Vittorio Bersezio - La plebe, parte II

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– Buon giorno, padre Celso: diss'ella, con accento della più profonda reverenza, al sacrestano. Lei sta bene? Ha dormito bene questa notte?

Il sacrestano si volse alla nuova venuta con un'aria d'affettuosa protezione che dinotava come costei fosse nelle grazie di quell'importante personaggio.

– Ah ah! siete voi, Gattona ?

Ella era infatti quella donna, di cui Maurilio la sera innanzi aveva trovato per la via il nipotino piangente, e in casa della quale il principale dei protagonisti del nostro dramma si era fatto condurre dal piccino 2 2 Vedi la prima parte, capitolo IX. .

– Me la non mi va male, peuh peuh!.. E voi?

– Eh! da povera vecchia… si sa bene; alla mia età, colle miserie che ci toccano a noi… Se non fosse di questi buoni Padri che mi soccorrono, sopratutto di quel sant'uomo di padre Bonaventura, per me la sarebbe bella e finita.

– Via, via: diceva col suo tono di protezione padre Celso. State di buon animo. Siete una brava donna, timorata di Dio, religiosa e dabbene. La Provvidenza e noi vi assisteremo come abbiam fatto fin adesso.

– Che Dio li benedica… Lei e tutti i buoni Padri di questo convento.

– Voi siete sempre fedele a questa prima messa, Gattona .

– Oh sì, e il giorno in cui non mi vedrà più venire potrà ben affermare che io sono moribonda o morta addirittura. Oggi intanto le ho menato qui Gognino in caso ne avesse bisogno per qualche cosa, e sopratutto per servir la messa, ch'egli da solo non è capace, ma per la parte di chi tramuta il libro, tanto e tanto incomincia a raccapezzarcisi.

– Sì, davvero? Oh bene, bene; è un principio. Se occorrerà, potrà servir da secondo qui a questo altro bardotto; ma credo che non ve ne sarà affatto bisogno, perchè oggi è il giorno in cui il signor Nariccia suole confessarsi; e in que' giorni ha per abitudine di servir egli la messa a padre Bonaventura.

– Come Dio vuole. Intanto ho appunto piacere di dire due parole a padre Bonaventura.

– Egli sarà qui a momenti… To', eccolo appunto.

Un uscio si aprì nell'impiallacciatura di legno scolpito e comparvero la persona grossa, la faccia rubiconda e la cotta nera di un frate gesuita.

In questa famosa, e per tanti titoli giustamente famosa compagnia, come tutti sanno, s'incontrano due tipi netti e distinti: l'uno è di frati ascetici, severi, entusiasti, fanatici; l'altro è di buontemponi, in apparenza tolleranti, allegri e sorridenti, che transigono su tante cose accessorie colle passioni dell'uomo e colle debolezze del mondo, purchè ottengano il principale – ed il principale per essi è la sottomissione alla Corte di Roma e la reverenza all'ordine loro. I primi si dirigono alle anime ardenti, agli spiriti eccessivi, a coloro che portano nella religione l'amor della lotta, quel po' di guerra civile che, come disse Massimo d'Azeglio, gl'Italiani hanno nel sangue; i secondi invece parlano alle anime tenere, ammorzano i rimorsi di peccatori convertiti che amano moltissimo il ricordo e qualche arrière-goût dei loro peccati, che nulla chiedono di meglio che far camminare di fronte con un sapiente equilibrio di pratiche religiose i loro piaceri, le soddisfazioni dei loro desiderii terreni, e la loro salute eterna.

Padre Bonaventura apparteneva alla schiera di questi ultimi. Una bella faccia di cuor contento, con labbra rosse sorridenti, guancie paffute e doppio mento. Aveva occhi chiari, limpidi e a fior di pelle che giravano vivacemente e sfuggivano molto bene lo sguardo altrui; la fronte piccola cogli ossi frontali molto sporgenti dinotava una tenace volontà, e sotto l'apparenza benignamente dolcereccia della fisionomia si vedeva un'acuta malizia che si faceva scambiare per buonumore.

Egli s'avanzò nella sacristia fregando le sue mani grassotte e bianche come quelle d'una signora.

– Hai già tutto preparato, Celso? Diss'egli al sacristano con accento di amichevole famigliarità.

