Laura Mancinelli - I dodici abati di Challant

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I dodici abati di Challant: краткое содержание, описание и аннотация

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Sospesi tra storia e invenzione in un Medioevo che sembra vero, sono qui raccolti in un unico volume tre romanzi di Laura Mancinelli, in cui l'autrice approda a una visione fantastica e affettuosamente ironica della tradizione e della società medioevale: "I dodici abati di Challant", dove, in una cornice di ironia mondana e gaudente, dodici monaci ricevono l'incarico di sorvegliare un feudatario che eredita un castello con la clausola di mantener fede a un maligno obbligo di castità; "Il miracolo di Santa Odilia", immagine della vita che si afferma in chiave religiosa, ma non trascendente, attraverso la storia di due Odilie: la prima devota e pia, la seconda giovane e bella; e infine, conclusione ideale di questa metafora ideale, "Gli occhi dell'imperatore", dove una contessa piemontese, un cavaliere-musico-poeta e l'imperatore Federico II, ormai prossimo alla morte, partecipano a un affascinante percorso di avventure e sentimenti, che è anche un intreccio di entusiasmo, rassegnazione e senso del destino.

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Tutti godettero a lungo di quell'insolita pietanza che sembrava saper vincere il freddo dell'inverno, il grigiore del cielo, la tristezza e la noia. E sia per la virtù della pietanza, sia per la gran virtù dell'allegrissimo vino, discorsi lieti s'intrecciavano lungo tutta la tavola, si scontravano e si sopraffacevano in un chiacchierio indistricabile e fitto di cui risonava, io credo, tutto il castello. E già la marchesa teneva in mano la limpida ampolla per mescere a tutti quell'acqua di vita che tanto beneficio fa, nel crudo inverno, e agli animi e ai corpi. Quand'ecco nella sala apparve, pallido, sbigottito, il paggio Irzio, e più che di consueto la sua lingua inciampava nelle parole.

- Madonna, monsignore... la padella...

Il duca s'alzò di scatto:

- La padella?

- La padella... monsignore... madonna... la padella... Poiché più oltre il giovinetto non poteva dire e quasi veniva a meno per l'affanno, Venafro lo fece sedere e con voce suadente lo calmò.

- Parla figliuolo; che ha fatto la padella? - La padella, monsignore... è caduta! - Oh! e si è ammaccata? dimmi, si è ammaccata? - Non lo so, monsignore; ma l'abate... ah, madonna, l'abate è morto! Allora d'un tratto si avvidero tutti che l'abate Celorio non sedeva a tavola coi commensali. Per la novità delle frittelle nessuno se n'era accorto.

- Morto? - interloquì il duca.

- Morto, monsignore, morto con la testa spaccata, là sulla panca, l'hanno trovato i garzoni, è stato il diavolo hanno detto, ci sono tanti diavoli nei camini, almeno mille, dicono i garzoni, e li hanno anche visti, che stavano tutti nascosti nella cenere, e poi saltavano su appena li toccavano con l'attizzatoio... - e in preda a una crisi di nervi il paggio si gettò ai piedi della marchesa e nascose il volto, singhiozzando, nel suo grembo. Mentre la marchesa cercava di calmare il paggio accarezzandogli la testa, il duca e Venafro si dirigevano alla cucina per vedere l'accaduto.

- Temo proprio che si sia ammaccata, monsignore, - diceva Venafro.

- Eh sì, - rispose il duca. - Peccato... la migliore padella dei Challant.

Alcuni giorni dopo, terminate le esequie del povero abate Celorio, che solenni furono al pari delle altre, anche se ormai sensibilmente era diminuito il numero delle voci che cantavano i salmi talché il duca, rivolto a Venafro, aveva detto durante la cerimonia: - Sapete, Venafro? Penso che dovremo chiamare dei coristi: i vuoti di voce cominciano ad essere molesti, - la stessa sera delle esequie il filosofo giaceva su un basso giaciglio col capo in grembo alla marchesa, e lei, chinando la testa sul volto di lui, diceva: - Dimmi, filosofo, perché devi partire? - Non lo so, marchesa; io non posso fermarmi.

Lei, in silenzio, gli accarezzò il volto. Lui le prese le mani e le baciò.

- Il tuo corpo è stato per me il centro dell'universo. Non mi importa chi sei. Mi basta che tu esista. Non m'importa che non possa amarti per tutta la vita; un po' più a lungo, forse, sarebbe bello... Ho sentito il tuo piacere come se fosse il mio, ho goduto del tuo piacere come del mio. Ho amato il tuo corpo come il mio.

Ora l'uomo stava in piedi e prendeva la destra di lei, e accostandola al suo viso la baciava, mentre lei, accostando al suo viso la mano di lui, nello stesso tempo la baciava.

