La signora Jiménez aveva cominciato a piangere. A piangere davvero. Non qualche lacrima da asciugare per non sbavare il trucco, ma un vero tracollo fatto di grida, di singhiozzi violenti, di naso che colava. Javier Falcón si rendeva conto della crudeltà della sua professione. Non era la persona adatta a consolare quella donna; era stato lui a metterle tali immagini nella mente. Il suo incarico, lo scopo del suo lavoro in quel momento era di constatare non soltanto la veridicità di quelle emozioni, ma anche di cogliere l'eventuale fessura, la crepa nella corazza nella quale avrebbe potuto inserire la sua leva. Era stata una tattica studiata farla salire in macchina, portarla in un parcheggio di una strada affollata senza che potesse andare da nessuna parte, nel frastuono di un mondo indifferente che le passava accanto inconsapevole di quell'enormità.
«Era all'hotel Colón ieri sera?» domandò, e lei annuì. «È rimasta sola dopo che i suoi figli sono andati a letto?»
La donna scosse il capo.
«Basilio Lucena era con lei?»
«Sì.»
«È stato con lei tutta la notte?»
«No.»
«A che ora se ne è andato?»
«Abbiamo cenato in camera. Poi siamo andati a letto. Dev'essere andato via alle due.»
«Dov'era diretto?»
«A casa, immagino.»
«Non all'Edificio Presidente?»
Silenzio. Nessuna risposta mentre Falcón scrutava la struttura del suo viso.
«Che cosa fa per vivere Basilio Lucena?» domandò.
«Qualcosa di inutile all'università. È un assistente.»
«In quale facoltà?»
«Una facoltà scientifica. Biologia o chimica, non ricordo. Non abbiamo mai parlato del suo lavoro, a lui non interessa, è solo un posto e uno stipendio, tutto qui.»
«Gli ha dato una chiave?»
«Dell' appartamento ?» La donna scosse il capo. «Deve conoscere Basilio prima di…»
«Come fa a sapere che non l'ho già conosciuto?»
Silenzio.
«Si è messa in contatto con Basilio Lucena questa mattina?» le domandò Falcón.
Un cenno affermativo.
«Che cosa gli ha detto?»
«Ho ritenuto che dovesse sapere cos'era successo.»
«In modo che si potesse preparare?»
«Sulla carta, Inspector Jefe, Basilio Lucena può sembrare un uomo intelligente. Certamente è istruito e di modi raffinati, ma la sua intelligenza è molto ben sintonizzata su una lunghezza d'onda assai ridotta e la sua raffinatezza è apprezzata da una cerchia di persone molto ristretta. È stato reso pigro dalla mancanza di stimoli sul lavoro, la casa e la macchina gliele hanno pagate i genitori. Non ha nessuno che dipenda da lui e il suo reddito gli permette un tenore di vita da irresponsabile. Non è il tipo d'uomo che abbia mai dovuto camminare con le proprie gambe, perché la maggior parte del tempo la passa sdraiato. Le sembra il profilo di un assassino?»
Suonò il cellulare di Falcón. Pérez gli fece un rapporto complicato sulle persone ignote riprese dalle telecamere a circuito chiuso. Due erano state identificate, una no e la foto della presunta prostituta era stata inviata alla buoncostume. Falcón ordinò a Pérez di seguire la questione della ragazza e chiese a Fernández di ricontrollare gli appartamenti durante l'ora di colazione.
Il momento in cui Consuelo Jiménez avrebbe potuto cedere e fornirgli qualche elemento per incriminarla era passato. Falcón si immise nel traffico, eseguì un'inversione e si diresse verso il fiume. Diede un'occhiata al suo ostaggio per vedere quale direzione avessero preso i pensieri di lei, intuendo che si stava avvicinando una nuova crisi, tanto che cominciò a pensare che forse sarebbe finito tutto ancor prima della riunione con Calderón. Così andavano in genere le cose, stando alla sua esperienza. Tutto risolto in ventiquattr'ore oppure ci si impantanava in mesi di lunghe, squallide fatiche.
«Mi sta riportando nell'appartamento?» domandò la signora Jiménez.
