Mills era in viaggio per Washington, vero?»

«Ho detto che non sapevo dove fosse» lo corressi. «Ho detto che magari era tornata a Washington.»

«E dov’era la signora in quel momento?»

«Non rispondere» mi disse Lenny.

Gli feci cenno di non preoccuparsi. «Era nel garage di casa mia.»

«E perché non l’ha detto al detective Regan?»

«Perché ci stavamo preparando alla consegna del riscatto e non volevamo che qualcuno o qualcosa ci facesse perdere del tempo.»

Tickner incrociò le braccia. «Non credo di capire.»

«Allora gli faccia un’altra domanda» esclamò Lenny.

«Che cosa c’entrava Rachel Mills con la consegna del riscatto?»

«È una vecchia amica e sapevo che in passato è stata un’agente speciale dell’FBI.»

«Ah» fece Tickner. «Quindi pensava che questa esperienza della Mills potesse esserle d’aiuto?»

«Sì.»

«Non ha chiamato il detective Regan o me?»

«Proprio così.»

«Perché?»

Intervenne ancora Lenny. «Lo sa benissimo, il perché.»

«I rapitori mi avevano ordinato di non avvertire la polizia, come l’altra volta, e non volevo correre nuovamente dei rischi» risposi. «Così ho telefonato a Rachel.»

«Capisco.» Tickner spostò lo sguardo su Regan, che in quel momento sembrava stesse seguendo qualche altro pensiero. «Ha scelto lei perché era stata un’agente federale?»

«Sì.»

«E anche perché voi due avevate…» Tickner fece un gesto vago «un legame particolare.»

«Tanto tempo fa.»

«Non più?»

«No, non più.»

«Mmm, non più» ripeté lui. «E ciò nonostante lei decide di rivolgersi alla Mills per una faccenda nella quale è in ballo la vita di sua figlia. Interessante.»

«Mi fa piacere che lo pensi» commentò Lenny. «A proposito, mi spiega dove vuole arrivare?»

Tickner lo ignorò. «Quando aveva visto per l’ultima volta la Mills, prima di oggi?» mi chiese.

«E questo che differenza fa?» obiettò Lenny.

«La prego, dottor Seidman, risponda alla mia domanda.»

«No, fin quando non sapremo…»

Lo interruppi posandogli una mano sul braccio. Sapevo che cos’aveva in mente, mi era bastato vedere l’atteggiamento di sfida che aveva automaticamente assunto. La cosa mi faceva piacere, ma al tempo stesso volevo che quell’interrogatorio terminasse il più presto possibile.

«Circa un mese fa» risposi.

«In quali circostanze?»

«L’ho incontrata al supermercato Stop Shop, in Northwood Avenue.»

«Incontrata?»

«Sì.»

«Una coincidenza, quindi? Nessuno dei due sapeva che l’altro si trovava lì, vi siete trovati di fronte all’improvviso?»

«Sì.»

Tickner si girò nuovamente a guardare Regan, che non mosse un muscolo, non provò nemmeno a grattarsi la barbetta.

«E prima?»

«Prima che cosa?»

«Prima che lei incontrasse» e Tickner caricò il verbo del maggior sarcasmo possibile «la signora Mills allo Stop Shop, quando era stata l’ultima volta che l’aveva vista?»

«Ai tempi del college.»

Ancora una volta il federale si voltò di scatto verso Regan, con un’espressione visibilmente incredula. E quando riportò lo sguardo su di me gli occhiali gli ricaddero sul naso, ma lui se li rimise sulla testa. «Ci sta dicendo, dottor Seidman, che dai tempi del college a oggi lei ha visto la signora Mills soltanto una volta, cioè quel giorno al supermercato?»

«È esattamente quello che vi sto dicendo.»

Tickner per un momento sembrò spiazzato. Lenny lo guardò come se avesse qualcosa da aggiungere, poi decise di tenerlo per sé, per il momento.

«Vi siete parlati al telefono?» chiese ancora Tickner.

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