La saggia pretessa

- Come mai da qualche giorno si mangia così male in questa casa? - chiese il duca guardando madonna Camilla, che per essere la più anziana delle dame della marchesa fungeva da dispensiera e sovrintendeva alla cucina. Madonna Camilla sembrava aspettare quella domanda perché disse d'un fiato: - Giustappunto, è ora che si faccia qualche cosa. Come credete che si possa cucinare senza focolare? E i servi non vogliono più saperne di avvicinarsi al focolare. Ma che cosa devo fare se la signora marchesa dice che sono tutte sciocchezze e non vuole che si chiami l'esorcista? Il duca non realizzò molto da questa risposta ma si pentì immediatamente di averla provocata, perché si ricordò di colpo dello stato di conflittualità permanente in cui madonna Camilla viveva con tutte le altre donne del mondo, e in particolare con quelle che la sorte aveva messo sul suo cammino. A parte questa peculiarità del suo carattere che le dava quel particolare tono asprigno con cui parlava, taceva e viveva, era una bravissima donna e una dispensiera avveduta e per nulla al mondo la marchesa si sarebbe privata del suo aiuto. In modo particolare amava la cucina: si sarebbe detto che quella dolcezza e amorevolezza che le erano precluse in tutti gli altri campi del vivere, le riversasse lì, nel predisporre e allestire vivande, per cui teneva un gran libro, segretissimo e sottratto agli occhi di chicchessia, da cui traeva ispirazione per pranzi che voleva particolarmente raffinati e in cui andava scrivendo cose sue riservatissime intese a migliorare una vivanda già nota o a fissare nella memoria la composizione d'una nuova.

- Madonna Camilla vuol dirvi, - intervenne la marchesa, - che i garzoni da qualche giorno si rifiutano di sostare a lungo nella cucina, e soprattutto accanto al camino: devono aver sentito dire che nel camino albergano i diavoli e dopo la misteriosa morte del povero abate Celorio - Io l'ho detto più volte che bisogna far esorcizzare il camino; madonna però non vuol saperne, - disse secca la dama.

- Mi sembra un'esagerazione, - replicò dolcemente la marchesa. - Quei ragazzi devono aver presa sul serio una cosa detta per scherzo; che diavoli volete che ci siano nel camino? Son tutte chiacchiere...

- Diavoli o non diavoli, non possiamo ridurci a mangiare pane e formaggio per tutto il resto della nostra vita, - disse il duca. Quindi, se è per tranquillizzare quei ragazzi e mangiare meglio, faremo esorcizzare il camino. E chi è che fa queste cose? - Nessuno degli abati presenti possedeva il dono di saper fare esorcismi e fu deciso allora di chiamare la saggia pretessa.

- La saggia pretessa? - chiese il duca; - e chi è?

- La più grande esorcista della valle, - disse la marchesa. - Vive in un casolare chiamato "Fin du monde", non molto lontano di qui, ritirata in gran solitudine. Si dice che possegga molti libri e passi giorno e notte a studiarli. Si dice anche che discenda da una antica stirpe di esorcisti. Non so perché la chiamano pretessa, forse è la vedova di un prete.

- Come dite? La vedova di un prete? Ma i preti non hanno mai vedove, intervenne vivacemente l'abate Foscolo. E aggiunse severamente: State attenta, madonna, certe cose non si dicono neppure per scherzo. - La marchesa, che l'aveva detto seriamente, lo guardò sollevando le sopracciglia, e tacque.

Parlò invece madonna Camilla: - E come si fa a farla venire? La saggia pretessa non va a cavallo, e con queste strade sarà impossibile mandare una carrozza.

- Una portantina, si mandi una portantina. Avremo bene una portantina da qualche parte? No? - disse il duca.

- Monsignore, - intervenne la marchesa, - la portantina c'è e ci sono anche i portatori, ma affonderanno nella neve fino al ventre. Non permetterò mai che né i miei servi né altri affrontino questo rischio e questa fatica. Meglio tenerci i diavoli nel camino... almeno fino al disgelo.

Di fronte al tono deciso della marchesa il duca tacque, pur chiedendosi angosciato quando mai sarebbe venuto il disgelo in quelle montagne incrostate di ghiaccio e quanti giorni di tristezza gastronomica gli stessero ancora innanzi.

- Faremo una slitta, - disse Venafro, - una piccola portantina a slitta con ciò che rimane della slitta dell'abate Nevoso. E andrò io stesso a prendere la saggia pretessa.

Tutti accolsero di buon grado la proposta di Venafro. Furono chiamati due fabbri e in capo a due giorni la portantina a slitta, una grossa cesta montata sui pattini della slitta a molla, fu messa al traino del bel Rabano. Venafro accarezzava il collo del suo cavallo e gli parlava sottovoce pregandolo che non si offendesse vedendosi usato come un cavallo da traino e promettendogli che ciò non accadrebbe mai più.

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