I miei piedi si mossero da soli, con fatica. Attraversai la stanza inciampando e aggrappandomi all’ultimo momento alla maniglia dell’armadio per non perdere l’equilibrio. Poi guardai, la vidi e, osservando quella stoffa sfilacciata, sentii i miei organi implodere e sbriciolarsi.
Sul fondo dell’armadio, strappata e gettata via, c’era una tutina rosa con disegni di pinguini neri.
DICIOTTO MESI DOPO
Lydia vide la vedova seduta tutta sola in un caffè Starbucks.
La donna era appollaiata su uno sgabello e seguiva distrattamente con lo sguardo il lento flusso dei pedoni. Si era portata il caffè accanto alla vetrina e il vapore aveva formato sul vetro una specie di cerchio. Lydia rimase a fissarla qualche momento. La devastazione era sempre evidente: lo sguardo di chi porta cicatrici di tante battaglie, la posa di chi è stato sconfitto, i capelli privi di lucentezza, il tremito delle mani.
Lydia ordinò un bicchiere grande di latte scremato con una spruzzata di caffè. Il barista, un ragazzo troppo magro vestito di nero da capo a piedi e con il pizzetto, la informò che la spruzzata di caffè era “un omaggio della casa”. Gli uomini, anche quelli giovani, facevano cose del genere per Lydia. Lei abbassò gli occhiali da sole e lo ringraziò, e lui ci mancò poco che si bagnasse. Gli uomini.
Avvicinandosi al bancone, Lydia si rese conto che il ragazzo le stava guardando il sedere. Anche a quello c’era abituata. Aggiunse al contenuto del bicchierone una bustina di dolcificante. Lo Starbucks era quasi vuoto e poteva sedersi dove voleva, ma lei scivolò sullo sgabello accanto a quello della vedova. E la donna, avvertendo la sua presenza, sembrò destarsi di soprassalto dal sogno nel quale era immersa.
«Wendy?» disse Lydia.
Wendy Burnet, la vedova, si voltò udendo quella voce dolce.
«Le faccio le condoglianze per il suo lutto, mi dispiace moltissimo» disse Lydia.
Poi le sorrise. Sapeva di avere un sorriso caldo. Indossava un abito grigio di sartoria sul suo fisico minuto e compatto. Lo spacco della gonna era piuttosto profondo e l’insieme si sarebbe potuto definire “ business sexy”. Aveva occhi luminosi e brillanti, il naso piccolo e leggermente all’insù. I capelli erano una cascata di riccioli color rame, li pettinava in modo sempre diverso. Le piaceva farlo.
Wendy Burnet la fissò così a lungo che Lydia si chiese se l’avesse riconosciuta. Quello sguardo l’aveva notato tante volte, quell’espressione incerta che sembrava dire “l’ho già vista da qualche parte” anche se lei non appariva più in TV da quando aveva tredici anni. Alcuni arrivavano a chiederle: “Lo sa a chi somiglia, lei?” e Lydia, che ai suoi tempi si faceva chiamare Larissa Dane, faceva spallucce.
Ma era un’esitazione, ahimè, diversa, quella manifestata da Wendy Burnet, ancora traumatizzata dall’orribile morte del suo amato marito. Impiegò un po’ per registrare e assimilare quei dati poco familiari. Si stava probabilmente chiedendo come comportarsi, cioè se fingere di conoscere Lydia oppure no.
Dopo qualche secondo Wendy optò per un non impegnativo: «Grazie».
«Povero Jimmy» ne approfittò subito Lydia. «Che modo orribile di andarsene.»
Wendy afferrò il bicchierone di carta e ne mandò giù un lungo sorso. Lydia diede un’occhiata al bicchiere e scoprì che anche la vedova aveva ordinato un latte grande, ma di soia e con del caffè decaffeinato. Le si fece più vicina.
«Lei non sa chi sono, vero?»
Wendy le lanciò lo sguardo mesto di chi è stato colto in fallo. «Mi dispiace.»
«Non deve, credo che non ci siamo mai viste prima.»
Wendy attese che Lydia si presentasse, ma rimase delusa. «Lei conosceva mio marito, quindi?» chiese allora.
«Ah, certo.»
«Lavora anche lei nel ramo assicurazioni?»
«No, mi dispiace.»