– Sì, Padre; rispose Celso cambiando il tono superbo che aveva cogli altri in accento di umile soggezione verso il frate.

– Oh che bravo Celso! Soggiunse padre Bonaventura battendogli leggermente sulla spalla. Fa un freddo indemoniato stamattina, avrò le mani intirizzite a dir messa; fa di accendere intanto un po' meglio questo braciere perchè mi possa poi riscalducciare.

– Subito: disse il sacristano precipitandosi verso il braciere a smuoverlo, togliendo la paletta di mano al ragazzo.

– E mi metterai un po' di bragia nello scaldino e me lo porterai nel confessionale, che altrimenti i piedi mi geleranno o poco meno.

– Sì signore.

– A proposito. Messer Nariccia non è ancora venuto?

– Non l'ho visto… Ah! c'è qui la Gattona che vorrebbe parlare a Lei.

– Ah ah! la Gattona : esclamò il frate volgendosi verso la vecchia con uno di que' suoi piacevoli sorrisi.

La Gattona , tenendo sempre il piccino per mano si avanzò verso il frate e fece una profonda riverenza.

– Sì, Padre, diss'ella: se volesse usarmi la carità d'ascoltarmi…

Padre Bonaventura si assettò comodamente sopra una seggiola a bracciuoli che c'era presso al braciere, pose i piedi sull'orlo di legno di quest'esso, e guardandosi compiacentemente le unghie rosee e le mani bianche, disse alla vecchia:

– Parlate pure.

La vecchia fece guizzare uno sguardo di sfuggita verso il sacrestano e verso il ragazzo che stava ancora inginocchiato presso al braciere.

– Celso, disse il frate, comincia intanto per accendere le candele all'altare, poi verrai a vestirmi le paramenta.

Il sacrestano prese un cerino, lo accese alla lampada che pendeva e si avviò verso la chiesa.

– Vai anche tu ad aiutar Celso: soggiunse il gesuita, facendo una carezza alla guancia del ragazzo che gli era vicino, va, e ti darò poi una bella immagine di Gesù bambino coi fregi dorati.

Il ragazzo si levò sollecito e seguì il sacrestano.

– Or dunque: disse allora padre Bonaventura alla Gattona . Che cosa avete da dirmi?

– Sono venuta a demandarle un consiglio: cominciò la vecchia abbassando la voce e curvandosi verso il frate che, abbandonato sul seggiolone, coi gomiti appoggiati ai bracciuoli, si era disposto ad ascoltare.

– Che consiglio?

– Ieri sera un signore… oh no, non mi ha di troppo l'aria d'essere un signore… un uomo ch'io non conosco, ma che mi diede qui il suo nome scritto sopra una cartolina… Eccola; guardi un po' Lei se ha mai sentito a menzionare questo individuo.

E trasse fuor della tasca del grembiale, spiegazzata e sporca, la polizzina che Maurilio le avea data la sera innanzi.

Padre Bonaventura la prese, se la pose innanzi agli occhi il più distante che potè col braccio teso, perchè la sua vista era da presbite, e lesse quello che già sappiamo esservi scritto su: Maurilio Nulla, scrivano pubblico, via… porta num. 7, piano quarto .

– Ecco un nome originale: disse il gesuita: un nome che finora non mi avvenne mai di vedere nè di udire, quindi, eccetto che ne abbia anco un altro, l'individuo che lo porta mi è perfettamente sconosciuto. Ebbene, che cosa avete voi da spartire con questo tale?

– E' mi venne in casa inaspettato, e mi fece una proposta che io ho accettata, e che ora ho paura di aver fatto male ad accettare.

Il frate levò i suoi occhi grigi sul volto aggrinzito e ributtante della vecchia.

– Oh oh! esclamò egli. Che razza di proposta?

– Niente contro l'onestà e contro il timor di Dio: si affrettò a rispondere la lurida vecchia. Si tratta qui di questo biricchino – (ed accennava al ragazzo che teneva sempre per mano) – che anzi gli è stato lui che me l'ha menato in casa, chè lo ha trovato per le strade ch'era già tardi, perchè questo poco di buono s'indugia sempre a baloccarsi e peggio e non c'è verso di farlo rientrare al cader del giorno com'io vorrei…

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