«Lei è una donna intelligente, Doña Consuelo.»
«La sua occasione per adularmi è passata da un bel pezzo.»
«Trascorre la vita tra la gente», continuò lui, «capisce le persone. Credo che comprenda le esigenze del mio lavoro.»
«Cioè che lei deve essere orribilmente sospettoso.»
«Sa quanti omicidi avvengono a Siviglia ogni anno?»
«In questa città della gioia? In questa città dei battimani per le strade, di cervecitas y tapitas con los amigos ? In questa città de los guapos, de los guapísimos ? In questa città sacra alla Santa Vergine?»
«Nella città di Siviglia.»
«Duemila», affermò la donna, lanciando la cifra in aria con le dita inanellate.
«Quindici», disse lui.
«Metaforicamente, pugnalare alle spalle è un omicidio.» «La droga è responsabile della maggior parte di questi delitti. I pochi rimanenti sono classificati come 'domestici' o 'passionali'. In tutti questi omicidi — in tutti , Doña Consuelo — la vittima e l'artefice si conoscono e, nella maggior parte dei casi, sono in rapporti di intimità.»
«Allora lei si trova davanti a un'eccezione, Inspector Jefe, perché io non ho ucciso mio marito.»
Attraversarono il sottopassaggio della vecchia stazione ferroviaria a plaza de Armas e proseguirono lungo il fiume sul paseo Cristóbal Colón, superando la Maestranza, l'Opera e la Torre del Oro. Il sole brillava sull'acqua, il fogliame degli alti platani era verdissimo. Non il momento giusto per confessare un omicidio e rassegnarsi a passare chissà quante primavere dietro le sbarre.
«Il meccanismo psichico della rimozione è molto potente…» cominciò Falcón.
«Non posso saperlo, non ho mai rimosso niente.»
«… perché così non esistono dubbi… mai.»
«Insomma, sono una bugiarda oppure sono completamente pazza», ribatté la donna. «Non posso vincere con lei, Inspector Jefe, ma perlomeno dico sempre la verità a me stessa.»
«Ma la sta dicendo a me, Doña Consuelo?» domandò Falcón.
«Finora… ma forse sto cambiando idea.»
«Non so come sia riuscita a convincere le antiche fiamme di suo marito di essere una sciocca.»
«Mi sono vestita in modo da sembrarlo», rispose lei, tamburellando con le unghie. «So anche parlare come una sciocca.»
«Un'attrice consumata.»
«Tutto congiura contro di me.»
I loro occhi si incontrarono. Quelli dell'uomo morbidi, scuri, color tabacco. Quelli della donna, acquamarina e ghiaccio. Falcón sorrise. Suo malgrado Consuelo Jiménez gli piaceva. Quella forza. Quella bocca inesorabile. Si domandò che sapore avesse e cacciò subito via quel pensiero dalla mente. Attraversarono il puente del Generalísimo e Falcón cambiò argomento.
«Non mi ero mai reso conto di che quartiere franchista sia questo. Il ponte. La strada che porta il nome di Carrero Blanco…»
«Perché crede che mio marito vivesse nell'Edificio Presidente?»
«Pensavo che la maggior parte della gente seguisse la moda del torero Paquirri.»
«Sì, be', a mio marito piacevano los toros , ma Franco gli piaceva ancora di più.»
«E a lei?»
«È stato prima dei miei tempi.»
«Anche dei miei.»
«Dovrebbe tingersi i capelli, Inspector Jefe, la credevo più vecchio.»
Parcheggiarono. Falcón chiamò Fernández sul cellulare e gli disse di raggiungerlo nell'appartamento di Jiménez, poi salì in ascensore con la signora Jiménez fino al sesto piano e salutò con un cenno del capo il poliziotto davanti alla porta. Percorsero il corridoio vuoto verso il gancio nel muro, quel doppio tragitto ancora imbrigliato nella mente di Falcón. Sedettero nello studio e non parlarono più finché Fernández non fu arrivato.
«Faccia vedere le foto alla signora Jiménez, per favore», disse Falcón. «In ordine di apparizione nelle registrazioni delle telecamere.»
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