Wendy aggrottò le sopracciglia, mentre Lydia mandava giù un sorso. L’imbarazzo aumentò, almeno per Wendy, mentre Lydia sembrava perfettamente a suo agio. Quando non ce la fece più a sopportarlo la vedova si alzò.
«Bene, mi ha fatto piacere conoscerla» disse.
«Io…» cominciò Lydia, esitando fin quando non fu certa di potere contare sulla completa attenzione di Wendy. «Io sono stata l’ultima persona a vedere Jimmy vivo.»
Wendy s’irrigidì, mentre Lydia beveva un altro sorso chiudendo poi gli occhi. «Bello forte» disse, indicando il bicchiere. «Mi piace il caffè che fanno qui. Anche a lei?»
«Ha detto che?…»
«La prego.» Lydia allargò leggermente un braccio. «Si sieda, così potrò spiegarle tutto.»
Wendy sollevò lo sguardo verso i baristi, occupati a gesticolare e a lamentarsi per quello che secondo loro era un grande complotto su scala mondiale che gli impediva di fare la bella vita. Quindi si sistemò meglio sullo sgabello. Per qualche attimo Lydia si limitò a fissarla. Wendy si sforzò di sostenere il suo sguardo.
«Perché vede» riprese Lydia, gratificandola di un altro caldo sorriso e piegando di lato il capo «sono stata io a uccidere suo marito.»
Wendy impallidì. «Non mi sembra il caso di scherzare.»
«È vero, su questo sono perfettamente d’accordo con lei, Wendy. Ma le assicuro che non ho nessuna voglia di scherzare. Lei invece vorrebbe sentire una barzelletta? Me ne mandano tante, per e-mail. La maggior parte sono idiote, ma alcune fanno morire dal ridere.»
Wendy era sbalordita. «Chi diavolo sei?»
«Calmati un attimo, Wendy.»
«Voglio sapere.»
«Shh.» Lydia le poggiò l’indice sulle labbra, con un gesto un po’ troppo tenero. «Lasciami spiegare.»
A Wendy tremava il labbro, ma Lydia per qualche secondo vi lasciò il dito sopra.
«Sei confusa, e lo capisco. Lascia che ti spieghi una cosa. Anzitutto, hai capito bene: sono stata io a piantare una pallottola in testa a Jimmy.» Lydia indicò, oltre la vetrina, un omone con la testa di una strana forma. «Ma è stato Heshy a fare i danni maggiori, tanto che secondo me quando ho sparato a Jimmy gli ho solo fatto un favore.»
Wendy rimase a fissarla.
«Vuoi sapere perché, giusto? Certo che vuoi saperlo. Ma secondo me, Wendy, dentro di te lo sai già. Io e te siamo donne di mondo, li conosciamo i nostri uomini.»
Wendy continuava a tacere.
«Lo sai di chi sto parlando, Wendy?»
«No.»
«Lo sai, invece, ma te lo dico ugualmente. Jimmy, il tuo amato consorte prematuramente scomparso, doveva un sacco di soldi a delle persone decisamente sgradevoli.» Lydia sorrise. «Non vorrai farmi credere che non hai mai saputo nulla delle disavventure al gioco di Jimmy, vero Wendy?»
La vedova non riusciva quasi a trovare le parole. «Non capisco…»
«Spero che la tua confusione non abbia nulla a che vedere con il fatto che io appartengo al genere femminile.»
«Che cosa?»
«Sarebbe veramente meschino e sessista da parte tua, non ti sembra? Siamo nel XXI secolo, le donne possono essere ciò che vogliono.»
«Tu…» Wendy s’interruppe, poi riprese. «Tu hai ucciso mio marito?»
«Guardi spesso la televisione, Wendy?»
«Che cosa?»
«La TV. Quando in televisione qualcuno come tuo marito deve dei soldi a qualcuno come me, lo sai che cosa succede?»
Lydia si fermò come se si aspettasse davvero una risposta. «Non lo so» disse alla fine Wendy.
«Certo che lo sai. Comunque, anche questa volta risponderò io al posto tuo. Una come me, anzi, di solito uno come me, viene incaricato di minacciarlo. Poi magari uno come il mio amico Heshy, quello là fuori, viene mandato a dargli una bella ripassata o a spezzargli una gamba, roba del genere. Ma il debitore non viene mai ucciso, è una delle regole dei cattivi in TV. “Impossibile incassare da un morto.” L’avrai sentita, vero Wendy?»
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